Sto aspettando le mie amiche, le ho invitate a casa mia per un tè, ho bisogno di capire perché, improvvisamente, sento questo bisogno disperato di qualcuno su cui fantasticare nella litania dei giorni troppo uguali. Ieri sera degli amici mi hanno portato in un locale dove non ero mai stata, doveva essere uno di quei posti di tendenza, a giudicare dalla folla che c’era.Ci siamo seduti in un angolo un po’ defilato per poter chiacchierare, nonostante la musica e il brusio, lentamente la voce dell’uomo che stava cantando è emersa prepotentemente dal limbo dei sopiti ricordi. E l’ho riconosciuta.E’ strano come, a differenza dell’involucro del corpo, la voce resti sempre uguale a se stessa. La sua l’avevo sentita cantare tante altre volte, e in quel tempo cantava per me sola.Sì, anche l’ultima sera, intorno al fuoco di un improvvisato falò in spiaggia. Eravamo tanto giovani in quella notte d’agosto, sulla pelle il colore dorato dell’estate, il barlume delle fiamme rendeva tutto irreale, come se sapessimo già che un momento così non sarebbe mai più ritornato.Lui suonava la chitarra, proprio come ieri sera, forse era solo meno esperto, meno bravo. E cantava canzonette d’amore, tutte quelle che piacevano a me.Ritornelli nei quali erano racchiusi le dolci menzogne di ogni storia, anche della nostra che era così poco seria e così poco storia.Quella notte lui comprese che l’avevo tradito un’altra volta, che ero irrecuperabile e sbagliata. Incominciò a intonare una nuova canzone, senza più guardarmi, parole di disprezzo già cantate da altri. E fu la fine.E chissà perché ieri sera, mentre l’ascoltavo cantare in quell’ambiente di fasulla allegria che mi era estraneo, egli stesso un altro che non era più quello; ripensavo all’ultima notte con il groppo alla gola per le perdute carezze di quei giorni.Non era lui a mancarmi, appartiene al passato remoto della mia vita, mi manca troppo l’ingannevole sensazione dell’amore, la pienezza appagante che regala, quasi uno scudo contro le brutture.In questi ultimi anni ho raccattato soltanto delusioni, uomini che non mi hanno lasciato nient’altro che un maggiore senso di solitudine emotiva. E quando Francesco Liguori è ritornato nella mia vita io ci ho creduto. Ci ho creduto, nonostante la diffidenza delle mie amiche, che per lui hanno inventato quel nomignolo che gli calza a pennello: ” Signor non mi sporcare la camicia”.
L'inquietudine
Sto aspettando le mie amiche, le ho invitate a casa mia per un tè, ho bisogno di capire perché, improvvisamente, sento questo bisogno disperato di qualcuno su cui fantasticare nella litania dei giorni troppo uguali. Ieri sera degli amici mi hanno portato in un locale dove non ero mai stata, doveva essere uno di quei posti di tendenza, a giudicare dalla folla che c’era.Ci siamo seduti in un angolo un po’ defilato per poter chiacchierare, nonostante la musica e il brusio, lentamente la voce dell’uomo che stava cantando è emersa prepotentemente dal limbo dei sopiti ricordi. E l’ho riconosciuta.E’ strano come, a differenza dell’involucro del corpo, la voce resti sempre uguale a se stessa. La sua l’avevo sentita cantare tante altre volte, e in quel tempo cantava per me sola.Sì, anche l’ultima sera, intorno al fuoco di un improvvisato falò in spiaggia. Eravamo tanto giovani in quella notte d’agosto, sulla pelle il colore dorato dell’estate, il barlume delle fiamme rendeva tutto irreale, come se sapessimo già che un momento così non sarebbe mai più ritornato.Lui suonava la chitarra, proprio come ieri sera, forse era solo meno esperto, meno bravo. E cantava canzonette d’amore, tutte quelle che piacevano a me.Ritornelli nei quali erano racchiusi le dolci menzogne di ogni storia, anche della nostra che era così poco seria e così poco storia.Quella notte lui comprese che l’avevo tradito un’altra volta, che ero irrecuperabile e sbagliata. Incominciò a intonare una nuova canzone, senza più guardarmi, parole di disprezzo già cantate da altri. E fu la fine.E chissà perché ieri sera, mentre l’ascoltavo cantare in quell’ambiente di fasulla allegria che mi era estraneo, egli stesso un altro che non era più quello; ripensavo all’ultima notte con il groppo alla gola per le perdute carezze di quei giorni.Non era lui a mancarmi, appartiene al passato remoto della mia vita, mi manca troppo l’ingannevole sensazione dell’amore, la pienezza appagante che regala, quasi uno scudo contro le brutture.In questi ultimi anni ho raccattato soltanto delusioni, uomini che non mi hanno lasciato nient’altro che un maggiore senso di solitudine emotiva. E quando Francesco Liguori è ritornato nella mia vita io ci ho creduto. Ci ho creduto, nonostante la diffidenza delle mie amiche, che per lui hanno inventato quel nomignolo che gli calza a pennello: ” Signor non mi sporcare la camicia”.