Te la do io la Cina!

Chi e' causa del suo mal...


La settimana scorsa, approfittando del fatto che ero in Italia per alcune riunioni, sono stato intervistato da una giornalista di Millionaire come persona informata sui fatti sul tema “Cina”. Dopo quasi un’ora di intervista durante la quale ho spiegato con vari esempi le innumerevoli difficoltà che si trovano vivendo e lavorando qui e sottolineando quanto la sanità mentale venga messa a dura prova in un posto come questo, alla fine la giornalista mi fa la domanda finale per la lode… una domanda che in realtà nessuno mi aveva mai fatto in modo così diretto:-«…Quindi ingegnere, dopo quanto mi ha detto, ne deduco che se le proponessero di lavorare nella stessa azienda, nella stessa posizione e con lo stesso trattamento economico ma in Italia invece che in Cina lei accetterebbe immediatamente... Giusto??» La risposta che mi aspettavo di sentire uscire dalla mia bocca era un sicuro: «Certamente!!!». Cosa che però non è accaduta… Al posto del «Certamente!!!» che mi aspettavo è apparso uno strano boffonchiare, un prendere tempo alla ricerca di alcuni improbabili distinguo, una pausa di riflessione… In quei pochi secondi in cui cercavo di riorganizzare le idee mi sono passate per la mente un paio di cose. Innanzitutto i miei rientri in Italia, prima dagli Stati Uniti e poi dalla Cina… due situazioni completamente diverse che però avevano in comune un non chiaro malessere di fondo caratteristico (temo) dei disadattati… In entrambi i casi (Stati Uniti e Cina), l’esperienza mi aveva profondamente cambiato e ricordo perfettamente quanto fosse stato difficile riabituarsi alla “normale” vita italiana. Subito dopo mi è tornata in mente una chiacchierata fatta poche ore prima con due manager Cinesi che mi ero portato in Italia ai quali avevo chiesto cosa ne pensassero dell’Italia e in particolare della “vita d’ufficio” nel quartier generale…-«Acceptable…»-«Come “acceptable”?? Non vi sembra che qui sia “great” o “wonderful”??»-«No… Only acceptable»-«Come mai??»-«Non devi fraintendere… qui è tutto molto bello, organizzato. Tutti molto simpatici e carini. Tutti sembra sappiano cosa devono fare… Qui non servono nemmeno le procedure che comunque sicuramente ci saranno. Senti che calma e tranquillità… Tutti parlano sottovoce… Nessuno si arrabbia… Tutto sembra scorrere senza problemi… E se ti senti solo organizzi una riunione… oppure vai alla macchinetta del caffè… »-«E non è bello così??»-«”Acceptable”… per un piccolo periodo di tempo… Come quando si va in vacanza… Ecco, qui si sta bene in vacanza…»-«E poi??»-«E poi secondo me diventa noioso… secondo me qui non succede mai niente… Voi mettere quando tu diventi rosso paonazzo con la schiuma alla bocca perché qualcosa non va’?? Molto più interessante… Anzi, appena torniamo organizziamo subito una bella riunione riepilogativa… vedrai che divertimento!!!»-«Sarà anche divertente ma ti possono saltare le coronarie in questo modo…»-«Le coro-chè??»-«Le coronarie… vasi sanguigni che portano il sangue al muscolo cardiaco… saltano quelle e si muore…»-«Beh forse… ma se muori vuol dire che prima eri vivo… Guardati attorno: non ti viene il dubbio che qualcuno qui potrebbe essere già (metaforicamente) morto??»-«In effetti…»-«Appunto… per cui alla fine è meglio da noi…»-«Sarà… ma allora nel budget dell’anno prossimo bisogna che mi ricordi di inserire un defibrillatore… Just in Case…»Intanto la giornalista attendeva una risposta…-«Allora?? Tornerebbe in Italia alle stesse condizioni si o no??»-«Forse no??»-«Ma come?? Dopo tutto quello che mi ha detto?? Perché preferirebbe rimanere in Cina??»-«Perché qui alla fine è divertente… difficile, pazzesco, incredibile, sfibrante ma alla fine estremamente divertente…»-«Ma quanto divertente??»-«Mi creda… parecchio...»Come leggevo qualche giorno fa su un social network, un expat definiva la Cina come una droga che, una volta provata, da grave assuefazione e dipendenza. Spesso la si odia profondamente… ma allo stesso tempo non si riesce a farne a meno e dopo un po’ che si è fuori ti manca… «Chi è causa del suo mal, pianga se stesso»… me lo dico da solo così vi tolgo l’incombenza…