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Da quattro mesi occupano il supermercato del centro commerciale La Masseria

Post n°2471 pubblicato il 02 Marzo 2015 da stanzaNapolieNapoli

Leggo con orrere questo articolo pubblicato sul Corriere dell Sera (http://www.corriere.it) e non posso non pubblicarlo e diffonderlo in tutti i modi.

Conosco benissimo questo centro commerciale, perchè più volte, proprio nel supermercato, ho fatto la spesa.

Oggi, scopro che i dipendenti licenziati (!!!) da quattro mesi vivono in un supermercato. Due piani sotto terra, giorno e notte a presidiare quello che era il loro posto di lavoro.

All’inizio - ottobre 2014 - erano 47. Cassiere, banconisti, dipendenti del centro commerciale «La Masseria» a Cardito, in provincia di Napoli. Oggi è quasi tutto chiuso, la galleria semideserta. Resiste solo qualche grande marchio dell’elettronica e poco altro. Al piano -2 c’era un grande supermercato capace di fatturare 18 milioni di euro in un anno. Poi la crisi economica, la cattiva gestione, le «assunzioni clientelari», i debiti e la necessità di cedere quel ramo d’azienda. Un’operazione poco chiara per i dipendenti. Che scioperano, scendono in strada, espongono striscioni, chiedono l’intervento delle Istituzioni. Non succede niente. Decidono allora di fare un’occupazione permanente e denunciare quanto sta accadendo.

Ad agosto la cessione

Nel mese di agosto, di tutta fretta, la vecchia società e quella subentrante stipulano il contratto di cessione. L’anomalia è in queste due righe: «Le parti si danno atto che il ramo d’azienda oggetto dell’affitto non ha dipendenti». Come se loro non esistessero e nonostante la legge preveda che il rapporto di lavoro continui anche con l’acquirente. «Un errore dovuto alla fretta», hanno giustificato gli imprenditori. Ma per la fretta uno si dimentica di inserire una virgola, una parola, un paragrafo. Non si introduce una clausola che in un sol colpo taglia fuori più di 40 lavoratori. Gli aspetti poco chiari sono tanti. Alcuni dipendenti, infatti, non ricevono stipendio da luglio. Stipendi modesti. «Noi facciamo le cassiere e non arriviamo a 600 euro al mese», testimoniano. Quando si è insediato il nuovo affittuario, Ventrone srl, si è rifiutato di pagarli, considerandoli debiti non suoi. «Non è assolutamente così - chiarisce Pasquale Mautone, docente di Crisi aziendale all’Università Parthenope di Napoli -. Il codice civile prevede un obbligo solidale in capo al cedente e al cessionario per i crediti al momento del trasferimento. E i lavoratori possono rivolgersi allo stesso modo a entrambi per ottenere gli arretrati».

Materassi nei corridoi

Intanto i corridoi del market si sono riempiti di materassi. Non tutti sono riusciti a procurarsene uno decente. Di notte l’occupazione continua. C’è chi si arrangia con materassini ad aria, chi a terra. La temperatura è gelida. Si scaldano con stufe alogene ma il calore che emanano è davvero impercettibile. Mangiano il cibo che i parenti, a turno, riescono a portare. Quasi tutti hanno figli, piccoli. Alcuni ormai vivono con i nonni. Il pomeriggio, quando è possibile, raggiungono i genitori nei sotterranei del centro commerciale. Lì fanno i compiti e giocano. Ma soprattutto gli fanno compagnia per qualche ora. La sera devono andare via. L’unico vigilantes in servizio va a casa e il centro commerciale resta incustodito. «Siamo preda di chiunque qui. La notte ogni piccolo rumore è un incubo». Attaccato al muro c’è il calendario con i turni. Qualcuno dopo quattro mesi non ha resistito e ha rinunciato, qualche altro è stato assunto altrove. Ora ne sono 37. «L’aria condizionata del supermercato è ancora posizionata su gelo/freddo, ci negano l’aria calda. Così come ogni tanto ci tolgono la luce - racconta un operaio -. Cercano di sfinirci e costringerci ad andar via da soli». Il loro interlocutore è il vescovo della diocesi. La notte di Natale è sceso nel supermercato per celebrare messa. Per lanciare un messaggio forte. Non è servito. Oggi continua a fare da mediatore. Nell’indifferenza generale è quello che scrive a sindaco, prefetto, imprenditori, operai. Li chiama costantemente al telefono, li incontra in vescovado, spinge per un accordo.

Le lettere di autolicenziamento

La Masseria è una di quelle situazioni dove più scavi e più trovi del marcio. Prima ancora della cessione del ramo d’azienda, i dipendenti raccontano di essere stati persuasi a firmare un «autolicenziamento». Ci mostrano il foglio che gli era stato consegnato. Oggetto: «Comunicazione dimissioni dal lavoro». In calce avrebbero dovuto firmare tutti. «Qui forse si chiude il cerchio - spiega ancora il professore Mautone -. Evidentemente il precedente proprietario ha chiesto le dimissioni dei dipendenti per poi farli assumere sotto altre vesti dalla nuova società, a condizioni più vantaggiose per loro ovviamente. Significa che un lavoratore in servizio presso il supermercato da vent’anni, quindi con una retribuzione e una pensione maturata nel tempo, rischiava di ritrovarsi con un contratto di formazione, con un contratto a termine o addirittura in un periodo di prova».

Il nuovo responsabile

Incontriamo Paolo Siciliano che tutti indicano come referente del nuovo gruppo che ha rilevato il supermercato, la Ventrone srl.

E’ un imprenditore di successo. Veste elegante, gira in Porsche, gioielli al collo. Ha 18 supermercati, quasi tutti in provincia di Caserta.

Quasi tutti in attivo, con fatturato in crescita. La sua società (GruppoSiciliano srl) ha un capitale sociale di 100 mila euro. Ma i rapporti commerciali con la Ventrone srl sono fittissimi.

In effetti ci è difficile inquadrare il suo ruolo. A telefono dice di essere il «responsabile della Ventrone srl», poi il «rappresentante», il «consulente».

A fine intervista diventa il «consulente esterno della Ventrone». Ma il suo coinvolgimento è tutt’altro di quello di un consulente esterno. «Ad agosto ci contattarono per salvare questo centro commerciale - racconta -. Ci chiesero di fare presto perché avevano Equitalia alle porte per dei contributi non versati. Si attendeva un pignoramento da un momento all’altro».

Il quadro che dipinge a telecamere spente è sconcertante.

«La vecchia società è fallita perché ogni giorno veniva un politico a chiedere di assumere qualcuno. All’ingresso c’erano due ragazze solo per dire ‘Buongiorno’. Prova tu a dire no a un politico o a uno che lavora nella Sanità. Si inventano i problemi, chiudi». Si dice consapevole della gestione precedente, dei lavoratori in nero, dei contributi non versati, degli escamotage per non pagare le tasse, della ‘finta cassa integrazione’, delle ore di lavoro extra non retribuite. Quasi giustifica il suo predecessore, parla di palesi illegalità come se fossero una ‘conditio sine qua non’ che le imprese nel Mezzogiorno devono accettare per sopravvivere. 

«Non sono esseri umani. Sono animali»

Ci dice apertamente di non gradire alcune persone vicine al sindacato («non ci piacciono»), di doverle «formare» in un’altra struttura anche se lavorano lì da una vita. E si stizzisce ricordando il giorno del suo insediamento, quando un’operaia gli chiese «Voglio lavorare ma mi garantisci i miei diritti?». La definisce presuntuosa. «Io arrivo lì per salvarla e quella mi parla di diritti», esclama. E poi lamenta: «Con me ci sono soldi e lavoro. Certo, alle mie condizioni. Nessuno ha accettato. Non mi hanno dato il tempo di dimostrare chi sono». Di fatto ha assunto in altre strutture alcuni che non hanno scioperato. Tutti gli altri sono lì, a due piani sotto terra. «Mi devono venire a convincere... Per me non sono esseri umani. Sono degli animali. Un essere umano non dorme la notte di Natale laggiù».

A voi le considerazioni!

 
 
 
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