Tribù Napoli

Margherita Buy


Margherita Buy, una delle mie attrici preferite si raconta a Vanity Fair. Di seguito uno stralcio dell'intervista e, racconta,  la coppia non fa per lei.Un'anziana professoressa di latino si ammala e muore. I suoi due figli, tra loro diversissimi, reagiscono in modi opposti. Uno la accudisce senza mai perdere la sua calma naturale. L’altro, regista proverbialmente esigente, complicato anche nei rapporti interpersonali, padre separato, viene totalmente destabilizzato dal declino della madre, e fa la spola tra set e ospedale in uno stato di ansia crescente.È la storia di Giovanni «Nanni» Moretti – regista difficile, separato con un figlio, a sua volta figlio di Agata, professoressa di latino e greco, morta a 88 anni nel 2010 – ed è la storia di Mia madre, il suo nuovo film dove, come quasi sempre, fa anche l’attore. Ma siccome Nanni Moretti è Nanni Moretti, un film autobiografico non può essere una semplice trasposizione della realtà. E così sceglie per sé la parte dell’altro fratello, quello non nevrotico. Di più: per il proprio personaggio sceglie un’interprete donna, Margherita Buy. Di più: l’interprete donna è notoriamente ansiosa, separata, con una figlia. Di più: in un ulteriore gioco dispecchi, i due fratelli nella finzione si chiamano come gli attori che li impersonano. Giovanni e Margherita.Non è il loro primo incontro. Moretti e Buy collaborarono già nel 1987 per Domani accadrà di Daniele Luchetti, lei giovane rivelazione, lui coproduttore. Nel 2006 Nanni l’ha voluta per Il caimano, nel 2011 in Habemus Papam. Ma questa – per il fattore autobiografico, per il tema della malattia e della morte – è la prova più difficile. Mi aspettavo una Margherita molto più nevrotica di quella che incontro a Roma. Struccata, in maglietta e sneakers.Che effetto le ha fatto interpretare Moretti?«Ero molto contenta, anche parecchio tesa: all’inizio temevo che non ce l’avrei mai fatta. Mi ha aiutato lui».Com’è il vostro rapporto nella vita?«Non si può dire che siamo grandi amici – per carattere siamo entrambi molto discreti – ma c’è un affetto, dovuto al fatto che il rapporto si è costruito nel tempo. Ci divertiamo, con un certo distacco. Ci guardiamo dalle nostre distanze, perché siamo tutti e due particolari. Ci diciamo anche cose buffe, perché Nanni è una persona molto divertente – intelligenza superiore, quindi ironia – però ha anche un’incredibile capacità di farti arrabbiare. In compenso, sa anche chiederti scusa quando si accorge di essere stato particolarmente burbero, e questo lo apprezzo tantissimo perché c’è gente che neanche se ne accorge quando ferisce gli altri. Lui invece è molto attento». Vi frequentate anche fuori dal set?«Molto poco. Io magari cercavo di avvicinarlo per essere sicura di aver capito la parte. E lui: “Tranquilla, hai capito tutto”». Non la spaventava un po’ l’idea di un film sulla morte?«Io alla morte penso sempre. Questo per Nanni è un film autobiografico, il racconto di come ha perso la madre, un pezzo importante della sua vita. La mia, di madre, per fortuna sta ancora bene, ma mi sono sentita ugualmente molto coinvolta, perché alla mia età ci pensi ai genitori, alla fine che faranno. Li vedi invecchiare, non riuscire più a fare cose che magari fino a due anni fa erano semplici per loro. In questo senso, in certe scene non soffrire era impossibile. I pensieri già li avevo, questo film li ha fatti sgorgare tutti insieme».In passato, ricordando la sua infanzia, ha descritto un padre severo, poco propenso a gratificare lei e le sue due sorelle. Con sua madre, invece, il rapporto com’è?«Le sono molto affezionata e la sento regolarmente, anche se rispetto al passato è meno attenta ai nostri problemi: quando uno è anziano c’è un lento distacco dalla realtà».Sua figlia Caterina ha 14 anni, più o meno la stessa età della ragazzina che, nel film, studia latino con la nonna. Anche sua figlia e sua madre sono così legate?«Abbastanza: Caterina è l’unica nipote (le sorelle di Margherita non sono sposate e non hanno figli, ndr). Ma i miei, soprattutto mio padre, non entrano molto nella vita nostra, nel bene e nel male. Sono abbastanza coppia loro, nelle dinamiche, nei litigi».A un certo punto sua madre ha lasciato suo padre, e lei l’ha convinta a tornare a casa.«Con le mie sorelle: siamo forse più attente noi a loro che loro a noi. La vita è lunga, i momenti di stanchezza ci stanno, ma ci sembrava un gesto un po’ folle, e allora l’abbiamo fatta ragionare. Se avesse voluto davvero separarsi, penso che l’avrebbe fatto».Lei invece che madre è?«Molto diversa da quella del film, che neanche si accorge delle pene d’amore della figlia. Ho sempre voluto essere molto presente e, se ho fatto rinunce professionali per stare di più con lei, non le ho vissute come tali».Squilla il telefono. Nemmeno a farlo apposta: «Devo assolutamente rispondere, è mia figlia». Parlano, il dialogo è frammentato, leggermente ansioso. Poi mette giù: «Ho lavorato tutto il giorno con i traslocatori, sono andata a prenderla all’Olgiata, l’ho portata ad atletica, e mi strilla pure».Allora è una madre normale.«Ho provato a dare le regole, ma poi non riesco tanto a tenere il punto, sono troppo buona».A proposito: con gli uomini invece come è andata?«Male. Ma lì il problema sono io: non ho un carattere facile».