Tribù Napoli
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E' tempo di vacanze e chi può ha già prenotato oppure è già a rinfrescarsi nelle acque del mare. Per essere utile, ho scovato un articolo sulla sicurezza dei Paesi. Prima di prenotare verifichiamo che il paese sia "sicuro" (nelle foto l'Islanda).
A dare un'occhiata approfondita all'ultimo Global Peace Index stilato dal think tank no profit Institute for economics and peace, sembra proprio che quella terza guerra mondiale diffusa a cui fa spesso riferimento papa Francesco sia nient'altro che realtà e non una formula retorica. Non è un caso che fra le dieci nazioni più violente e falcidiate del pianeta il documento dell'istituto indipendente con sedi a Sidney, New York e Città del Messico piazzi la Siria seguita da altri territori che non riescono da anni a trovare un qualche tipo di stabilità come lraq, Afghanistan, Sud Sudan. E ancora Repubblica Centrafricana, Sudan, Somalia, Repubblica democratica del Congo, Pakistan e la Corea del Nord del dittatore Kim jong-un figurano nella pattuglia dei peggiori. Dall'altro lato della classifica, quello più alto, spicca invece l'Islanda, dichiarato Paese più pacifico del mondo e seguito da Danimarca e Austria. In generale, ma solo grazie all'inclusione dell'Ucraina nella regione Russia ed Eurasia, il Vecchio continente rimane la zona più tranquilla e meno violenta del mondo "grazie all'assenza di conflitti domestici ed esterni". Le prime dieci posizioni sono infatti occupate da altri nostri vicini, almeno sotto il profilo fisico, come Finlandia, Svizzera e Repubblica Ceca. Insieme ai primi tre, fanno sei su dieci. Completano il gruppo di testa Nuova Zelanda, Canada, Giappone e Australia. Ciascuna di queste voci è a sua volta articolata in altri fattori, dal tasso di omicidi ai contributi non versati alle missioni di peacekeeping dell'Onu fino alle manifestazioni violente o all'impatto del terrorismo e all'instabilità politica. In generale, si legge fra le 127 pagine del rapporto, "lo scorso anno l'indice della pace è rimasto stabile. Tuttavia, mentre il livello medio restava tale, un certo numero di Paesi hanno perso posizioni mentre altri hanno assistito a un miglioramento". Il pianeta è stato diviso in nove regioni geografiche: quattro hanno registrato progressi, dall'Europa all'Africa subsahariana. Le altre cinque, fra cui Medio Oriente e Nord Africa, al centro degli sconvolgimenti più pesanti degli ultimi 12 mesi, hanno perso terreno. È proprio quello il quadrante meno pacifico del globo. Risorse tolte al benessere della popolazione (a proposito, 180mila le vittime nel mondo nel 2014) a favore del terrorismo (impennatosi del 61% dal 2013), senza contare l'esplosione dei rifugiati, che sono ormai oltre 50 milioni. Nel dettaglio, 817 miliardi di dollari sono andati in fumo solo per le perdite, tre per le spese militari, oltre mille miliardi quelle per la sicurezza interna e duemila miliardi l'emorragia legata alle conseguenze di crimine e violenza interpersonale. Se solo riuscissimo a tagliare del 10% questi terribili numeri recupereremmo quasi duemila miliardi di dollari, racconta l'indagine. Nel 2014 81 Paesi hanno visto migliorare il proprio livello di pace interna e internazionale. Peccato che quasi altrettanti, 78, abbiano al contrario diminuito i punteggi. Basti pensare alla militarizzazione: il tasso del personale degli eserciti è rimasto stabile, anche se è aumentato nell'Africa subsahariana e nella macroregione Asia-Pacifico, diminuendo in Medio Oriente e Nord Africa. Le nazioni più militarizzate sono Israele, Corea del Nord, Russia e Stati Uniti. Quanto alla spesa militare in rapporto al Pil, è globalmente salita. Tre regioni (Europa, Nord America e Asia-Pacifico) sono riusciti a tagliarla, in tutte le altre non si è fatto altrettanto. Cattive notizie anche dal traffico d'armi, rimasto sostanzialmente stabile. Questi, come altri Paesi, hanno beneficiato dell'affievolimento di conflitti organizzati e, in alcuni casi, dell'organizzazione delle elezioni. Malissimo invece, sul lato opposto, per la Libia, un Paese ormai fuori controllo che ha visto il più profondo deterioramento perdendo 13 posti e calando alla 149esima piazza. Senza alcuna sorpresa, il secondo peggior risultato è legato all'Ucraina, dove prosegue la guerra nelle regioni separatiste al confine con la Russia. Sempre peggio Djibouti, Niger e Sud Sudan, scivolate rispettivamente di 42, 28 e tre posti. La Tunisia, teatro negli ultimi mesi di un'offensiva fondamentalista senza precedenti, risulta al 76esimo posto, fra le zone a medio rischio. Ma ovviamente nei dati, relativi al 2014, non sono incluse le stragi del Bardo e di Susa. |
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