Il Pasquino

Senza orario nel nome del progresso…e di Poletti


C’è un lavoro in Italia che non è direttamente collegato all’obsoleto strumento dell’orario e che, in effetti, non stabilisce la sua retribuzione neanche sui risultati ottenuti. E’ quello dei politici come Poletti, che possono anche mancare alle poche sedute parlamentari il 90% delle volte e sparare imbecillità a raffica dagli schermi televisivi, per vedersi arrivare ugualmente, ogni mese, quell’ indennità, tra le più alte del globo, che sa molto di più di indegnità. Neanche gli scarsi, se non negativi risultati, che questa gente ha prodotto per il paese, ledono minimamente il totale degli emolumenti e delle prebende di cui vengono, immeritatamente, in possesso, così come appare del tutto ininfluente la preparazione degli stessi ad affrontare i temi sociali, economici e politici dei quali, inopinatamente, si occupano. Non è un caso che abbiamo una diplomata al liceo classico ministro della sanità, e la sanità pubblica è al tracollo, così come al lavoro troviamo una persona, il signor Poletti, che nella sua vita non ha mai lavorato, saltando dal Partito comunista direttamente nelle sfere dirigenziali di quelle cooperative rosse di cui “tanto bene” si parla e si sa nel nostro paese. Quest’ultimo, di cui ricordiamo la foto che lo immortala ad una tavolata con i “vertici” di mafia capitale, benché si sia fermato al diploma di Istituto superiore, è perito agrario, sente il bisogno impellente di suggerire ai giovani di laurearsi in fretta ed in qualsiasi modo, pur di finire gli studi ed affrontare poi l’inferno dei vari voucher, contratti precari o a finto e ricattabile tempo indeterminato, stipendi da fame e turni massacranti di cui la nostra Confindustria sembra aver bisogno e di cui il nostro “eroe” si ritiene l’alfiere. L’ex comunista, come tanti assieme a lui e prima di lui, è attratto dalle sirene della distruzione di ogni diritto e di ogni tutela per i lavoratori, prova ne è l’aumento delle morti sul lavoro in anni in cui la disoccupazione ha raggiunto punte da record, una “deregolamentazione” che riporta le lancette dell’orologio al tempo dello sfruttamento indiscriminato, quello sfruttamento che forse, da giovane comunista, criticava, e nel quale invece oggi, da ministro pasciuto e ben pagato, vede il “progresso”. Egli immagina, seduto nella sua poltrona, fabbriche ed uffici dove la “forza lavoro”, cioè l’uomo, viene acceso o spento a seconda dei desideri e dei profitti del padrone, e che il salario sia legato, a doppio filo, alla soddisfazione di obiettivi non si sa come misurabili, da chi lo si intuisce. Dalle lacrime e dalle offese della Fornero e di Padoan siamo passati alle farneticazioni di Poletti, il tutto accompagnato dal silenzio assordante di quei sindacati ormai dediti solo alle dichiarazioni televisive e dalla rassegnazione di un paese che sembra aver ormai accettato di essere governato in questo modo e da questa gente. Direbbe Flaiano la situazione è grave, ma di serio non ha proprio nulla.