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‘La religione entro i limiti della semplice ragione’


Il problema del male è un problema etico, va ad incastrarsi nelle dinamiche della morale analizzatenella Critica della Ragion Pratica nella quale considera l’uomo morale un uomo libero la cui libertà è sia ragion d’essere morale sia conseguenza del suo agire rettamente, l’uomo per fare del bene deve agire in conformità ad una legge, universale e soggettiva, la legge, appunto, morale. Qui sorge il problema: l’adesione della volontà, facoltà etico-pratica, a questa legge non è necessaria in quanto risente del potere della libertà, potere che permette alla volontà di svincolarsi alla legge morale ed agire in maniera scorretta ‘l’uomo è consapevole della legge morale, ed ha tuttavia adottato per massima di allontanarsi (occasionalmente) da questa legge’. In questa dimensione ontologica di non necessità, di contingenza, risiede il male, che è da definirsi radicale in questi termini: ‘potremo allora chiamare questa tendenza una tendenza naturale al male, e, poiché bisogna pur sempre che essa sia colpevole per se stessa, potremo chiamarla un male radicale, innato nella natura umana, pur essendo, ciò non di meno, prodotto a noi da noi stessi’ (La religione entro i limiti della semplice ragione). Alla domanda «L’uomo è cattivo?»  La frase: l’uomo è cattivo per natura significa solo che tale qualità viene riferita all’uomo, considerato nella sua specie: non nel senso che la cattiveria possa essere dedotta dal concetto della specie umana (dal concetto d’uomo in generale, poiché allora sarebbe necessaria); ma nel senso che, secondo quel che di lui si sa per esperienza, l’uomo non può essere giudicato diversamente, o, in altre parole, che si può presupporre la tendenza al male come soggettivamente necessaria in ogni uomo, anche nel migliore.  Quindi il male è un atto libero e contingente, imputabile all’uomo e allo stesso tempo una tendenza innata che precede l’uso della libertà, sembra paradossale… .E’ contorta ma risolutiva e sta nel fatto che il movente universaledell’azione compiuta viene subordinato ad un movente particolare finalizzato alla felicità, il nostro arbitrio accoglie il rovesciamento dei due moventi e diviene atto proprio dell’uomo. Atto che genera una tendenza corruttiva dell’agire morale e che precede ogni azione malvagia che ne derivi ed è per questo definibile naturale e innata. Si ferma alla definizione di un processo che risulti coerente con la struttura del Soggetto e alza le mani di fronte al perché tale tendenza non possa essere soppressa e superata, in quanto la sua radice non può essere eliminata da ‘forze umane’.