Neapolis

La mia Città


Avevo dieci anni, ed i leoni in pietra di piazza del Plebiscito mi guardavano mentre tiravo calci ad un pallone. La maestosità della Chiesa di San Francesco di Paola, mi accompagnava nelle mie grida di gioia quando il vecchio supersantos varcava la linea immaginaria di una porta disegnata a terra con due pietre a fare da palo. Pomeriggi assolati, con l'aria del mare che da Santa Lucia risaliva per la Litoranea..quella Napoli era bellissima. Ed il Palazzo Reale..la Storia..ogni volta che segnavo un goal mi pareva di scorgere negli occhi delle enormi statue un guizzo, un movimento, come spettatori viventi alle nostre peripezie di bambini. Ogni tanto, anche dei marinai americani sbarcati da quelle enormi portaerei alla fonda nel porto, e stretti nelle loro divise di un bianco candido, si fermavano a giocare con noi. Mia nonna abitava esattamente alle spalle della monumentale chiesa, e quando rimanevo a dormire da lei erano giorni bellissimi..soprattutto nelle notti d’estate, quando dalle finestre spalancate che davano sull’interno del giardino della chiesa, dove vi è ancora oggi ubicata la sagrestia, mi affacciavo per sentire i rumori di quella piazza così bella.. ed ascoltavo il rumore delle auto, le grida allegre dei giovani..e non erano rumori, ma vita che veniva vissuta, spensieratamente. Via Egiziaca a Pizzofalcone, si chiamava la strada dove sono cresciuto..ed era tutta un brulicare di bambini che si rincorrevano festosi, di negozietti di bottoni, di piccoli e grandi palazzotti da dove donna Nunziatina o donna Luisella, di cui ricordo ancora i bellissimi capelli raccolti in una treccia oramai divenuta grigia per la vecchiaia, mi salutavano sorridendo quando mi vedevano giungere nel vicolo con i miei genitori in visita ai nonni. E' lì, in quegli anni ed in quei luoghi, che ho imparato ad essere un uomo ed a rispettare gli uomini. C’era Gaetano, molto legato ai miei nonni, con pasticceria a pochi metri da loro, ove io al mattino mi recavo, e che con 50 lire mi riempiva un “coppetiello” di carta oleata con una crema che non avrei mai più ritrovato sulla mia strada. C’era il Sig. Cavaliere che vendeva bottoni, tessuti e chiusure lampo, due baffoni da sparviero ed occhi neri come la notte, che nei suoi impeccabili gessati color marrone e con il fazzoletto bianco avorio nel taschino, sembrava uno di quei negozianti della vecchia Londra di inizio
secolo. E tanti, tanti altri ancora. Mia nonna è finita in un piovoso giorno di maggio del 1985, quando avevo già vent’anni, e la casa dove abitava fu venduta; e da quel giorno, io non misi più piede in quei luoghi. Sino a qualche mese fa, quando d’intesa con mio cugino, sognatore ed attaccato alle proprie radici almeno quanto me, decidemmo di recarci lì, nel palazzo, nel vicolo, e di fare il nostro Tour dell’Anima. Del negozio di Cavaliere non v’era più traccia, al suo posto sorgeva un nuovissimo Beauty Center con lampade UVA, dove giovani allampanati e adolescenti con jeans a culo basso, uscivano sorridenti ma con la faccia incartapecorita e con un colore che è oramai ufficialmente definito come “nero Carlo Conti”; di Donna Luisella, già mancata negli anni 80’, scorsi una figlia, oramai anziana anch'ella, intenta sul balcone a stendere lenzuola colorate, che mi ha guardato stancamente senza scorgere in me un viso familiare; e poi paletti ovunque a preservare i posti auto, e scooter parcheggiati in bella vista. Ma Gaetano c’è ancora. Gaetano è lì, soliti due gradini per entrare, e mi accorgo che nulla è cambiato. Entriamo..il laboratorio sempre “a vista”, simbolo di pulizia e trasparenza..e la sua grassissima e bellissima moglie è lì..che ci guarda: per un attimo temo ci abbia scambiato per due turisti smarritisi nei vicoletti del Monte di Dio, poi i suoi grandi occhi si accendono..ed è un abbraccio intenso, lungo, commovente. Lui sbuca da dietro una sorta di paravento in acciao, e lo vedo: la sua capigliatura è ancora folta, ma visibilmente incanutita..baricentro basso da impastatore di baba’..maniche corte, sempre. - ”Madonna a’quantu tiempe..” - sussurra con un filo di voce.. – “Gaetà..come stai..?” - gli dico mentre le mie mani accarezzano le sue tempie.. - ”Bene..bene..e voi..?? ho saputo di papà..mi è dispiaciuto assai Antò..” – “ Sapessi a me Gaetà..” - e poi come se mi avesse letto nel pensiero, mi fa' - “Vuoi uno sciù con la mia crema, eh..??” - Sorrido..tutti sorridiamo..si fionda dietro il banco da lavoro, e riempie di crema dorata due enormi cannoli di sfoglia; ne addento uno con gusto, assaporando la crema, quella crema, ed in un momento ritrovo tutta la mia infanzia: mi guardo intorno, alzo il mio dolce in alto come in un sommesso brindisi, e sento due lacrime calde scendere giù per le guance. Lacrime di gioia, grazie Vita.