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« Quel che resta del giornoL'Arte a palazzo »

Atto primo, scena prima.

Post n°1263 pubblicato il 06 Giugno 2020 da fedechiara
 

Ho visto un film con grande interesse. Rappresentava i drammi di due famiglie che attraversavano tre periodi e sistemi di pensiero storici recenti : il nazifascismo, il comunismo e la democrazia postbellica.

I protagonisti: un medico valente e pieno di sé, dirigente di una clinica ad indirizzo ginecologico (Herr Professor), una giovane donna (destinata al martirio) dotata di quella particolare creatività ‘artistica’ che, in dati momenti storici, viene repressa e ‘medicalizzata’ e, infine, un nipote di quella: un futuro artista tedesco di successo, che finalmente porterà a felice compimento l’istanza di libertà piena che abbiamo stivato nel presente sistema di pensiero chiamato ‘democrazia’.

Il luogo: La Germania. Perché nessun paese europeo meglio della Germania può essere preso ad esempio di questo drammatico transito storico e delle tragedie che ha ospitato nel suo magnifico palcoscenico di onore e razza eletta di semidei sedicenti e morte conseguente dei sottomessi avversi (a milioni).

Primo dramma: Herr Professor sterilizza e manda a morire in apposito lager la giovane donna di grande apertura mentale, ma sospettata di schizofrenia – zia e tramando ideale di quel nipote che la vendicherà e ne sublimerà il dramma nelle sue future rappresentazioni artistiche.
E’ un narcisista in divisa da SS e convinto esecutore delle note tregende eugenetiche del sistema di pensiero nazifascista (gas di riferimento: lo Ziklon B).

Dramma accessorio: il nazifascismo in guerra contro il mondo viene definitamente sconfitto nel 1945 ed Herr Professor, prigioniero, viene preso in carico da un colonnello russo.
Interrogato con i modi rudi che sappiamo tace sui suoi trascorsi di dirigente della strage eugenetica di pertinenza, ma si riscatta, salvando la vita a un bambino e alla madre, congiunti del colonnello russo che lo tiene prigioniero.
‘Perché lo fa?, chiede il russo in ambasce prima dell’intervento. ‘Perché lo so fare’. Pratico e preciso.

E’ la parola d’ordine-passaporto per il suo futuro luminoso nella D.d.r. sotto tallone russo e il transito di Herr Professor, senza troppa sofferenza psicologica, da un sistema di pensiero nazifascista a un sistema di pensiero comunista.

Trait d’union tra i due sistemi: la dittatura ferrea, il dirigismo politico-sociale, la privazione delle libertà individuali. Ne consegue il realismo socialista quale unica espressione artistica propugnata.

(prima parte)

Zyklon B (pronuncia: /tsy’kloːn ˈbeː/) era il nome commerciale di un agente fumigante a base di acido cianidrico (o acido prussico) utilizzato come agente tossico nelle camere a gas di alcuni campi di sterminio nazisti.

 

IT.WIKIPEDIA.ORG
Zyklon B (pronuncia: /tsy’kloːn ˈbeː/) era il nome commerciale di un agente fumigante a base di acido cianidrico (o acido prussico) utilizzato come agente tossico nelle camere a gas di alcuni campi di sterminio nazisti.

 

 

Atto primo, scena seconda.
(Ascesa e caduta di Herr Professor e del sistema di pensiero nazifascista.)

E’ con i ‘sistemi di pensiero’ che dobbiamo fare i conti, quindi. Quel che pensiamo (e ci tortura per i troppi dubbi che insinua) nel tempo storico in cui ci è dato di vivere è fortemente condizionato dal viluppo di pensieri dominanti che determinano il ‘clima sociale’.

Herr Professor ginecologo di fama, ad esempio, nel bel film ‘Opera senza autore’, andato in onda l’altro ieri su rai3, viene colto da un momento di debolezza, dopo aver firmato l’atto di condanna a morte per la giovane presunta schizofrenica che avrebbe dovuto personalmente sterilizzare.
Ma il suo pentimento dura lo spazio di un pensiero molesto – quei pensieri molesti che invano contrastano i sistemi di pensiero che ci avvolgono perché sempre ‘pensiamo alle conseguenze’ – e il film prosegue nel suo copione già scritto di crudeltà e morte annunciata.
Dice il regista che devi morire. Peccato. Un tralcio di futuro che si secca sul ramo storto dell’umanità.
Forse è per questo che Bertolt Brecht ci mandava poi a dire nelle sue pieces: ‘Presto, un finale diverso si impone, pensiamolo insieme.’ Opera aperta, la sua, profumo di democrazia veniente.

Ma il sistema di pensiero del nazifascismo era un sistema incredibilmente potente che si è mangiato un intero popolo di esaltati ‘heil hitler’ ariani fino all’ultima sinapsi e ‘caduti nel campo dell’onore’ – ed è tuttora sorprendente per noi post moderni individualisti anarchici come si sia formato e affermato; e non basta la rievocazione della ‘notte dei cristalli’ e/o il rogo dei libri o la lettura presunta del ‘Mein Kampf’ del caporale pittore fin nelle scuole primarie dell’epoca a restituircene la pregnanza e il radicamento malato nei cervelletti dei soldati sturmtruppen incaricati delle stragi belliche e degli olocausti nei lager. Qualcosa di più corposo, culturalmente, deve averlo preceduto, e predisposto i cervelli tedeschi all’obbedienza cieca. Forse i miti del Wahlalla, forse il teutonismo dei prussiani col chiodo sull’elmo, come sottolineava un mio zio buonanima e batteva le nocche sul tavolo.

Ma il sistema di pensiero che lo sostituisce non è da meno – e l’epopea ideologica della D.d.r., stato sovietico post bellico, è lì a testimoniarlo, cogli affreschi del socialismo reale sul frontone degli istituti statali e dei palazzi di giustizia – e il ‘grande finale’ del muro di Berlino oltre i due metri che chiudeva da notte e a colpi di mitraglietta dalle torrette le fievoli speranze del berlinesi dell’est.
Fino all’arrivo di Gorbaciov-il-Molle che, insieme alla moglie gorbaciova, faceva gli occhi dolci e flirtava con le democrazie occidentali e mal gliene incolse e fu tutta un’altra storia: la vittoria, per abbandono di campo del comunismo impossibile a realizzarsi, e l’avvento della democrazia con i suoi mille guasti e i nefasti annunciati, ma il ‘mal minore’ di tutti i sistemi di governo e di pensiero che abbiamo saputo elaborare fino ad oggi, dicono gli esperti del ramo.

(Fine seconda parte)

 

Il regista Florian Henckel von Donnersmarck, premio Oscar per Le vite degli altri, realizza un altro capolavoro ispirato a una storia vera: Opera senza autore, un film sulla ricerca dell’identità artistica che si svolge nel corso di tre decenni nel dopoguerra tedesco.

 

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Il regista Florian Henckel von Donnersmarck, premio Oscar per Le vite degli altri, realizza un altro capolavoro ispirato a una storia vera: Opera senza autore, un film sulla ricerca dell’identità artistica che si svolge nel corso di tre decenni nel dopoguerra tedesco.

 
 
 
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