25 marzo 2021
Riflettevo sulla 'determinazione criminale', ieri sera. Che annovera eventi enormi e crudelissimi di cui ci narrano gli storici: di guerre maledette e inutili e di 'crociate' e perfino 'guerre di religione': categoria straordinaria nella lacerante contraddizione che contiene, ma che ha mietuto centinaia di migliaia di vittime nel corso della Storia – fino agli ultimi massacri della jiahd in franchising dei 'radicalizzati sul web' assassini e rinnegati cittadini europei e 'serpi in seno'.
E coloro che hanno gridato 'allah u akbar' prima di affondare i coltelli o le scuri o premuto sui grilletti e/o sull'acceleratore dei tir che hanno falciato donne e bambini sulle 'promenades' e nei mercatini di Natale delle belle città europee quale maledetta molla avevano in mente che gli reggesse lo sguardo criminale sul sangue che sgorgava dalle ferite delle loro vittime incolpevoli e lo strazio e le convulsioni dei corpi agonizzanti sotto alle ruote del tir?
E, per proprietà transitiva, riflettevo su quella cosa enorme e spaventosa che è stato l'assassinio gratuito e 'a freddo' di un tale Kabobo, qualche anno fa, che, alle quattro del mattino, se ne andava con un piccone in mano e apriva la testa di tre passanti assonnati avviati al lavoro (più tre feriti fortunosamenter scampati alla morte) - e a quello, inspiegabile, dell'altro ieri: di un ragazzo non ancora sedicenne che, nel silenzio della campagna di Mogliano, si getta addosso a una ragazza conosciuta e la accoltella, con ben venti coltellate, i due corpi distesi nella collutazione in un fosso a lato della via.
Quale determinazione criminale e pulsare di pensieri assassini agiva nella testa del giovane, nordafricano di seconda generazione, nel pedalare dietro alla sua vittima con un coltello da cucina addosso? Rubare, rapinare, pare abbia confessato agli inquirenti, ma sembra insostenibile che un ragazzotto nel pieno delle forze debba arrivare a infliggere ferite profonde con un coltellaccio per strappare lo zainetto o il tascapane di dosso a una ragazza ignara del suo incombere e zomparle addosso all'improvviso.
E non dovrebbe sembrare peregrino ad alcuno questo interrogarsi sul senso delle maledette 'determinazioni criminali' dei troppi orchi che riempiono le cronache perché è alla base della successiva serie di pensieri relativi alle auspicate 'certezze della pena', e al 'fare e avere giustizia' nonché del ponderoso corpus giuridico riassunto ne 'Dei delitti e delle pene' del Beccaria, che introduce al perdono sociale durante e dopo la pena e alla rieducazione, nelle carceri e fuori, dei detenuti assassini.
Pensieri e quesiti non meno inquietanti a fronte dei molti casi di assassini e criminali recidivi che hanno segnato e segneranno le cronache future - e ci interrogano sulla permanenza nel nostro dna e il riacutizzarsi improvviso e fatale del male atavico di cui al mito di Abele assassinato da Caino.
E Caino si aggira tuttora impunito tra noi con volto imperscrutabile e occhi vitrei mentre la sua mano, in un autobus affollato, già stringe il manico del coltello con cui sferrerà i suoi colpi contro il suo prossimo ignaro, come ci riportano le cronache impazzite di questo scorcio di milennio infame.
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