Nebbie e dintorni

Polis e politica


15 settembre 2014Dopo tanta denigrazione della politica, (ma più dei politici maneggioni e arraffoni e bugiardoni) un 'festival della politica' non è stata una cattiva idea - per provare a riconciliare i cittadini con quest'arte umana che tanta soddisfazione ci ha dato nei ricordi scolastici di Pericle e di Cicerone e Seneca e Machiavelli.E ieri ascoltavo l'interessantissimo dibattito intorno a un libro che ci informa che la città è una tana e 'fa paura' ed ha porte e muri: per dire che è accogliente però anche difesa dagli attacchi dei nemici.Nemici che vengono da fuori ma anche da dentro; e ci sono stati gli assedi terribili degli aspiranti conquistatori e i massacri, ma anche le guerre intestine, civili, non meno feroci e belluine.E la paura principale che abbiamo è contro lo 'xenos' o barbaros che insidia il nostro benessere e il benestare della 'polis' giunta all'apice del suo sviluppo economico ed architettonico e politico, e tuttavia non possiamo non accoglierlo perché l'accoglienza 'è nelle cose', - e contro la globalizzazione nulla possiamo opporre e restiamo, sgomenti, come il poeta in guerra che denunciava: 'Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie'.E si sono ascoltate molte citazioni latine e gli etimi dal greco e tutto era molto elegante a udirsi e 'suonava bene' – ed era come la storiella di quella giovanetta costretta al meretricio che aveva fatto innamorare un poeta che molto ne lodava le tonde e turgide forme del corpo e la dolcezza dell'approccio erotico e l'ingenua se ne era innamorata a sua volta perdutamente, ma la maitresse la contrastava dicendole che la cosa era esattamente come con tutti gli altri uomini che se la scopavano e solo, quel poeta, gliela infiocchettava e la incellofanava così da fargliela apparire straordinaria e speciale.Già, perché, dopo tanto dotto discettare di bravi filosofi che ce la presentavano elegante e la prendevano da lontano, la dolente nota, stringi stringi, era la banale, quotidiana questione della 'securitas' contrapposta alla insecuritas, - alla inquietudine di noi cittadini nei confronti del 'diverso', dello 'xenos' che ci affligge coi suoi mille barconi e ci costano una fortuna e non sappiamo più dove stiparli e quegli 'xenos' cambiano l'aspetto delle nostre città eleganti ed evolute – e i centri storici sono ormai 'cosa loro' perché le nostre agorà, di noi indigeni disgustati e snob, sono ormai i centri commerciali.E, in finale di partita, il filosofo-scrittore di belle speranze e promesse, ha citato l'anomalia di una città-stato postmoderna, Singapore, dove, invece, nessuno ha paura perché, se fai tanto di rigare una macchina e/o buttare una cicca per terra, non passa mezz'ora e sei nella mani della polizia e un giudice, per direttissima, ti condanna a una multa di mille dollari singaporiani e/o a dieci frustate sulla schiena - come è capitato a un giovane americano e se ne indignò mezzo mondo e ne dibattemmo a lungo se quelli erano metodi condivisibili e civiltà della polis.Saranno anche un filo esagerati, a Singapore, mi è venuto da pensare in chiusura di dibattito, ma se guardiamo alle nostre 'polis', alle orrende città dei cassonetti bruciati e tonnellate di sporcizia sulle strade e gomorra e camorra e criminalità varia organizzata e politici corrotti e forze dell'ordine che minacciano scioperi, beh un paio di annetti di gestione singaporiana forse non ci farebbero così male.