Nebbie e dintorni

A coloro che verranno


03 luglio 2014  - guerra di trincea E sarà che mio padre aveva dalla sua quella condizione specialissima di sopravvissuto - che, dopo, se sopravvivi, ti senti immortale e puoi tuffarti da una piattaforma di cento metri di altezza a testa in giù e, quando riaffiori, hai un sorriso stampato in faccia e ti avanza di fare l'occhiolino a chi non ti credeva capace.E quando mi diceva: 'Un fià de guera ve voria' capivo bene la mia/nostra condizione di giovanotti privilegiati assolti dalla guerra e nessuna 'prova di iniziazione' mai da affrontare e uscirne vittoriosi e temprati nello spirito. Mollaccioni, eravamo, che delle bistecche di rosbif staccavamo i nervetti e li lasciavamo sul piatto - lui che era stato protagonista, invece, di una sua privata anabasi e, dopo l'otto settembre, se ne era tornato dalla costa atlantica a piedi e sui carri merci e sui cassoni dei camions scassati e, una volta a Venezia, aveva passato mesi a nascondersi in soffitta da suo cognata e correva di tetto in tetto per nascondersi alla vista dei fascistoni incattiviti della repubblica di Salò che reclutavano a forza i disertori e minacciavano di morte le famiglie che li proteggevano.E quando ascolto i reportages dal passato che si commemora in questi giorni della guerra di trincea che hanno vissuto i nonni e i bisnonni - quel loro vivere nel fango e nel rigore dei ghiacci dolomitici e, coi guanti sbrindellati e le pezze ai piedi, trovavano il tempo di scrivere lettere alle famiglie e alle spose promesse di straordinario nitore e bravura di giovani scrittori in erba. E in gioco era la vita: ad ogni ora del giorno, ad ogni passo che facevi e dimenticavi di abbassare la testa, sentivi il fischiare di una pallottola del cecchino appostato da ore – o non la sentivi, bensì un dolore acutissimo che ti trapassa l'elmetto e il cranio e ti precipita nel buio e ti ritrovi col nome stampato e il grado su una lapide nei 'cimiteri di guerra'.E quando ascolto quei reportages delle generazioni perdute mi ci immedesimo e li faccio miei e capisco bene il senso dei versi di B. Brecht: '(…) voi che siete emersi dai gorghi / in cui siamo stati travolti...' e l'amarezza dell'invito che ci rivolge, - a noi sopravvissuti, 'a coloro che verranno' - di ricordarli tutti, un'intera generazione, di milioni di morti e nemici involontari e per caso.Ricordarli con la necessaria pietas e misericordia. E ridare loro, nei pensieri dolenti, l'effimera vita di un ricordo e di una sentita commemorazione. Amen e cosi sia.