Nebbie e dintorni

Vite da cachi.


Vite da cachi.I cachi fuori dalla mia finestra sono trascorsi dal bianco floreale della mini estate della settimana scorsa al verde chiaro delle foglioline neonate - ignare di come sarà la loro vita in quest'altr'anno pandemico e se le radici, nel buio imo terrestre, troveranno acqua sufficiente a sostentarne la crescita e far esplodere i frutti zuccherini nel tardo autunno.E quei cachi mi sono specchio di incertezza per tutto quanto avverrà di me nel breve correre dei mesi prossimi venturi – e sono fortunato a non incorrere in attacchi di panico notturni all'idea di intraprendere da qui a breve lo strano viaggio che è il viaggio verso il nulla delle origini.Perché mancano i punti di riferimento, ne converrete. Si parte senza bagagli al seguito – e questo è un bene, basterà lavarsi più spesso – ma manca, anche e sopratutto una prefigurazione del paesaggio: i cieli fitti di cirri e/o di cumulo-nembi, le vaste praterie popolate di cavalieri mongoli che si appaiano al galoppo al treno sferragliante nel vuoto e sembrano gridarti frasi incomprensibili, la Gran Muraglia con gli arcieri sulla sommità che presidiano l'Aldilà e ti precludono la visione di un oceano-mare lontano. Il liquido abisso dove tutto oblia.E tutto è davvero precario, a ben pensarci, Quei cachi potrebbero essere tagliati all'improvviso per l'irrompere delle ruspe che si insedieranno sul campo per costruire un maledetto condominio nuovo e la mia vita potrebbe trovare rapida fine con l'iniezione di un vaccino fatale che mi consegnerà nel limbo (ma sono molti di più i benefici) di quello zero virgola zero zero sei dei defunti per un maledetto ricorrere di trombosi venose profonde o per chissà quale altro evento fatale relativo ai nostri corpi fragili. Corpi di immortali, in gioventù, ansiosi di battaglie e amplessi furiosi, ma che non sono progettati per valicare indenni i centenari e si accartocciano, già dopo i settanta, come le foglie d'autunno dopo una commovente, ultima esplosione di colore.E mai come quest'anno ultimo scorso abbiamo celebrato in tivù e sui giornali i commiati e gli addii con la generazione ultima con la compunzione di quel papa dalla voce strascicata che ognora ci ricorda la stranezza del nostro fragile viaggiare lungo la vita impervia e verso gli imperscrutabili paesaggi della morte con solo il conforto di una (improbabile) resurrezione in quel di Giosafatte - che speriamo sia valle sufficientemente ampia per contenerci tutti quanti abbiamo calpestato il pianeta Terra lungo i millenni e ci ritroveremo, anime e corpi ringiovaniti davanti al Supremo Giudice.Esistono altre figurazioni, nell'immaginario religioso di altre fedi e dottrine, capaci di diversamente rassicurarci sul buon esito del viaggio estremo? Chiediamo aiuto alla I. A. (l'intelligenza artificiale)?