Nebbie e dintorni

E il tanghear m'è dolce in questo mare.


Mirade e dintorni. Io tango, tu tanghi, egli sta seduto.Fateci caso. La mitica 'mirada' è anche una cartina di tornasole che ci dice chi siamo agli occhi degli altri e ci costringe a 'dimensionarci' e a capire qual'è il nostro posto nel mondo.'Cos'ha lui che io non ho?' per capirci, dal momento che se la 'miro' ('e mira ed è mirata e in cuor ne gode', scrive il poeta) ma quella strabuzza gli occhi e li rivolge altrove e. subito dopo, sorride al tuo rivale di panca o sedia e già si alza sulle punte leggiadra e aerea pronta all'involo e all'abbraccio, qualche dubbio ti viene su: 'Chi sono,', 'Da dove vengo e dove sono diretto.' e 'Qual'è il mio ruolo nel cosmo.' in questi miei giorni di effimero transito terrestre.Ed ho visto cose, nelle milonghe cittadine, che voi umani/e non immaginate. Personalità maschili in fiamme e subbuglio presso i Bastioni di Orione e le segrete lacrime trattenute nella pioggia di guerrieri/tangheri sconfitti e reclini sulla panca dopo l'ennesimo rifiuto, come Achille con il mitico tallone trafitto.Io miro, tu tiri, egli sira. Se dimenticate l'apostrofo non saprete mai quale verbo si va a declinare.E l'apostrofo, si sa, è rosa ed è amoroso, ma solo quando va a segno.Ma se è una mirada tanghera che non va a segno e ti sospende nel limbo delle identità negate e del 'Ballo così male?' (o: 'Sono tanto brutto?') rischia di trasformarsi in una 'apostrofe' – e ti cade un mondo addosso.Aloe, gente. Che il tango sia con voi et maneat semper.https://www.youtube.com/watch?v=jyf77AK-2_E
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