Nebbie e dintorni

I ricchi e i poveri.


Che, poi, questa di essere poveri e mangiare bene sembra essere un indice di qualità delle vite nostre (che poveri lo siamo per davvero ed è una nota di distinzione). Tipo: 'Mangio bene ergo sum.' Per quanto 'uguali rendimenti non sono garantiti in futuro' – come ti scrivono le banche in piccolo-piccolo sulle polizze di sottoscrizione che ti azzardi a firmare.Perché tutto muta, ahinoi, e, se un tempo ormai lontano ti dicevano che avevi 'troppi grilli per la testa' oggi quegli insetti così citati e bistrattati (il 'grillo parlante' di Pinocchio, per dirne una) te li ritrovi spadellati con condimenti dei più vari - e qualche chef stellato già si misura con una 'saltata alla berbera' e ce li mostra in tivù nelle lucide padelle con le povere zampine rattrappite e niente più salti sui muri e negli angoli di casa. Parce sepulto.E se lasciassimo i poveri in pace ai loro deschi familiari bene imbanditi e con il Tavernello al posto del Lagrein e tornassimo a considerare che 'anche i ricchi piangono' non è che faremmo un salto di qualità filosofico ed equipareremmo quei 'poveri ricchi' in lacrime ai poveri-poveri della tradizione evangelica che ristavano sotto la mensa di Epulone mendicando le briciole di quelli che gozzovigliavano di sopra?Poi lamentatevi di quel tale che prediceva apodittico che: 'E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri in Paradiso.' Neanche se piange?