Nebbie e dintorni

Nel migliore dei mondi.


24 settembre 2021Col cuore pesante devo ammettere che c'è un maledetto 'uso politico della giustizia' in questo paese. E' una nebbia umida che grava pesante e permanente - e niente consente di distinguere del vero e del falso che si rappresentano e vengono inutilmente evocati negli avvilenti teatri della giustizia.Perché, a suo tempo, ci avevano fatto convinti, i p.m. e i giudici in aula e i giornalisti di grido, che Berlusconi l'avesse fatta grossa più volte e ripetutamente, a tal punto da dirlo indegno del titolo di onorevole senatore, ma l'hanno vinta i suoi cavalli di Caligola, gli avvocati valenti che, in punta di diritto e di rovescio, hanno rovesciato i primi verdetti e le fragili sentenze - e oggi lo vediamo/ascoltiamo pontificare in video e in voce, seppure con quella voce impastata dall'età e fuori e dentro gli ospedali che gli fan da schermo giudiziario, a recitare le tristi, vuote litanie di una politica che quotidianamente ci indigna, ma che ognora ci propina impunita i suoi veleni e le sue evidenti schifezze - e con il conforto e il viatico costituzionali e istituzionali che consentono il durare oltre il limite del lecito delle male cose parlamentari e i vergognosi inciuci dei volta gabbana di turno.E il caso di quel giudice di Sassari, più realista del re, che dà seguito non petito ad un provvedimento giudiziario spagnolo che imbarazza l'Europa e la stessa Spagna – impegnata a mediare con gli indipendentisti catalani una durevole tregua politica – mostra come il teatro della giustizia italica annoveri parecchi attori sfiatati e in conflitto tra loro che, sul proscenio, azzardano la battute amare di un loro teatro dell'assurdo.E Puigdemont, il giorno dopo, è di nuovo libero e più legittimato che mai a trattare da leader politico le condizioni del suo reintegro e ritorno in patria, osannato e in trionfo.E taccio la vicenda di quel Dell'Utri di cui giornali e telegiornali dissero peste e corna e mediatore politico con la 'mafia', nientemeno, e oggi torna sul palcoscenico giudiziario a rivendicare una sua specchiata onestà – e noi telespettatori, basiti, ci chiediamo dove stia il trucco scenico, il marchingegno che sostiene la complessa trama che un narratore di scarso ingegno ha scritto e rappresentato lungo i vent'anni del nostro scontento.E ci arrovelliamo a dargli un titolo che ben si attagli a questa commedia nostra, questo fescennino italico che intesse malamente il riso e il pianto (greco) nel racconto delle disavventure di un visconte dimezzato che dice di volersi ritirare tra i rami dei suoi alberi con appresso i suoi amati libri da collezione - e ammicca sul proscenio al suo pubblico come un attore consumato e fa capire che l'Italia è il paese dove tutto è davvero possibile, il migliore dei mondi di cui narrava Candido ai tempi suoi.The end e scarsi applausi dalla platea semivuota.
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