Nebbie e dintorni

Narrazioni contrapposte.


Diverse narrazioni e finali diversi. 17 gennaio2023E' un dubbio che mi tormenta da un sacco di tempo: non sarà che alimentiamo la povertà con il premiare che facciamo le narrazioni caritatevoli e misericordiose in auge sempiterna sui giornali/telegiornali e i buonismi lacrimosi un tanto al chilo?Sarà che la mia nascita è a ridosso della fine della seconda guerra mondiale e ne ho introiettato gli echi di privazioni e macerie chiuso nell'amnio della genitrice e da lei mi vennero le narrazioni della grande miseria da cui proveniamo e a cui siamo scampati che, al confronto, quella di oggi è servizio di mense imbandite, benché mense della Caritas, e la rituale raccolta di cibo fuori dai supermercati e il mendicismo con i telefonini e la sigaretta tra le dita dei nuovi arrivati, i mitici 'ultimi' - foraggiati di costose accoglienze organizzate ad ogni nuovo sbarco e arrembaggio, e le quarantene a bordo delle navi e le o.n.g e associazioni caritatevoli annesse prodighe di consigli per gli acquisti dei molti diritti che l'Europa regala a piene mani a chiunque violi le frontiere, profugo o clandestino che sia.Fatto sta che le narrazioni odierne della miseria diffusa e della misericordia dovuta (dice ognora Francesco ai suoi seguaci) agli affluenti e 'migranti' non mi commuovono più di tanto – e mi viene in mente la mia scuola elementare dove si faceva lezione con i cappotti indosso e venivano certi spifferi dalle finestre dai vetri precariamente sostenuti sui telai con il pongo e alla mensa il formaggio era quello, di colore arancione, delle latte degli aiuti post bellici del piano Marshall.Ma il verbo universale che covava sotto era quello della ricostruzione delle città e dei paesi in macerie e lo respirammo a pieni polmoni e ne conseguì lo sviluppo economico che sapete - e venne il lavoro nelle fabbriche e il 'posto fisso' e siamo quelli della mitica 'casa di proprietà' (che Greta e i suoi gretini europei vogliono farci pagare cara e farcela ristrutturare a tamburo battente, costi quel che ci costerà) e godiamo delle pensioni che conseguono ai contributi pagati e ne elargiamo una parte ai nipoti.Una generazione fortunata? Forse, se paragonata alle successive dal lavoro con i voucher e stagionali per nascita e destino, ma l'idea che coltivo è che dovremmo smettere di compiacere/ci delle narrazioni miseriose (neologismo enaziano) che ci vengono dal vasto mondo e privilegiare, invece, le narrazioni della ricostruzione possibile di un mondo nuovo che sorga dalle ceneri di un mondo oggi a pezzi di bel nuovo e dai confini incerti - e i popoli allo sbando che migrano per le pretese 'guerre-fame-carestie' di cui alle narrazioni buoniste, ma sono, in maggioranza, i clandestini in cerca di fortuna che rinunciano a priori a dare forma e ricchezza futura al paese che abbandonano.Le narrazioni prevalenti sono binari che tracciano una rotta e una destinazione. Le narrazioni compulsive della miseria e del dolore irrimediabili non conducono da nessuna parte, sono un binario morto – cronache avvilenti di senza tetto a migliaia e le stazioni delle città europee fitte di gente distesa nei sacchi a pelo luridi e/o avvoltolate nella coperte.Un'altra e diversa narrazione e diversa politica è possibile che indichi una direzione e apra le visioni di un orizzonte di futuro meno gramo. 'Presto' esortava B. Brecht in una sua piece 'urge un diverso finale. Un altro finale è possibile e urgente.' Scriviamolo insieme.