Nebbie e dintorni

Civiltà che muore.


Via dalla città (le colline, i guajiros, le vacche)Martedì 14/04/2008Via dalla città. Quattro giorni all’Avana bastano e avanzano per metabolizzarne i suoni, le atmosfere evidenti e segrete, gli eccessi. La città vecchia è preda del turismo di massa e ha i suoi riti avvilenti : ballerini di samba e salsa sui trampoli, vecchie signore in costume e grosso sigaro in bocca sedute in punti strategici, pronte alla foto e relativo obolo.Il kitsch turistico ha aspetti uguali all over the world, sipario.La città vera, degli habaneros in perenne ricerca di opportunità e senso da attribuire alle vite di ogni giorno, è città di odori forti e macerie, rumori e musiche ad altissimo volume ad ogni ora del giorno.Vitale come una Napoli milionaria, depressa come ogni città del ‘subdesarollo’ tropicale.L’eccesso di ‘colore locale’, il vitalismo esasperato, gli esotismi da tollerare con un sorriso ebete sulle labbra non sono più nelle mie corde; li cedo ai viaggiatori delle generazioni nuove che meglio di me sapranno coniugarli e goderseli.La valle di Vinales (un intreccio di valli) è a ovest di Avana. Ai piedi della Sierra de los Organos, questi luoghi di idillio campestre godono anch’essi della speciale protezione di ‘patrimonio dell’umanità’. E’ un posto gradevole dove soggiornare, cosparso di basse colline carsiche: un gruviera di grotte scavate da fiumi antichi e segreti e la vegetazione tropicale a vestirle di fuori di un verde più chiaro di quello dei campi coltivati a caffè e tabacco – il migliore dell’isola, si dice.Nelle pianure ai piedi dei ‘mogotes’ infittiscono le costruzioni nuove dei contadini che qui convergono per partecipare ai ludi nuovi della ricchezza che verrà, che già si odora. Le grotte maggiori, fitte di stalattiti e stalagmiti dai curiosi decori attirano un discreto numero di viaggiatori e il turismo dei torpedoni delle escursioni di giornata.Il passa-parola tra gli indigeni è che questa nuova ‘industria’ turistica paga facile, è il futuro dell’isola. Nascono come funghi nuove ‘casas particulares’ (pensioni e locande a conduzione familiare) e l’effetto saturazione pare prossimo, in verità. I figli dei contadini più anziani si improvvisano guide per i sentieri nascosti dentro le valli più impervie e meno conosciute a indicare cascatelle e sorgenti e mostrare i panorami al tramonto.La sera riscalda i colori e lungo il sentiero che mena all’ultima casa del paese ai piedi di un basso ‘mogote’ parliamo con un vecchio guajiro (contadino) fiero del suo ‘secador’ fitto di foglie di tabacco appese.E’ stato un buon raccolto, dice, e il governo gli comprerà l’intero raccolto lasciandogli una modica quantità per il suo consumo personale. Uguale destino per il caffè che cresce di un bel colore verde intenso e lucido e circonda la casa -semplice e arredata con l’essenziale per vivere e lavorare.Il governo decide anche le colture, riducendo i rischi economici, ma non mette al riparo dai cattivi raccolti e la pensione sociale è un sogno negato ai vecchi che lavorano fino a che regge il corpo e la salute.L’intero paese di Vinales è fitto di scritte che inneggiano a Raul e a Fidel, alla verdad rivoluzionaria, perfino al comitato municipale che si riunisce il tal giorno nel tal luogo -come se da noi si inneggiasse con manifesti e scritte murali alla prossima convocazione del consiglio comunale e/o provinciale. I cartelli di questa pedagogia sociale forzatamente entusiasta sono dappertutto, inchiodati sugli alberi del viali, dentro i rari negozi e le cadecas (case di cambio-moneta), dipinti sulle case e i ristoranti.Difficile dire quanto di questo entusiasmo rivoluzionario sia condiviso dalla gente non attiva nei comitati e filiazioni locali del partito unico.Voci di aperto dissenso non se ne ascoltano, in verità, e se è vero che ‘taci, il nemico ti ascolta’, è vero anche che capita di ascoltare lodi esplicite e sincere al sistema sociale che garantisce istruzione e salute e l’annona -agenzia governativa incaricata di distribuire al popolo le merci e i prodotti necessari. Una sicura simbiosi tra governanti e governati si dà, agisce, opera fattivamente e capillarmente.‘Revolucion en cada barrio y pueblo’ è lo slogan più letto, ma anche ‘la mentira (menzogna) es abiecta’ e ‘abbi cura del bosco’ e ‘raccogli la tua immondizia’. Una pedagogia scolastica e civile sposata ai vecchi incitamenti rivoluzionari e ancora la memoria dei martiri e l’onore ai caduti per la patria e l’ideale socialista.Un nazionalismo vestito di rivoluzione sociale che sempre, ossessivamente, addita la colpa dell’odiato nemico storico, responsabile del ‘bloqueo economico’ e maledetto fomentatore dei moti contro-rivoluzionari dei fuoriusciti – sempre vittoriosamente respinti con perdite in vite umane e prigionieri.I Bush padre e figlio, Clinton, ma anche il Kennedy della Baia dei Porci che ritirò all’ultimo momento l’appoggio aereo necessario allo sbarco dei rivoltosi, così creando la leggenda di un Fidel Castro combattente invincibile.Leggenda che egli alimentò mettendo il carro armato da lui guidato nel corso della battaglia a monumento centrale nella ‘piazza della rivoluzione’ della capitale.Ha un sapore vagamente retrò e di trapassato remoto questo insistente inneggiare ad eventi ormai lontani nel tempo – insieme un sintomo di timore che l’oblio si stenda su quelle gesta leggendarie e sui valori che ne sono scaturiti, ma anche un ostinato ripetere: ‘attenti, il Grande Fratello vi osserva e sorveglia, comportatevi come si deve’.Uno slogan – invero rubato a Martì, il martire della prima indipendenza cubana- è perfino commovente e quasi metafisico. Dice che ‘l’anima rivoluzionaria è come l’anima visibile’.In tempi di ‘silenzio di Dio’ e di anime morte e/o silenti e invisibili ai più, una tale affermazione dovrebbe preoccupare non poco gli ostinati pedagogisti al governo di questa nazione.https://www.youtube.com/watch?v=hVKE6ewPrY4...
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