Tuberi migranti e stormi e sciami. 03 aprile 2023E' il trionfo della patata. Quella vera, quella che si mangia e che ha percorso inverso di migrazione, insieme al pomodoro (che la illumina di rossa luce riflessa). Entrambi, la patata e il pomodoro, migranti di successo, a voler leggere e condividere il fondo di Michele Serra sulla 'Stampa' di oggi.Provenienti dai campi equatoriali che i Maya e le altre popolazioni mesoamericane strappavano alla giungla per coltivarci dieci o più varianti di mais, le patate emigrarono in Europa al seguito degli Spagnoli invasori - potenti tuberi incredibilmente prolifici che sfamarono e diedero varietà alimentare a legioni di poveri – perfino nelle nostre remote valli, le valli della pellagra, come quella di Zoldo, della quale si racconta estesamente nel bel romanzo di Sebastiano Vassalli 'Marco e Mattio'.Hanno, quindi, predecessori illustri e perfino a tragitto inverso, da ovest ad est, i migranti, secondo il verbo michele-serriano. E non è il solo, il valente scrittore e giornalista dei ficcanti 'francobolli' di prima pagina su 'la Repubblica', ad equiparare i migranti alle altre specie viventi (i tuberi lo sono).Ricordo l'articolo di un altro giornalista valente che i migranti li equiparava agli uccelli e alle loro cicliche migrazioni e, per proprietà transitiva, ecco giustificati e benedetti gli sciami di umane locuste e gli stormi di nuovi poveri che premono inesausti alle frontiere est di Europa o che arrembano a migliaia su barchini e barconi sulle nostre coste.Naturalia non sunt turpia, ci mandano a dire i Latini, come dar loro torto.E Serra ce le raccomanda, le patate e le migrazioni, in quanto foriere di successi economici futuri e linfa delle stanche popolazioni stanziali - che di figliare non ne vogliono sapere e 'apriti cielo' per il futuro economico che langue insieme a quei mestieri 'che gli europei non vogliono più fare', chissà perché.E niente mi toglie dalla testa che, se non ci fossero i migranti e le migrazioni come truppa mercenaria sotto pagata, una diversa soluzione si troverebbe 'obtorto collo' per quei mestieri negletti – magari pagando di più gli indigeni, che tornerebbero ad essere motivati nel fare i camerieri stagionali nei bar e nei ristoranti o a raccogliere la frutta dagli alberi o a curare i nostri vecchi nelle rsa. In natura non esiste il vuoto, notava uno scienziato d'antan – e chi fa da sé fa per tre, dicevano i nostri vecchi, rimboccandosi le maniche.Ma guai a dirlo ai giornalisti valenti perché una tale convinzione 'terra-terra' rischia di essere additata quale sottospecie 'razzista' : di maledetti 'populisti' che si oppongono stupidamente al travaso dei vasi comunicanti globale e avversano le migrazioni, così belle e naturali e non 'turpia' - che ci costano un patrimonio di assistenza dovuta e accoglienza 'comme-il-faut' per le migliaia e migliaia di affluenti.Pensiamo alle patate, quando parliamo di migrazioni, aiuta a bilanciare il troppo di negativo che ci rimandano le cronache dalle stazioni delle metropoli e dalle case occupate nelle periferie urbane e dalle 'piazze dello spaccio'.Magari è miopia, la nostra, e basterà tollerare e avere pazienza ed essere oltremodo 'misericordiosi' e di 'buon animo'.Il futuro è delle patate. Un futuro di successo garantito. Venite parvulus.
Il trionfo della patata ed altre storie.
Tuberi migranti e stormi e sciami. 03 aprile 2023E' il trionfo della patata. Quella vera, quella che si mangia e che ha percorso inverso di migrazione, insieme al pomodoro (che la illumina di rossa luce riflessa). Entrambi, la patata e il pomodoro, migranti di successo, a voler leggere e condividere il fondo di Michele Serra sulla 'Stampa' di oggi.Provenienti dai campi equatoriali che i Maya e le altre popolazioni mesoamericane strappavano alla giungla per coltivarci dieci o più varianti di mais, le patate emigrarono in Europa al seguito degli Spagnoli invasori - potenti tuberi incredibilmente prolifici che sfamarono e diedero varietà alimentare a legioni di poveri – perfino nelle nostre remote valli, le valli della pellagra, come quella di Zoldo, della quale si racconta estesamente nel bel romanzo di Sebastiano Vassalli 'Marco e Mattio'.Hanno, quindi, predecessori illustri e perfino a tragitto inverso, da ovest ad est, i migranti, secondo il verbo michele-serriano. E non è il solo, il valente scrittore e giornalista dei ficcanti 'francobolli' di prima pagina su 'la Repubblica', ad equiparare i migranti alle altre specie viventi (i tuberi lo sono).Ricordo l'articolo di un altro giornalista valente che i migranti li equiparava agli uccelli e alle loro cicliche migrazioni e, per proprietà transitiva, ecco giustificati e benedetti gli sciami di umane locuste e gli stormi di nuovi poveri che premono inesausti alle frontiere est di Europa o che arrembano a migliaia su barchini e barconi sulle nostre coste.Naturalia non sunt turpia, ci mandano a dire i Latini, come dar loro torto.E Serra ce le raccomanda, le patate e le migrazioni, in quanto foriere di successi economici futuri e linfa delle stanche popolazioni stanziali - che di figliare non ne vogliono sapere e 'apriti cielo' per il futuro economico che langue insieme a quei mestieri 'che gli europei non vogliono più fare', chissà perché.E niente mi toglie dalla testa che, se non ci fossero i migranti e le migrazioni come truppa mercenaria sotto pagata, una diversa soluzione si troverebbe 'obtorto collo' per quei mestieri negletti – magari pagando di più gli indigeni, che tornerebbero ad essere motivati nel fare i camerieri stagionali nei bar e nei ristoranti o a raccogliere la frutta dagli alberi o a curare i nostri vecchi nelle rsa. In natura non esiste il vuoto, notava uno scienziato d'antan – e chi fa da sé fa per tre, dicevano i nostri vecchi, rimboccandosi le maniche.Ma guai a dirlo ai giornalisti valenti perché una tale convinzione 'terra-terra' rischia di essere additata quale sottospecie 'razzista' : di maledetti 'populisti' che si oppongono stupidamente al travaso dei vasi comunicanti globale e avversano le migrazioni, così belle e naturali e non 'turpia' - che ci costano un patrimonio di assistenza dovuta e accoglienza 'comme-il-faut' per le migliaia e migliaia di affluenti.Pensiamo alle patate, quando parliamo di migrazioni, aiuta a bilanciare il troppo di negativo che ci rimandano le cronache dalle stazioni delle metropoli e dalle case occupate nelle periferie urbane e dalle 'piazze dello spaccio'.Magari è miopia, la nostra, e basterà tollerare e avere pazienza ed essere oltremodo 'misericordiosi' e di 'buon animo'.Il futuro è delle patate. Un futuro di successo garantito. Venite parvulus.