Nebbie e dintorni

Fumetti da tregenda.


Se c'è un torto che ci ha fatto, a noi Moderni, il Sommo Poeta, non è quello di aver citato il Profeta nell'imo dell'Inferno (nell'aperto scontro di religioni di allora, con annesse Crociate, quell'affondo ci sta) o di non rispecchiare i confusi desiderata della pretesa 'cultura woke' e lgbtxyz.E' piuttosto quello di aver dato lingua e immagini al fumetto maggiore che veniva illustrato nelle chiese dai pulpiti già parecchi secoli prima che Dante ne diventasse collettore immaginifico e ci narrasse da par suo dei crudeli 'runcigli' di Barbariccia (il capintesta del vergognoso distico '...e del cul fece trombetta.') e degli annessi furori di Alichino, diavolo minore, di voler punire con aculei e altro di puntuto e straziante i poveri dannati nel girone di appartenenza.Che quando ce lo raccontò e ci lesse il Canto la prof, di letteratura italiana durante il corso dell'Università della Terza Età, la ascoltavo 'con occhi di bragia' per l'immediatezza figurativa che trasmetteva e riflettevo sull'impatto che un tal fumetto di malvagità estreme aveva avuto nella mente dei progenitori del Tre/Quattrocento e quanto di quelle fantasie ultra terrene avesse tormentato i sogni dei bambini e dei poveri contadini/e in limine mortis.
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