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Disgregazioni e miti. 16 dicembre 2021 E forse sarà il Sole e l'impero della sua luce aspra e forte commista con le particelle del salso micidialmente sospese sull'intera città a corroderne i muri vetusti, fatto sta che Leda con il suo mitico cigno malandrino e divino se ne sta ignuda, ma mutilata del naso e con una gamba interamente mangiata dalla corrosione del Tempo e prossima a disgregarsi del tutto come il suo mito lontano che la volle madre dei gemelli divini Castore e Polluce, i Dioscuri ascesi al Cielo, stelle fisse nella costellazione dei Gemelli. O, forse, quella disgregazione assassina è la scelta infelice della pietra che l'incauto artista volle quale materia bruta della sua scultura che non regge l'urto del Tempo perché, al confronto, la statua della Minerva veneziana seduta in groppa al suo mitico leone se ne sta, tuttora integra e pochissima corrosa nella sua lunga veste, all'ombra della vegetazione che la protegge e tuttora sollecita gli echi dei canti dei marinai sulle galere che sfila(va)no in bacino avviate alle guerre di conquista: 'E(v)viva 'e glorie del vecio leon.' Sono pagine di storia gloriose scolpite nei Giardini che ospitano le Biennali degli artisti di mezzo mondo e, alla svolta della passeggiata che conduce alla pineta di sant'Elena, ecco apparire il busto (non corroso) di Guglielmo Oberdan, patriota di un tempo dimenticato in cui Venezia languiva immemore dei suoi serenissimi fasti e i cavalli di san Marco erano prede del Bonaparte ladrone di opere d'arte provenienti da ogni dove delle sue terre di conquista. Oberdan era un seguace di Garibaldi e sognatore incauto di una Italia unita dalle Alpi alla Sicilia e la statua dell'eroe dei due mondi la trovate alta sul suo piedistallo all'uscita dei Giardini - che vi osserva dall'alto e ascolta meditabondo i vostri dialoghi confusi e, tra sé e sé, pensa: 'Se avessi saputo dei presenti sviluppi dell'italica patria, vi lasciavo agli austriaci, mannaggia a me.' |
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