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Viagiar descanta

Post n°822 pubblicato il 06 Aprile 2019 da fedechiara
 

Viagiar descanta. 'Ma', aggiungeva Corto (Maltese), 'se uno parte mona torna mona.'

E, stamattina, grazie alle diciotto ore di odissea transoceanica e le 12 di prigionia aeroportuale dovuta alle coincidenze che saltano anch'io ho l'impressione di essere un po' 'mona'.

Nel senso del rintronato da fuso orario e la sensazione che perdura di distacco e lontananza per il mio essermi perso nell'aldilà oceanico e dei popoli e le culture aliene - e il non avere ancora metabolizzato, dopo un sonno disturbato, il mio essere e agire nell'aldiqua della primavera nuova che, fuori delle finestre. mostra l'incanto dei suoi fiori e gli alberi tornati vivi e coloratissimi.

 

E del viaggiare e del suo inevitabile ( e salutare) sperdimento ti resta appiccicata addosso, nei vestiti e nei pensieri, la sensazione di essere sporco. E, a ben vedere, la sporcizia è nelle cose, tutto permea e ti avvolge, ed è la qualità del mondo vario e diverso in cui ti sei immerso, ed è la Storia e la sua polvere e i suoi cadaveri e la sua merda. Che perfino gli eroi immortali sepolti nel cimitero storico della Recoleta: i generali e i presidenti emeriti delle indipendenze e delle battaglie sbagliate e di quelle giuste (ce ne sono?) se ne stanno a marcire nei sarcofaghi delle cappelle mortuarie ricoperti di ragnatele e foglie morte sotto ai monumenti che li celebrano - e le porte di quelle loro case mortuarie sono aperte e i vetri sono rotti e i muri sbrecciati, a dire l'effimero delle loro e nostre vite e 'polvere alla polvere'. Gli eroi immortali sono tutti morti, già. E anche noi vivi dubitiamo della nostra 'esistenza in vita', a ben vedere.

 

E i milioni di persone che si inoltravano nei tunnel e si imbarcavano sugli aerei (ancora li diciamo 'imbarchi', fermi mentalmente come siamo all'elemento liquido del viaggiare di Odisseo ed Enea) per le destinazioni più varie si rotolavano per terra nelle immense sale aeroportuali in attesa dell'evento sempre ritardato, e si sedevano sulle sedie dove si erano seduti altri prima di loro e altri ancora si sarebbero seduti dopo la loro partenza - e mi viene in mente quell'equipe di ricercatori americana che hanno spedito i loro studenti a strusciare i cotton fiok della ricerca scientifica sui sedili delle metropolitane e dei treni e degli aerei e delle navi e, in laboratorio, hanno trovato, vispi e arzilli, tutti i bacilli e i virus e i microbi e gli altri microrganismi assassini che insidiano la nostra salute – compreso il 'bacillus pestis' delle grandi epidemie del passato che dimezzavano i vivi delle città, e i sopravvissuti erigevano i santuari e ringraziavano i santi e le madonne per 'grazia ricevuta'.

 

Viagiar descanta, già. Ma se uno parte mona torna mona - e, tutti quei ditini degli adolescenti e degli adulti che strusciano sugli schermi degli smartphones che li fanno viaggiare nell'asfittico oltremondo dei messaggini e delle altre applicazioni non ti fanno vedere i colori straordinari delle albe e dei tramonti che trascorrono dietro i vetri degli oblò, né i visi e i tic delle persone che ti siedono accanto – ed è un diverso viaggiare il loro, è vero, ma resta il dubbio se non sia meglio ascoltare il canto delle sirene di Odisseo legati all'albero maestro della nave e straziati da quel canto misterioso piuttosto che ficcare la testa come struzzi dentro quei microschermi e i loro videogames.

 

 

 

 

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