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« Zattere, carrette e buchi neri.Antiche metafore e allegorie. »

La Follia e il Metodo.

Post n°2506 pubblicato il 27 Marzo 2023 da fedechiara
 

La follia che si accompagna al metodo - 27 marzo 2015
'C'è del metodo in quella follia', dice Shakespeare di Amleto. E' da allora, da quei tempi lontani e tragedie ambientate in un castello danese che sappiamo che 'c'è del marcio in Danimarca' - e oggi in Germania perché 'tutto è il mondo è paese', da che le frontiere si sono aperte o sono state scardinate di forza dai milioni di nuovi barbari inurbati, - e l'orizzonte di futuro prossimo e remoto è un melting pot indistinguibile e umana melassa ed eventi sempre più caotici e non governabili.
E che la follia di Lubitz (il pilota tedesco suicida) si trascini dietro il senso di onnipotenza di far morire insieme 149 persone e abbuiarne e disintegrarne le storie è mistero che gli psichiatri si incaricheranno invano di spiegarci, perché in quella follia – come in quella di Amleto – siamo trascinati tutti a forza.
Al punto da dirci tutti 'anormali' e mettere in discussione il concetto stesso di normalità, considerata la perdita e l'orphanage collettivo di ogni valore riconosciuto e limite e 'norma' universalmente riconosciuta e coralmente rispettata.
E Basaglia, bravamente, ce li ha restituiti, i matti, e li ha detti normali al nostro pari - con qualche picco di confusione e marasma controllabile chimicamente e socialmente accettabile – e, per proprietà transitiva, siamo diventati tutti un manicomio a cielo aperto e dobbiamo elaborarla a forza, la follia, e riconoscere che si accompagna di buon grado al metodo; è lucida e 'ragionata' con la freddezza di chi mette mano ai comandi di un aereo e lo porta con regolarità programmata a bassa quota e infine lo schianto.
Ma altre follie metodiche mi sovvengono – come quella di un tale Kabobo, 'l'uomo nero' mal integrato e perciò reso 'folle', che alle quattro del mattino, armato di piccone, fracassava i crani dei poveri cristi indifesi che incontrava nel silenzio dell'ora, uno via l'altro. La morte che cammina, l'hanno detto, evocando figure simboliche dell'immaginario medioevale esploso prepotentemente nel terzo millennio delle mille sciagure e conflitti permanenti.
E che dire della costituzione di un 'califfato', con arruolamenti via internet di 'cittadini' rinnegati di seconda generazione, al tempo della tecnologia onnipotente e che apre scenari di conquiste del cosmo e i meravigliosi anelli sotterranei dove i postmoderni stregoni fanno girare vorticosamente la 'particella di Dio', vulgo 'neutrino'?
La storia che va col passo del gambero ci consegna, ad ogni nuovo giorno, il suo 'fatto del giorno' malato e sciagurato di una 'nave dei folli' umana che si stupisce della sua follia metodica e programmata e lucida perché, da sempre, aspira a scoprire il 'disegno di Dio' dietro le caotiche cose del suo vivere e andare e moltiplicarsi conflittuale finché 'morte non ci separi' e, di là della morte, è il nulla delle buie origini. L'ultima e prima 'follia' che spingeva il poeta a chiedersi: 'Ma perché dare al sole / perché reggere in vita / chi poi, di quella, consolar convenga? / Se la vita è sventura, / perché da noi sì dura?'
Tale è la vita mortale.

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