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Messaggi del 12/04/2020

Viaggio a nord ovest. B. Aires

Post n°1210 pubblicato il 12 Aprile 2020 da fedechiara
 


 

Buenos Aires 19 marzo 2019

Ci vuole un coraggio da leoni per dire l'equivalente di 'e' una cagata pazzesca' - come ha fatto Fantozzi, forzato alla visione della 'Corazzata Potemkin'. 
E l'equivalente - qualcuno lo doveva pur scrivere, prima o poi - è questa città tentacolare, brutta, calda e sciroccosa, architettonicamente uno sfacelo, un accostamento stridente di stili post coloniali e post moderni ('stili' è parola grossa), un ricettacolo di miserie vecchie e nuove e polveri sottili e meno sottili nebulizzate a tutte le ore del giorno e della notte lungo le arterie delle 'avenidas' e le vene delle 'calles'.
E tuttavia una città piena di energia - perché 'ci vuole un fisico bestiale ' per viverci e amarla - come dicono (e cantano) di lei i suoi milioni di abitanti. (…)
E tutto quanto sopra esposto non riguarda il centro storico, ca va sans dire, fitto di palazzi solidi e quadrati con colonne e timpani sulle facciate e alte torri e finestre ornate di decori, ma basta allontanarsi di una 'quadra', di là dall'Avenida 9 de julio. l'immensa arteria che separa ricchezza e povertà, centro e periferia, ed ecco la miseria della Grande Buenos Aires mostrarsi impudica e oscena - col rombare dei motori delle centinaia di migliaia di auto in perenne movimento che ti assorda ed asfissia.
E la miseria di oggi è impietosa e non dà scampo, bensì si allarga a macchia d'olio nella periferia estrema, quella che vedi effigiata nelle case del degrado e nelle baracche, provenendo dall'aeroporto internazionale di Ezeiza. E la 'Buenos Aires querida' cantata da Gardel nei suoi anni aveva forse una sua poesia di fango e baracche, una via Gluck porte(g)na, condita com'era di speranze post belliche e visioni di futuro in rosa, ma quella odierna è prigioniera della ragnatela del maledetto globalismo e della stagnazione economica, col peso argentino in picchiata, - e i sedici milioni di abitanti si contendono le briciole di una economia in affanno perpetuo, e i palazzi del centro cittadino sono solo un epitaffio di quella borghesia europea che li costruì e ambiva a 'fare come a Parigi', ma la maledizione dell'equatore e delle colonie tutto riduce a epigoni e belletto e caricatura.

Buenos Aires, 20 marzo 2019

E che sia 'accogliente' salta agli occhi, questa immensa metropoli di miserie esibite senza pudore.
Ed è perfetta per quei barboni il cui numero aumenta di giorno in giorno perché è avara di piogge e calda e sciroccosa, in questo inizio di autunno che incede pigro e svogliato. 
E qui non hanno il problema degli stop al traffico cittadino, non se lo possono permettere nella Grande Buenos Aires dei trenta e più chilometri di macchia urbana in crescente, mostruosa espansione perché la benedetta pioggia che abbatte le polveri in sospensione non c'è e mai arriva.

E li incontri distesi sui materassi, i senza-dimora, anche in tarda mattina e ad ogni angolo di calle, perfino a lato degli ingressi delle grandi banche che li tollerano perché sono un loro 'portato', la dimostrazione che il capitalismo della finanza si muove con quelle coordinate di indifferenza delle grandi ricchezze esibite. E i ristoranti e i caffè del centro mostrano i lussi smaccati e gli arredamenti sontuosi e, di contro, c'è questa gente che tira l'anima con i denti, famiglie con bambini sui marciapiedi e, interrogata, dice di essere venezuelana, ma per molti è bugia riferita all'attualità delle disgrazie e delle sciagure planetarie, un po' come quelle nostre rom stanziali d'antan che scrivevano le frasi sgrammaticate sui cartelli che pietivano l'elemosina: 'Due figli malati, malatia de zuchero, una moneta per carità.' e oggi sono sostituite dai neri dei barconi, uno ad ogni ingresso di supermercato e le case occupate delle oscene metropoli in cui si dividono i letti.

Paese che vai miseria che trovi, maledizione! e l'indifferenza è, alla fine fine, la risposta 'giusta' a un problema che nessun buonista potrà mai risolvere perché i grandissimi numeri di miserabili prodotti dal sistema capitalistico hanno traversato indenni tutte le rivoluzioni e le rivolte, e sempre si mostrano, una generazione via l'altra, derelitti e sconfitti, ad onta dei sogni americani (o argentini, o italiani) dei pochi che scampano alla loro sorte e 'ce la fanno'.

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Carlos Gardel - Mi Buenos Aires querido (Letra-Lyrics) [HQ]
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Viaggio a nord ovest. Ieri accadeva. 

Buenos Aires 21 marzo 2019

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E a tutte le ore del giorno, in questo quartiere della popolarità esibita, rivendicata fieramente, un logo, un marchio di fabbriche che non ci sono, bensì l'artigianato creativo della 'lucha' quotidiana, del tirare a campare con quel che passa il convento ogni dì: la creatività di ognuno e tutti, stupisce la coda che si forma dinanzi a un monumento piccolo piccolo e ti sbarra la strada- e solo quando ci arrivi davanti capisci che è la statua di una piccoletta dai capelli ricci e neri, la temibile Mafalda delle considerazioni acri e acutissime sulla vita quotidiana e sui massimi sistemi.

Lei che, nella versione italiana, ci augurava il 'Buongiorno, mondo!' più spettinata del solito e si domandava: 'E' caduto, Monti? Berlusconi è stato condannato e si ricandida?', sottintendendo che quei fatti e non altri erano il vero buongiorno che ci auguravamo. E la fila di singoli e le mamme con i bambini si siedono accanto alla pericolosa sovversiva e si fanno fotografare con lei a futura memoria, segno di una stima universale che supera perfino quella di Bergoglio – non foss'altro che per l'acutezza dei messaggi che non sono mai 'urbi et orbi', bensì mirati e cogenti, e i dubbi malandrini che insinua e l'intelligenza aperta del suo disincanto.

E della birbante filosofa si fa un gran commercio nelle 'tiendas' e nelle librerie, sopratutto, perché è l'intelligenza e il sarcasmo e la battuta liberatoria che 'appartiene al popolo' più e meglio di altri profeti politicamente schierati, id est quel Guevara che: 'E' nato a Rosario.' mi dice il libraio. 
Come a significare che Buenos Aires tiene a battesimo e celebra una Mafalda, ma il 'Che' lo sogguarda di striscio con il necessario disincanto ex rivoluzionario, appunto.

E mi fermo a guardare la piccoletta dalle guance gonfie in espressione di amarezza che, smaltata in bianco su lastre di metallo, infila perle su perle di saggezza, come questa: 'Hoy he aprendido que la verdad desilusiona a la gente.' Già. La verità non appassiona, bensì 'desilusiona': origine e causa di ogni nostro dramma privato e pubblico.

E per me, da affiggere in casa, compro un'altra sua considerazione triste che dice: 'Porque justo a mi tenia que tocarme ser yo?', che fa aggio sulla quella domanda inevasa di un nostro poeta amatissimo che si chiedeva desolato: 'Ma perché dare al sole, perché reggere in vita chi poi di quella consolar convenga?'. 
Già perché? Una domanda che ti porti dietro fino ai deserti e aridi lidi del finis vitae.
Mafalda for president.

 
 
 
 
 

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