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Messaggi del 24/02/2021

Dimenticare l'Africa.

Post n°1523 pubblicato il 24 Febbraio 2021 da fedechiara
 

  • Dimenticare l'Africa.
    E la risposta occidentale dei generosi e impavidi alle bande criminali che impazzano nel continente nero - e sono la consustanziazione e la quintessenza del male quotidiano di quelle nazioni disgraziate - è quella descritta nell'articolo di 'la Repubblica' qui sotto.
    Aiuti allo sviluppo e missioni/ari da tutto il mondo e medici senza frontiere che li risollevino, buonisticamente, dal male di esistere colà e con quelle loro storie di infamia di cui 'Cuore di tenebra', il romanzo di Conrad, è il condensato simbolico - e il rapimento delle 247 vergini in una scuola della Nigeria da parte delle milizie di Boko Aram la tragedia massima della deriva islamica nel terzo millennio della sua implosione planetaria.
    E converrebbe, invece, rispolverare i 'Tristi Tropici' di Levi Strauss che ti fanno studiare all'università e la sua ponderosa riflessione sulle origini delle storie tribali umane:
    (…) Nel capitolo finale, l'autore riflette sui motivi che spingono l'etnologo a spostarsi migliaia di chilometri lontano dalla propria cultura di formazione, trovando nell'insegnamento di Rousseau un aiuto per una possibile via d'uscita dalla contraddizione presente in questo tipo di ricerca.
    Partendo dalla descrizione di quanto osservato nella città di Taxila, dove civiltà diverse hanno lasciato testimonianze della loro grandezza e caducità, l'antropologo riflette sui rapporti odierni di tre grandi religioni, domandandosi cosa sarebbe potuto succedere se il percorso storico non avesse portato l'Islam e la sua offerta di semplicità intransigente a separare geograficamente il cristianesimo dal buddismo. Concludendo che anche nelle sue contraddizioni, l'essere umano, esattamente come l'antropologo, ha il dovere di cercare la via che porta alle origini, perché, anche se il percorso potrebbe sembrare futile, è invece l'unico che nella sua condizione di essere sociale trova il proprio senso. (…)
    E ancora, nel finale, quella riflessione, fondamentale per l'homo occidentalis, che dovrebbe farci fare molti passi indietro nel nostro rapporto, oggi pietoso, con il continente straziato dal colonialismo.
    (...) A far diventare l'opera una pietra miliare per l'indagine etnologica fu però l'atteggiamento dell'autore nel rapportarsi alle culture oggetto di studio, eliminando quel senso di superiorità che, a suo vedere, non trovava fondamento alcuno, avendo ogni cultura trovato il modo di risolvere i problemi con cui si era dovuta confrontare nella maniera più efficiente possibile. (...)
    Dimenticare l'Africa e il suo male oscuro, per intenderci.
    Tristi tropici - Wikipedia
    it.wikipedia.org
    Tristi tropici - Wikipedia
    «Odio i viaggi e gli esploratori, ed ecco che mi accingo a raccontare le mie spedizioni. Ma quanto tempo per decidermi!»
    Commenti: 1
    Apriamo gli occhi sull'Africa
    REP.REPUBBLICA.IT
    Apriamo gli occhi sull'Africa
    Apriamo gli occhi sull'Africa

 
 
 

Clausura.

Post n°1522 pubblicato il 24 Febbraio 2021 da fedechiara
 

Cronache dalla nuova peste. Part three.
Clausura. 23 febbraio 2020
Questa mi mancava. L'esperienza della clausura, intendo. O dei 'domiciliari', se meglio vi esprime quel vagare di stanza in stanza e di letto in divano, cambiando libro o telefilm - e una capatina in terrazza, di quando in quando, per vedere se il mio condominietto di campagna si decide a mostrare un silenzioso passaggio di umani ad una qualche ora del giorno:
'Buongiorno.' 'Buonasera'. 'Come va?'. 'Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie.'
Quest'ultima meglio non dirla perché mette una tristezza che lèvati, ma racconta magistralmente, sia pure in poesia, la precarietà delle nostre vite prigioniere di una indicibile/invisibile calamità naturale.
Che, poi, le suore di clausura ci hanno fatto il callo a quella loro condizione di vita e sono bene organizzate – con quei loro tragitti svelti, le mani nelle ampie maniche, ad ore precise, tra il chiostro, la chiesa e gli orti da coltivare e le cucine e la biblioteca. E sospetto che una qualche paroletta galeotta se la dicano, le sorelle più indisciplinate, ad onta della maiolica azzurrina soprastante che intima loro 'Silentium' lungo i transiti del chiostro e nelle sale di riunione. E poi cantano il gregoriano con quelle loro voci dolcissime, che figata!
E che dire di quella storia che ci raccontano gli etologi di grido in televisione, nelle infinite trasmissioni dedicate allo stramaledettto 'corona virus' delle mie beole: che si tratta di un organismo vivente vecchio di miliardi di anni (l'anzianità fa grado?) che 'si replica' a nostro danno, secondo l'antico adagio 'mors tua vita mea' dei tanti documentari di natura che abbiamo visti in tivù.
Interessa a qualche animalista mistico-religioso (di quelli delle mascherine permanenti sul viso per non ingoiare gli insetti trasvolanti e distratti) la vita residua e la replicazione di uno stronzissimo virus 'corona'?
Abbiamo sterminato e quasi estinto tigri, leoni, rinoceronti ed elefanti, non ci fermeremo davanti ad uno stupissimo virus del c.... che si replica dentro di noi approfittando delle nebulizzazioni di uno starnuto o di uno che ti sputacchia parlando a pochi decimetri dalla tua bocca (ma che schifo!).
Parola del giorno – da ficcargliela in quel posto ai dotti etologi pontificanti – 'replicazione'.
E per fortuna che, in tanta noia di clausura, c'è da fare la lista di quel che ti manca e che prevedi di consumare con razioni precise e predeterminate da qui all'eternità del tempo che ci manca per estinguere, via vaccino, il virus caxxone. Qualche chilo di pasta, olio di oliva, patate. Nella speranza che quella quantità di idioti che vediamo in televisione allontanarsi dal supermercato con un camion-carrello di roba da coprirci due anni di carestia e gli scaffali vuoti e i magazzini non più riempiti dai blocchi dei militari sulle strade non ti costringano fra qualche giorno alla fame.
Ecco, forse la quarta parte di questa cronaca sarà intitolata alla 'fame', quella di Ugolino che: '...e che conviene ancor ch'altrui si chiuda'.
Statemi bene e dimagrite cum grano salis, auto carcerati responsabili.
Nessuna descrizione della foto disponibile.

Cronache dalle nuove pesti. part two

Venezia sposa macchiata 22 febbraio 2020 ore 07.50

E quando ti alzi la mattina e ti vesti e ti lavi le mani ti soccorre il pensiero improvviso e la domanda spontanea de: 'Ma con tutto 'sto dover lavarsi le mani ben oltre i 20 secondi sanitari di rito e 'non toccarsi la bocca e gli occhi', come si farà a lavarsi il viso? A mani pulite, si può?'. E invidi le signore che ricorrono a batuffoli e ostie di cotone per struccarsi e 'scrubbare' le amorevoli gote per poi spalmarle di creme miracolose di nova giovanezza.

E sarà per l'ora presta, sarà per tutto quel battage dei telegiornali di ieri sera su morti e feriti e dispersi del corona virus spettrale e subdolo le calli sono sgombre di gente e pare che, datori di lavoro consenzienti, tutti si siano consegnati nelle case-caserme fino a nuovo ordine e guardino fuori delle finestre curiosi dell'audace che si avventura in zona di guerra mal equipaggiato e privo di mascherina.

E quando arrivi in piazza ti rendi conto che la città strana e soleggiata ha dinamiche tutte sue e che nessun ospite di case in affitto e B§B ha avvisato i festosi turisti che gira tutto attorno alla città una epidemia che 'lèvati e torna al paese' finché sei in tempo. Forse perché il lucroso giocattolo turistico ha già subito il dramma delle acque alte incontrastate dal Mo.se tecnicamente inadeguato e se gli aggiungi la nuova peste del terzo millennio è un 'uno-due' da knock out e conta al tappeto fino a dieci.

E il distico di una vecchia barcarola dice che : 'Venezia rassomiglia ad una sposa / vestita di broccati e di velluti...' ma qui la sposa ha l'abito macchiato e gote smunte e, davanti alla basilica, ci sono solo brutte maschere (per le più belle bisogna aspettare oltre le dieci) e cinesine (o orientali, chi le distingue?) festose e cinguettanti coi loro selfies smorfiosetti e boccucce a cuore, beata gioventù!

E i bar sono tutti aperti mentre nelle zone del contagio conclamato sono stati i primi esercizi commerciali a chiudere e affiggere di fuori i cartelli: 'Ascoltate i telegiornali, ci si vede dopo la buriana.' E perfino io prendo fiducia e, prima di valicare il grande ponte di legno che mena alla stazione, ordino il classico cornetto croccante e macchiato con caffè lungo. Come scommetteva Pascal sulle fede: 'Fai come se ci credessi e la fede verrà come d'incanto.' E se non sarà incanto pazienza, si farà senza.

E Mogliano Veneto, al sol della calda primavera, sembra un paese franco, coi suoi larghi marciapiedi dove ti puoi scansare facile e mantenere le doverose distanze sanitarie di rito e la gente si ferma a parlare come se niente fosse e hai l'impressione che qui abitino i coraggiosi che si oppongono allo spettro pestifero e offrono il petto come soldati e 'Fatti sotto, marrano!' ma è meglio dotarsi degli strumenti del caso e, anche qui, le mascherine sono esaurite e la paura cova sotto, ma sembra primavera e – chissà perché – abbiamo l'impressione che la stagione nuova sia come la Madonna della Salute che scaccia la peste sull'altare della chiesa veneziana omonima.

Tutto sta a crederci; intanto, una volta a casa, mi tolgo i vestiti e butto tutto quello che è stato in contatto con treni e autobus in lavatrice con, di base, quel liquido magico che promette di abbattere il 99,999 di batteri e lieviticidi. Che saranno mai i lieviticidi?

 

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Carnevali indimenticati. I medici al tempo della peste.
Nessuna descrizione della foto disponibile.

 
 
 
 
 

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