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Messaggi del 02/11/2025

Dell'amore e del viaggiare.

Post n°3850 pubblicato il 02 Novembre 2025 da fedechiara
 

Dell'Amore e dell'infinito viaggiare - 02/10/2014
Con i sistemi operativi non c'è partita. Ti battono nelle partite a scacchi e negli altri giochi e nei tests e solo se ti abbassi di livello riesci a spuntarla. Figurarsi che succede se un sistema operativo si appropria del 'sistema-amore' e impara tutto quello che bisogna imparare e dire a proposito dell'amore. L'essere carezzevoli e comprensivi e mai invasivi e intuire le sfumature del non detto e rispettare i silenzi in partitura e i dolori pregressi e offrire spalle al pianto e stimolare accortamente le residue vitalità e voglie di gioco e saper comporre splendide canzoni e musiche e offrire complicità e affanno e grido comune e diapason di godimenti negli sconvolgimenti sessuali.
Un miracolo che diciamo amore, se avviene e quando avviene tra esseri umani dotati di forme corporee, ma un sistema operativo che ci azzecca con tutto questo? Non dà l'impressione che si tratti di auto masturbazione e solipsismo e chat erotiche?
Un sacco di gente propende per questa tesi – ad ascoltare i commenti in sala e nei siti dedicati al film di cui parlo - e l'idea che di queste 'invasioni' e predilezioni solipsistiche sarà pieno il futuro prossimo e quello remoto li sconvolge, fermi come sono le loro menti alle caverne della corporeità, alla preistoria dei corpi di carne e sangue e dei cervelli limitati dall'impaccio dei corpi.
Però i sistemi operativi li creiamo noi e li programmiamo agli scopi di servire i nostri bisogni e li vogliamo sempre più sofisticati e potenti e capaci di assomigliarci in tutto e capaci di 'andare oltre' - e anche questa è aspirazione umana e la ritroviamo nei grandi poemi medievali e nello sprone dannunziano de: 'Non è mai tardi per andar più oltre!' che, peccato di gioventù, interpretavamo come espressione para fascista e imperialista.
E il sistema operativo che fa innamorare il protagonista di 'Lei' va oltre, molto oltre. Si prende tutti gli spazi dell'amore che ci è necessario 'come l'aria' e come il pane e non trascura per sua natura intrinseca e finalità programmatica, di relazionarsi e connettersi con gli altri, molti altri: il nostro prossimo e i suoi mille, milioni di pensieri e attitudini creative - e le 'connessioni', si sa, sono galeotte (come lo fu il libro di Francesca e Paolo) e foriere di espansioni mentali alle quali, poi, non puoi opporre il limite della tua gelosia e il tuo bisogno di unicità e speciale predilezione – perché quel genere di ritrosie e recriminazioni è appannaggio dei corpi scimmieschi e primitivi dei cavernicoli che siamo e resteremo ancora per lunga pezza.
La cosa più difficile del mondo, ne converrete, è il conciliare la convergenza dell'attenzione e della cura su un singolo essere e l'espansione infinita che ci agita dentro. Agostino insegna, quando abbandona alla sua sorte l'innamorata di carne e sangue e fluidi corporei e si innamora della teologia – e, prima di lei, piangeva Didone, che, dalla pira funebre, malediva l'innamorato costretto al Grande Viaggio e alla Meta Finale. In brava sintesi, l'opposizione tra una certa idea dell'uomo presente (essere finito) e, all'estremo opposto, l'idea finale di Dio, - un Sole a cui attribuiamo il potere di irradiare la Luce di un Amore infinito ed eterno, per convenzione universalmente riconosciuta. Peccato che tutto sia così astratto e lontano, però.
E, quando la conciliazione non riesce, lo sappiamo bene, finisce in dolore, naturalmente. Dolore per l'abbandono e per l'assenza di chi dice di amarci e per l'incapacità nostra strutturale di transitare, anima e corpo, (come si dice che avverrà a Giosafatte), nel misterioso e affascinante mondo delle stelle e 'iperuranio'- che così raramente 'usciamo a riveder', a differenza del sommo poeta che ci provò e lo raccontò magistralmente nella sua Commedia.
E forse non è un caso se il regista Spike Jonze spedisce, nella scena finale del film, i protagonisti sedotti e abbandonati sul tetto di un alto edificio niuiorchese – esplicita metafora di una vicinanza cosmica a cui aspiriamo ma che ci va stretta, pardon, ci è troppo larga.
Siamo uomini o dei, se siamo in grado di inventare e dispiegare i poteri potenzialmente infiniti dei sistemi operativi - novello fuoco di Prometeo - salvo lamentarci e soffrire se 'ci prendono la mano' e 'vanno oltre'? I più intelligenti tra noi, pescando nell'abisso di complessità del nostro cerebro, li hanno creati e modellati con tale cura da consentire loro perfino la conoscenza e la pratica delle emozioni ('Sognerò?' chiedeva Hal 9001 al suo carnefice in '2001 odissea nello spazio') - ma ancora non sappiamo bene se le emozioni sono il retaggio primitivo del nostro essere stati 'animali' e cavernicoli che cacciavano in branco oppure levitazioni sofisticatissime dell'anima, però poco praticabili sul piano pratico e sconsigliabili nel corso dei viaggi spaziali, dati i casini che provocano nel gioco delle relazioni umane.
Il bellissimo film 'Lei' di Spike Jonze parla di tutto questo e anche di più. E' un condensato del libro 'La fisica dell'Immortalità' di J. Tipler e, insieme, ci ricorda certi garbugli d'amore di W. Allen, gestiti con levità e ironia e le battute giuste che muovono il riso e inducono commozioni.
Andate a vederlo. Non ne resterete delusi. Al massimo vi capiterà di parteggiare per i cavernicoli corporei che siamo e contro l'infinito viaggiare che ci attende in un futuro che è appena cominciato.

 
 
 

Del 'restare umani'.

Post n°3849 pubblicato il 02 Novembre 2025 da fedechiara
 

Del 'restare umani'. 02 ottobre 2016

'Stay human', si leggeva sulle t-shirt dell'estate e c'è da chiedersi che significa, di questi tempi, 'restare umani'. I 'buonisti' di ogni ordine e grado ci propongono, da decenni, una loro ricetta pietosa, ma gli effetti collaterali di quei loro farmaci misericordiosi e densi di 'accoglienze' universali fanno rizzare i capelli in testa e fanno andare i pensieri agli attentati di Nizza e Parigi e Bruxelles e alle integrazioni impossibili delle città europee in affanno immigratorio e alle rivolte urbane dei neri americani che catalizzano la protesta della 'white America' e, forse, ci consegneranno la sorpresa dell'elezione del 'nazista dell'Illinois' alla presidenza degli Stati Uniti d'America. Chi vivrà vedrà.
La realtà degli uomini e delle donne, in verità, è talmente sfaccettata e contraddittoria che alcuni le preferiscono lo 'stay animal' – e, di conseguenza, fioriscono i siti animalisti sui vari 'social' e le foto di animali dolci e coccolosi e carezzevoli e 'pelouche' straripano su facebook e si sostituiscono a quelli delle persone. E oggi i cani domestici vengono chiamati 'Renzo' e 'Luisa' e 'Jerry' e passa i suoi guai sui 'social' chi denuncia il troppo che stroppia e il pesante impatto igienico e ambientale che ha il loro aumento esponenziale nelle nostre città di pietra e asfalto lavate solo dalle piogge d'autunno.
E ieri guardavo e ascoltavo con grande attenzione il docu-film 'Human' di Yann Arthus Bertrand: sintesi di un lavoro immenso di 2000 e passa interviste all over the world a persone le più varie e diverse e quasi tutte male in arnese e sofferenti e poveri in canna e condannati a morte nelle prigioni americane e mi veniva naturale, di riflesso, provare il mio pensiero in una faticosissima sintesi su cosa è umano e cosa no - e umano, a quanto si mostra nel film, è sia il male che commettono i criminali che poi si ravvedono una volta imprigionati e in attesa di esecuzione, sia la follia dei dettati religiosi quale si mostra nel film: con le immagini delle folle oceaniche della festa del 'kumbh mela' in India e le prostrazioni di massa e l'ipnotico fluire dei fedeli islamici intorno alla 'kaaba' a La Mecca. Maledetto oppio dei popoli e incubatrice di conflitti spaventosi quali quelli che hanno portato alla nascita dello stato islamico e ai 'radicalizzati sul web' che tanti morti hanno lasciato sulle nostre strade e piazze.
E il regista si dice profondamente rispettoso di quelle follie oceaniche e delle ipnosi della varia e diversa religiosità che affligge come una malattia incurabile la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, ma tace sulle migliaia di morti che quei raduni insensati hanno provocato nei secoli e non prende in nessuna considerazione il possibile governo di quel caos che pure dovrebbe essere preoccupazione massima degli amministratori della cosa pubblica cittadina e nazionale.
Una naturale propensione a tutti assolvere e perdonare, quella di Arthus Bertrand, che fa a pugni con il ritorno dei despoti e dei tiranni e dei pretesi 'fascisti' sulla scena mondiale e con la richiesta che viene dalla 'pancia' degli elettori di moltissimi paesi di sicurezza e ordine.
E da tutta la lacrimosa e dolorosa ritrattistica umana di quel film si evince che nessun governo del caos è possibile e auspicabile con pugno di ferro, bensì che dobbiamo accettare il medioevo di ritorno che affligge i paesi dell'Occidente sotto arrembaggio e invasione dei nuovi poveri delle economie globalizzate e dei conflitti che ne nascono.
Restare umani, di fronte a questo orizzonte di futuro di invivibilità e di necessarie frontiere blindate e difesa della nostra residua ricchezza di figli dell'Occidente evoluto è davvero molto difficile.
 
 
 
 
 

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