Creato da fedechiara il 14/11/2014
l'indistinto e il distinto nel suo farsi
 

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Messaggi del 30/11/2018

Stellato fisso. Le ubbie del venerdi mattina

Post n°696 pubblicato il 30 Novembre 2018 da fedechiara
 

Ho una zucca sopra il frigo, ricordo (di già! Tutto si fa ricordo e rimpianto già dal giorno dopo.) di quella festività di importazione che risponde al nome di Halloween. Che mi è simpatica solo per l'ostinazione di Linus (il bambino con la coperta sulla spalla) a voler credere nel Grande Cocomero malgrado l'evidenza che una zucca è una zucca bella della sua scorza rugosa e variamente colorata e nient'altro. 
Ma non crediamo anche noi alle strane fole tramandatesi di bocca in bocca nella Storia e di concilio in concilio e da Profeta a imam che ci parlano di una arcigna o amorosa Presenza nascosta di là delle nubi – ma chissà dove è emigrata, dopo che la bella e azzurra stratosfera è stata violata dalle astronavi e i piloti ci hanno raccontato che c'è solo un immenso stellato fisso di là del Cielo più una quantità di 'buchi neri' e di 'materia oscura' e nessun Dio provvedente barbuto e col ditone puntato a incontrare l'Uomo – questa bestia mai redenta che uccide e decapita e si fa esplodere in mezzo alla folla invocando (bestemmiando) il suo Nome.

Ma è della zucca che vi voglio parlare – del fatto che giorno dopo giorno si sgonfia e si ritira nella sua scorza e non vuol rassegnarsi a marcire e si bitorzola e mostra le rughe impietose e tutti gli altri segni di un invecchiamento che mi è specchio del mio avventurarmi (anch'io! Ma proprio non si danno le virtuose eccezioni!? Ma non avevamo creato Dorian Gray e il suo specchio nascosto in soffitta alla bisogna?), mi avventuro, dicevo, dentro il cono d'ombra della senilità e, come tutti sappiamo, non è un bel vedere e sentire del corpo – questo nostro fragile involucro e bozzolo di un'anima che vagheggiamo ma che è come l'araba fenice: 'Che ci sia ciascun lo dice, dove (cosa) sia nessun lo sa'.

E la Morte, la 'sorella nostra Morte corporale' di Francesco (il Santo dugentesco, che avete capito!) saltella qua e là nel campo come una giovinetta sventata e inconsapevole e coglie ora un robusto filo d'erba, ora un fiore in boccio - e ancora non ha voluto raccontarci il perché delle sue maledette predilezioni di raccolta: che lasciano in vita a macerare stanchi ottuagenari e castigano chi ancora non è sazio di vedere la luce nuova dei giorni e anni futuri.

E il mondo dei morti è il nostro futuro ed è fitto delle ombre dei trisavoli e degli uomini di genio e dei milioni di soldati che hanno fecondato col sangue i campi di battaglia dell'Europa e del vasto mondo preda dell'odio religioso e delle insane passioni di conquista ed egemonia e sopraffazione - e davvero la Vita Eterna di tutta quella gente in attesa di illusori ricongiungimenti è astratta metafora rovesciata dei vari e diversi viaggi nell'oltretomba degli Eroi omerici e virgiliani e dei Poeti. 
E chissà cosa ne scriverei io se mi ci avventurassi, magari un reportage scanzonato e chi s'è visto s'è visto e quel che è detto è scritto. 
Il futuro è nostro, bella gente. Viva la vita che muta e che è bella malgrado i suoi quotidiani orrori e le sempre più rare bellezze - e la Grazia che non si incontra più da lunga fiata per le strade e nelle piazze e nei pittorici boschi dove si 'allacciano i malleoli', ma rileggiamoci l'Odissea e l'Eneide e la Commedia, e le altre poesie, di quando in quando, che sempre ci insegnano cose nuove e 'profonde' ed esemplari ad ogni nostra visita.

E' lunedì e, a volte, non sempre, mi fa questo effetto, è grave, dottore?

 
 
 

Peace and love

Post n°695 pubblicato il 30 Novembre 2018 da fedechiara
 

Peace and love 30/11/2017

E nel bel padiglione liberty dell'Ungheria si accoglie l'inno di speranza e l'auspicio di tutti noi del vivere in pace rielaborato da Gyula Vàrnai – che già il 'papa buono' nel 63 lo auspicava in latino colla sua 'pacem in terris' in cui si prediceva per tutti i viventi un futuro di giustizia, verità, amore e libertà, sempre smentito dai fatti e gli eventi a seguire. E il 'peace and love' dei movimenti hippies e floreali e 'rock and roll' è argomento canonico - sempre ferocemente contrastato, in verità, da tutti i cattivoni del mondo che fanno a gara per dircelo satanico e infernale e affetto da ogni e peggiore male, dal Vietnam alla Cambogia di Pol e compresa la presente minaccia atomica del 'rocketman' Kim Il Sung vanamente contrastata dal suo competitor americano. 
E sappiamo, ahinoi, che 'il peggio non è mai morto' e che perfino la tragedia antica dei 'popoli del mare' che distrussero le civiltà mediterranee millenni or sono si ripropone oggi con rinnovata virulenza - e siamo più indifesi che pria perché i decenni di malata e incessante predicazione e sentire buonisti in Occidente vengono usati dai popoli affluenti sui barconi come grimaldelli per scardinare le frontiere un tempo difese manu militari e oggi vanificate e liquefatte dall'insania misericordiosa diffusa del 'accogliamoli tutti', malgrado le economie fragili e i conflitti sociali annunciati e i cosiddetti 'populismi' rabbiosi che montano ad ogni tornata elettorale in parallelo col crescere della follia buonista accogliente.
Però va bene, l'Arte viva non poteva mancare l'appuntamento coll'inno e la canzone e l'invocazione maggiormente gettonata nell'ultimo mezzo secolo e il vivere in pace, in fondo, non è così male e chissà che non si trovi, prima o poi, l'algoritmo giusto a cui fa cenno e riferimento Gyula Vàrnai nella sua mostra per convincere tutti, Kim Il Sung incluso, che tutto funzionerebbe meglio se proiettato in un orizzonte di pace. 
Amen e così sia.

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