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Messaggi del 03/07/2020

Come ti gabbo lu santu qui a nord

Post n°1286 pubblicato il 03 Luglio 2020 da fedechiara
 

Già gabbato lu santu.

Non ci hanno messo molto i popoli nordici 'frugali', gli stati-formiche - che condannano le cicale del sud Europa a 'fare da soli' (domandona: e l'Europa che ci sta a fare in questi casi?) - non ci hanno messo molto a tirarsi indietro e fare fronte comune per obbligare gli stati-mendicanti, l'Italia in primis, a usare del maledetto Mes (denaro in prestito e controllo stretto e feroce della Trojika al seguito) e smettere, di conseguenza, il sogno fradicio di un 'recovery fund' stellare post pandemia che salvi le economie al collasso.

Non si sarà nessun 'recovery fund' a settembre, controllate le dichiarazioni di Rutte (Olanda) e della Merkel e del famigerato Dombrovskis, angelo guardiano con spada fiammeggiante di un paradiso perduto (l'Europa solidale) alla quale versiamo, di contro, dei sonanti miliardoni che ne foraggiano le varie e diverse attività degli stati membri.

Lu santu patrono della pandemia e del collasso dell'economia è stato gabbato pubblicamente con grandi titoli sui giornali senza neanche aspettare che si spegnessero tutti i focolai residui del corona virus perciò, per tutti coloro che si mettessero in questo momento in lettura, passi lunghi e ben distesi verso un futuro di btp nostrani e apertura di una vertenza seria e severa che ipotizzi e/o realizzi una 'italexit' prossima ventura – con conseguente cambio di governo in corsa a settembre.

E chi ha fantasia e competenza per proporre azioni di governo forti e capaci di far decollare una economia di guerra si faccia avanti. Non è più tempo di promesse stupide e raccomandazioni ecumeniche. I 'padri fondatori' di una tale Europa in evidente declino e inadeguatezza a far fronte alle emergenze si rivoltano nella tomba.

SCENARIECONOMICI.IT
Oggi qui vogliamo da un lato dirvi, chiaramente, perché la Germania vuole imporre l’applicazione del MES e quindi mostravi come un giornale sia disposto a raccontare una marea di palle...
Ieri accadeva - 3 luglio 2015 · 

Estati e autunni (per le primavere si vedrà)

C'è di buono, nella crisi greca, che, comunque vada, potremo anche noi (e la Spagna e il Portogallo e la Polonia e chiunque avrà grossi problemi di economie in declino) 'fare come i greci'. Si è 'creato un precedente' che peserà per sempre nell'incerto futuro di quell'accozzaglia di paesi l'un contro l'altro armato che ci ostiniamo a chiamare 'Europa'.

Chiederemo, perciò, all'Europa, alla Trojka, al Fondo Monetario internazionale, comunque vadano le cose da lunedì post diluvio referendario di 'salvarci': di concedere ulteriori aiuti alle banche, ristrutturare e/o cancellare (meglio la seconda) il debito che abbiamo verso di loro perché, altrimenti 'l'Europa affonda': parola di Stieglitz (premio nobel), di Noam Chomsky (che va su ogni pietanza, come il prezzemolo e Cacciari), parola di quella dozzina di padri nobili della sinistra internazionale che non ne hanno azzeccata una, ma va loro dato atto che la situazione internazionale è complessa e sempre in divenire.

Perciò non fasciamoci la testa prima di averla rotta, chi vivrà vedrà e, per certo, 'i cocci saranno nostri' – rivisitiamo i proverbi e i detti popolari, fonte di suprema saggezza.

E, se è vero che l'Isis incalza e sostituisce i suoi morti con altri zombies provenienti da ogni dove del pianeta globalmente impazzito e mette l'assedio ad Aleppo (e molti e vieppiù saranno i profughi sparati di qua e di là in Europa) – se è vero che sarebbe meglio chiudere le radio e le tivù che fanno informazione e non leggere più i giornali bensì i libri perché altrimenti ci deprimiamo e pensiamo che il mondo sia avviato alla sua prossima distruzione e immensa catastrofe abbiamo, però, luminosi esempi, nei documentari di Rai Storia, ad esempio, di come non si stava poi così male durante il primo e il secondo conflitto mondiale e che, insomma, 'il peggio non è mai morto', ma 'in qualche modo abbiam vissuto'.

E rispolveriamo, in finale, l'Ungaretti de: 'Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie' e subito sapremo qual'é il nostro posto nel mondo e nel futuro prossimo. E ci sentiamo rincuorati da tanta struggente poesia dell'esistere precario.

Prendete su la borsa, sentite ammé, stipatela di asciugami e costumi e andate al mare con la settimana enigmistica infilata sulla tasca esterna. E provate a indovinare la quinta verticale: sei lettere per dire: 'animale veloce che mette la testa dentro la sabbia per non vedere quanto gli accade intorno'. 
Non fermate il cervello ogni cinque minuti, fate la settimana enigmistica, foglioline mie belle.

Nessuna descrizione della foto disponibile.

 
 
 

A coloro che verranno

Post n°1285 pubblicato il 03 Luglio 2020 da fedechiara
 

03 luglio 2014  - guerra di trincea

 

E sarà che mio padre aveva dalla sua quella condizione specialissima di sopravvissuto - che, dopo, se sopravvivi, ti senti immortale e puoi tuffarti da una piattaforma di cento metri di altezza a testa in giù e, quando riaffiori, hai un sorriso stampato in faccia e ti avanza di fare l'occhiolino a chi non ti credeva capace.
E quando mi diceva: 'Un fià de guera ve voria' capivo bene la mia/nostra condizione di giovanotti privilegiati assolti dalla guerra e nessuna 'prova di iniziazione' mai da affrontare e uscirne vittoriosi e temprati nello spirito. Mollaccioni, eravamo, che delle bistecche di rosbif staccavamo i nervetti e li lasciavamo sul piatto - lui che era stato protagonista, invece, di una sua privata anabasi e, dopo l'otto settembre, se ne era tornato dalla costa atlantica a piedi e sui carri merci e sui cassoni dei camions scassati e, una volta a Venezia, aveva passato mesi a nascondersi in soffitta da suo cognata e correva di tetto in tetto per nascondersi alla vista dei fascistoni incattiviti della repubblica di Salò che reclutavano a forza i disertori e minacciavano di morte le famiglie che li proteggevano.

E quando ascolto i reportages dal passato che si commemora in questi giorni della guerra di trincea che hanno vissuto i nonni e i bisnonni - quel loro vivere nel fango e nel rigore dei ghiacci dolomitici e, coi guanti sbrindellati e le pezze ai piedi, trovavano il tempo di scrivere lettere alle famiglie e alle spose promesse di straordinario nitore e bravura di giovani scrittori in erba. E in gioco era la vita: ad ogni ora del giorno, ad ogni passo che facevi e dimenticavi di abbassare la testa, sentivi il fischiare di una pallottola del cecchino appostato da ore – o non la sentivi, bensì un dolore acutissimo che ti trapassa l'elmetto e il cranio e ti precipita nel buio e ti ritrovi col nome stampato e il grado su una lapide nei 'cimiteri di guerra'.

E quando ascolto quei reportages delle generazioni perdute mi ci immedesimo e li faccio miei e capisco bene il senso dei versi di B. Brecht: '(…) voi che siete emersi dai gorghi / in cui siamo stati travolti...' e l'amarezza dell'invito che ci rivolge, - a noi sopravvissuti, 'a coloro che verranno' - di ricordarli tutti, un'intera generazione, di milioni di morti e nemici involontari e per caso.

Ricordarli con la necessaria pietas e misericordia. E ridare loro, nei pensieri dolenti, l'effimera vita di un ricordo e di una sentita commemorazione. Amen e cosi sia.

 

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