Creato da fedechiara il 14/11/2014
l'indistinto e il distinto nel suo farsi
 

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Messaggi del 25/05/2023

I viaggi della memoria.

Post n°2598 pubblicato il 25 Maggio 2023 da fedechiara
 

La memoria e l'infinita vanità del Tutto. (I viaggi della memoria - 1) - 25 maggio 2022

L'entropia degli universi fa il suo sporco lavoro non vista anche nei luoghi della memoria – e le lapidi del piccolo cimitero sono ricoperte da una marea di fiori primaverili indenni dalle prime sfalciature - ed è tutto uno sbuffo e nuvole di colori diversi che cancellano infino la memoria della gente che qui ho conosciuto in gioventù e di un amico che fu 'pieno di vita', ricordo, e per lui questo fu il luogo di una sua rinascita personale e del ritorno in salute, fuggito dai guasti della vita cittadina.
E il torrente delle chiare, fre(sch)dde e dolci acque è ridotto a un rivolo che ti stringe il cuore, e la piscina prossima alle case coi luminosi sassi del letto su cui si scivolava - e ne fuggivano gli avannotti sottostanti e strappavano grida alle bambine che vi sguazzavano eccitate e infreddolite - è asciutta.
E, al mio arrivo, le case dalle imposte tutte chiuse sembravano annunciare quella magica sospensione temporale che può durare decenni dei villaggi abbandonati – fino al primo crollare dei tetti e all'emergere glorioso delle chiome degli alberi le cui sementi hanno trovato spazio di terra tra i mattoni interni e le piastrelle delle cucine e dei salotti: la vita vegetale e i funghi che già ci hanno preceduti sulla crosta del pianeta e ci seppelliranno, sia pure sotto un poetico mare di fiori e di foglie.
E le chiazze di verde chiaro dei prati intorno alle malghe in quota sono scomparse sotto l'urto della marea verde e solo il trionfo delle foreste a giro di orizzonte sui bassi monti circostanti ancora resiste alla meticolosa triturazione delle cose figlie del Tempo - e le edere si avvolgono coi loro resistentissimi peduncoli intorno ai cartelli stradali e cancellano i nomi dei borghi.
E mi vengono in mente quei versi che avevo mandato a memoria - che l'amico risanato mi sollecitava a ripeterglieli come il refrain di una canzone mentre percorrevamo i sentieri alla ricerca dei funghi di cui eravamo ghiotti - ma oggi mi suonano come tombali sentenze sulla sua lapide e la avvilente fotografia che lo deforma ed ho faticato a trovare seppellita dal giallo e dal celeste chiaro dei fiordalisi:
...per montagna e per valle,
per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
al vento, alla tempesta, e quando avvampa
l’ora, e quando poi gela,
corre via, corre, anela,
varca torrenti e stagni,
cade, risorge, e piú e piú s’affretta,
senza posa o ristoro,
lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
colá dove la via
e dove il tanto affaticar fu vòlto:
abisso orrido, immenso,
ov’ei precipitando, il tutto obblia.
Tale è la vita mortale, vergine Luna che sovrasti il monte, indifferente agli affanni di noi erranti pastori.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante attività all'aperto e monumento

 
 
 

Il Lampione, la rana e Magritte.

Post n°2597 pubblicato il 25 Maggio 2023 da fedechiara
 

Il Lampione e la rana a testa in giù. 25 maggio 2013

La nostra mente è un sistema fragile e complesso che ha bisogno di continue rassicurazioni e conferme per non 'andare in tilt'.
E ci alziamo dal letto la mattina, - dopo aver lasciato andare il cervello per gli sconosciuti sentieri del sonno e dei sogni e ancora in preda alle sottili angosce che da quel disordine notturno ci derivano – cercando con gli occhi gli oggetti di sempre e le persone di sempre e i dialoghi, forse noiosi, ma rassicuranti che ci confermano che il mondo ha ancora una sua riconoscibilità e praticabilità pur nelle mille quotidiane mutazioni.
E ieri ci è stato restituito lo storico Lampione di Punta della Dogana, nostra fioca luce nelle nebbie lagunari e nei crepuscoli che ci rassicurava, magrittianamente, che una luce sempre si accende prima della notte ed è barlume che ci rassicura che ancora, noi esseri umani, dominiamo gli eventi di natura e nessuna notte mai scenderà sui nostri occhi, come l'Ultima che ci impaura - e contro le sue angosce abbiamo inventato le leggende della Luce delle Anime nel Tempo che sempre ritorna circolare.
E non ne potevamo più di quel biancore arrogante del ragazzo troppo cresciuto che ci beffava colla sua rana tenuta per la zampa a testa in giù - ed era attrazione turistica che ci confermava che tutto ormai, a Venezia, si fa per 'stupire i borghesi'; e ci inventiamo i tristi Carnevali fitti di 'eventi' triti e ritriti pur di riempire oltremisura questo piccolo arcipelago tenuto insieme da ponti fragili e animato da chiese che si riempiono di 'fedeli' solo in occasione di un funerale.
Città di fantasmi e ammuffiti gabbiani, Venezia è una sfida alla storia e alla storia dell'arte. Cambia tutto perché nulla cambi e tutto il suo vecchio di palazzi e campanili e chiese è teatro biennale del nuovo delle menti degli artisti che sono vecchi e 'classici', già alla prova della Biennale che verrà.
Però quel Lampione storico lo abbiamo fortemente voluto al suo posto, dopo lo scippo degli arroganti sindaco e assessori 'novatori', ed è, forse, la sola 'cosa nuova' che ha fatto questo sindaco e la sua amministrazione in tanto vecchio andare di tempi grami e visioni indecorose di una città che, anno dopo anno, diciamo sempre meno nostra.
Di residui e afasici cittadini, intendo.
Nessuna descrizione della foto disponibile.

 
 
 

Quando i populisti assediarono il Quirinale

Post n°2596 pubblicato il 25 Maggio 2023 da fedechiara
 

I plebei alla presa del palazzo d'Inverno. - 25 maggio 2018

Continua l'aspra battaglia del partigiano Sergio, asserragliato nel bunker del Quirinale con in mano il mitra costituzionale con il quale intende stendere uno alla volta tutti i ministri nominati da Conte/Di Maio/Salvini che, a suo insindacabile giudizio, non rispondono ai requisiti di fedeltà all'Europa e ai suoi burocrati - anime morte che, dall'Olimpo di Bruxelles, continuano a dirci: 'Guai a sgarrare sui conti pubblici e a dare al popolo ciò che è del popolo.'
Perché, prima, bisogna dare al dio-Europa quel che spetta agli dei austeri e vendicativi: il sacrificio di uno sviluppo possibile che otterremmo in barba alle regole dei rigidi trattati (che lo stesso Renzi e Padoan dicevano di voler ri-negoziare, ma furono ridotti a più miti consigli) – quei trattati che sono corresponsabili della lunga crisi economica dalla quale faticosissimamente proviamo ad uscire.
E quello che il partigiano Sergio si ostina a non voler capire è che la forma non è la sostanza – e i suoi minuetti istituzionali e i suoi 'poteri di indirizzo' con i quali sgrida e rampogna i rozzi parvenus e i plebei sono destinati ad infrangersi su nomi che sono consoni al contratto di governo sottoscritto da Lega e Cinque Stelle.
E se Salvini si impunterà su Savona ha la sue buone ragioni di indirizzo di un governo prossimo venturo e suo legittimo desiderio di mandare a dire a Bruxelles che 'qualcosa è cambiato' in Italia – ne prendano atto quelle anime morte olimpiche e se ne facciano una ragione di aver perso il consenso del gruppo di Visegrad, dell'Austria, della Gran Bretagna e dell'Italia, di qui a poco.
E giova ricordare, con Pitagora, che 'tutto è numero' – e sono i numeri della maggioranza di governo quelli che contano; e non si può inserire in una squadra affiatata e coesa sul programma e sul contratto stipulati un nome dissonante e gradito al Quirinale, destinato a suscitare conflitti e ad essere espulso, prima o poi, dal nuovo governo per fallo di ostruzione.
Per tutto quanto suesposto ci appare questione di lana caprina l'insistenza di Mattarella su cosa spetta a lui come potere di indirizzo e la insistente richiesta di allinearsi ai diktat dell'Europa.
Il rischio che corre è che salti tutto e si vada a un durissimo scontro in parlamento e a nuove elezioni, in barba a tutte le sottigliezze costituzionali da lui sollevate e dal suo cerchio magico di giornali e televisioni amiche e di obbedienza renziana.
E l'esito – sono facile profeta – è che questa maggioranza di plebei e di parvenus che non intendono i suoi minuetti costituzionali ne uscirebbe ulteriormente rafforzata e il cedere le armi e la resa senza condizioni diventerebbero inevitabili, in una seconda tornata di consultazioni.
Speriamo che il week end porti più saggio consiglio dentro al bunker dei resistenti.

26 maggio 2018
E adesso, pover'uomo?
E' difficile immaginare il partigiano Sergio con in mano il mitra ancora fumante con il quale ha abbattuto l'intruso Savona – e ci evoca le immagini tragiche di Allende assediato all'interno della Casa Rosada – ma qui le parti in commedia sono rovesciate e si recita una commedia degli equivoci e la Costituzione è usata dal partigiano Sergio come clava per fermare il governo dei nuovi barbari e plebei che lo assediano e semplicemente gli fanno notare che una squadra di governo coesa deve essere fatta di uomini di 'comune sentire' col programma e contratto di governo; ed è difficile fargliela capire agli italiani che chi ha ottenuto i voti non può procedere oltre per 'vizio di forma'.
Ed era facile prevedere che anche la forma costituzionale avrebbe subito uno stravolgimento sotto i colpi dell'avversa fortuna elettorale e, se si andrà al braccio di ferro in parlamento e, di nuovo, alle urne perderà chi si aggrappa a una forma vuota e foriera di conflitti istituzionali – e chissà se, alle consultazioni prossime venture con la Lega al 30 per cento e il M5S pure non avremo la ventura nuovissima di un presidente della repubblica che si dimette mitra fumante alla mano pur di 'no pasaran.'
E colui che, in una vignetta malevola – all'epoca della sua contrastata elezione - veniva raffigurato in veste di ficus beniaminum di Renzi poggiato sul balcone del Quirinale si rivela essere invece un solido palo costituzionale – di quelli che il Giusti avrebbe detto 'messo lì nella vigna' per sorreggere la fragile impalcatura costituzionale che dovremo seriamente ripensare e modificare sul punto dei leziosi minuetti che si ballano negli storici saloni condotti da chi, chi chi chi, chichiricchichi.
Tempi duri per gli ingessati presidenti in gessato quirinalizio. Chi vivrà vedrà.

 
 
 
 
 

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