NEL VENTO

Post N° 368


Dal parapetto del molot’affacciavicon l’ovazione delle tue gambe larghe,come a cercare la voce di quei pesciche corrono a finire gli avanzi di cambusa.Sarà che il sole torniva,sopra l’acqua, riccioli in lucemonelli e ballerini;e che un refuso d’arancia t’umidiva le labbra d’aria e salema alla ringhierail tuo pube, luccicavacome un ottone di lussoun battiporta,dove infilarci la mano per chiamaree dirti che n’ho nulla di meglioche toccarti,che raccontarti d’oltracqua turcae chiara.Siamo rimasti impigliati nella seratra cento e più cappelli di pagliasul battello;le lingue dell’infernosucchiavano alle palee dopo spinte e salite, fu il tuo marelontana, ormai la terrasdraiava come un canenella canicola dei glicini, e del grano;premuto, io cercavo, di chiuderti l’odoreprima che il ventote lo portasse via                                         m. botturi