Nettuno - parte quarta
Legato al ciclo di Eracle è un altro
figlio di Poseidone, chiamato Sileo, che probabilmente aveva per fratello Diceo,
ossia "il Giusto", cioè di nome e di fatto l'opposto del fratello. Questi era
infatti il crudele padrone di una vigna, in Tessaglia, e costringeva i passanti
a lavorare per lui, prima di metterli a morte. Eracle, ricevuto l'ordine di
punire Sileo, si mise al suo servizio ma, invece di accudire le viti, devastò la
vigna e uccise lo stesso Sileo con un colpo di zappa. Poi si innamorò della
figlia di lui e la sposò ma, di lì a poco, dovette assentarsi e la giovane morì
per il dolore del distacco. Lo stesso Eracle fu trattenuto a forza dal gettarsi
sulla pira funebre dell'amata moglie. Come si è visto, molti dei figli di Poseidone avevano, come
caratteristica comune, una mostruosa forza bruta. Così Amico - il Gigante nato anch'egli dal dio del mare, che aveva
inventato il pugilato e il cesto, e regnava sui Bebrici in Bitinia - metteva a
morte, prendendoli a pugni, gli stranieri che approdavano nella sua terra.
Quando vi sbarcarono gli
Argonauti egli li sfidò in combattimento; Polluce accettò la
sfida e, con la sua prontezza e abilità, riuscì vincitore sulla violenza del
gigante. La posta della lotta era che il vincitore avrebbe ucciso l'avversario,
ma
Polluce si contentò di far
promettere ad Amico, vincolandolo con un solenne giuramento, di rispettare in
futuro gli stranieri. E lo stesso loro padre, forza benevola e generosa per gli uomini che
lo onoravano e ne temevano la collera, quando si scatenava incarnava una
violenza primitiva e incontrollabile. Tanto che al mare in tempesta, le cui onde
battono le coste facendo tremare la terra, veniva legata un'altra prerogativa di
Poseidone, quella di scatenare i terremoti. I poemi omerici ci narrano di Poseidone che insieme ad Apollo costruì
le mura inespugnabili di Troia, per ricompensare il re Laomedonte della sua
ospitalità. Ed è anche ben nota l'irriducibilità della sua ira nei confronti di
Ulisse, che gli aveva
accecato il figlio Polifemo, e che egli ostacolò continuamente nel lungo viaggio
di ritorno in patria, malgrado gli interventi a favore del suo protetto di Atena
e dello stesso Zeus. I Greci, grandi navigatori, ovviamente avevano un particolare culto
per la massima divinità marina. Non vi fu luogo o città della Grecia dove non
venissero innalzate statue o templi per il dio che squassava le onde col
tridente. Gli fu costruito un tempio sull'istmo di Corinto e là si svolgevano i
giochi Istmici, ai quali accorrevano tutti i Greci. Gli si intitolavano anche
città, come
Paestum,
nell'Italia meridionale, che nacque come Posidonia, ossia città di
Poseidone. Poseidone è anche legato a tutte le sorgenti e alle acque che
scorrono sulla terra, e come signore dei cavalli era particolarmente venerato
nella Tessaglia, famosa per i suoi allevamenti. Si ritiene che sia il culto di
Poseidone che il cavallo provenissero dall'Anatolia; e la figura di Poseidone
trova strette analogie con delle divinità sumeriche, che esprimevano profezie
collegate al mare.
Nettuno
sul carro trainato da
Ippocampi. Mosaico, III sec. d. C., dalla villa dell'Uadi
Blibane. (Sousse, Tunisia, Museo archeologico). (
Donati e
Pasini, 1997)..