~ Figlia del mare ~~

Diplomarsi in Playstation


Il gioco vale una carrieraL’anno prossimo il primo corso per “periti in videogames”
TORINOGrugliasco, Torino, ore otto di una mattina qualsiasi all’Istituto Tecnico Majorana. Soliti corridoi, solita campanella che spedisce tutti in classe. Il professore entra e si siede alla cattedra. «Un po’ di silenzio, cominciamo lezione. Prendete le vostre PlayStation…». E’ l’ultima frontiera di quella che, in gergo scolastico, si chiama «autonomia didattica»: uno spicchio grande il venti per cento dei programmi di studio che ogni istituto può spendere come meglio crede. C’è chi balla, chi recita, chi parla lingue alternative. Al Majorana, dall’anno prossimo, chi vorrà potrà dedicarsi ai videogiochi. Proprio così. Studiarli in tutte le salse e diventare «perito informatico specializzato in grafica interattiva e videogames».Posti di lavoroI puristi della didattica forse troveranno l’idea un po’ eretica ma le ragioni del mercato dicono che alla fine, tanto bizzarra non è. Perché una crescita annua del 16 per cento del giro d’affari legato ai videogiochi (che sfiora i 750 milioni di euro) significa, non soltanto affari d’oro per le società che li producono, ma anche posti di lavoro. E gli esperti del settore, gente che sappia «inventare » videogame e programmarli, in Italia al momento sono quasi del tutto inesistenti. E per questo che, forte dell’autorizzazione a sperimentare nuove strade che l’Unione Europea le ha dato, insieme con le altre 39 scuole italiane Enis (European Network Innovative School), il Majorana ha deciso di dedicare un intero corso di studi alla formazione di queste figure. «L’idea è nata un po’ per caso durante tre giorni di “autogestione” - spiega Dario Zucchini, professore di informatica della scuola - Per impiegare il tempo ho proposto ai ragazzi che studiano informatica di “mettere le mani” dentro il programma di un videogioco. Abbiamo scaricato da Internet una versione libera di Quake2 e ci siamo divertiti a modificare personaggi, armi e durata del gioco. Tutti erano entusiasti. Così ci siamo detti: perché non farlo sul serio?».Fantasia,ma non solo«Sul serio» vuol dire, appunto, dedicare il venti per cento delle ore di lezione - o del famigerato «carico didattico» - al passatempo numero uno degli adolescenti. Materia per materia, dall’informatica all’italiano. «Sì, anche l’italiano - commenta Zucchini - Perché per inventare la trama di un videogame la fantasia non basta. Ci vuole una conoscenza approfondita di quelle pagine della letteratura da cui possono nascere i personaggi e le storie dei giochi. Tutta la tradizione dei giochi di ruolo, per esempio».Opportunità all’esteroCon simili competenze, le opportunità di lavoro sono molte. Riservate però, almeno in questo momento, a chi è disposto a viaggiare. «Microsoft e Sony mandano in giro per il mondo i loro talent scout in ricerca di giovani esperti - conclude Zucchini - L’Italia non è all’avanguardia in questo settore: per il momento, ci limitiamo a tradurre giochi stranieri. Ma è probabile che nei prossimi anni le cose cambieranno. Oggi le società europee più importanti sono tutte all’estero. Non è necessario, però, andare lontani: ce ne sono di ottime anche in Francia».da LaStampa 5/12/2006L'idea non mi sembra per niente malvagia! In fondo è solo la "legalizzazione" di quella che è diventata una prassi a scuola: mentre il prof blatera di mitocondri e fasi lunari, l'alunno diligente gioca con la Play sotto il banco, ed ogni tanto solleva uno sguardo vacuo verso la lavagna. Facendola diventare materia di studio "curricolare", la Playstation perderà d'incanto tutto il suo fascino trasgressivo, e vedremo scolari che tengono sulle ginocchia il libro di Scienze e lo leggono avidamente, degnando solo di un'occhiata annoiata il prof che gioca a Quake da solo!