~ Figlia del mare ~~

Figli del mare


  I figli del re del mare Era il tempo in cui dei e uomini e spiriti e animali, si dividevano equamente i regni del cielo e della terra e sopra i rami di Yggdrasil il frassino, nidificava l’aquila. In quel tempo, dunque, negli abissi verdi e profondi che dell’Oceano viveva il re del mare, con la sua regina ed una schiera di splendidi figli, sani e vigorosi e belli e forti, tanto da riempire di orgoglio il cuore del padre con la loro esistenza. Nulla era paragonabile alla splendente gioventù dei maschi che gareggiavano fra loro, lottando per gioco fra la schiuma biancastra dei cavalloni. Nessun essere vivente eguagliava la grazia soave delle fanciulle, che danzavano sulla quieta superficie delle acque. Il re del mare viveva appagato e lieto nel suo regno d’acque e silenzi, in quel tempo sereno, e gli abissi profondi lo nascondevano all’invidia di uomini e dei. Venne, però il tempo della sofferenza, quando la buona regina morì come ognuno muore, e il mare si fece di lacrime per il dolore del suo re e dei suoi figli. Pianse a lungo il re del mare, piansero i giovani e le fanciulle, poi fu necessario trovare al vedovo una nuova sposa, perché non rimanesse senza una regina. Fu scelta, allora, una donna fra coloro che abitavano la superficie, una donna di grande bellezza, esperta nel parlare con gli spiriti della terra, delle acque e del cielo. In un primo tempo la donna del popolo degli umani fu conquistata dai bei figli del re del mare e, per amore del marito, li accudì e si preoccupò del loro benessere. Quando, però si accorse di portare un figlio dentro il grembo, prese a malvolere i giovani figliastri, poiché desiderava che solamente il suo fra tutti i figli del re del mare, ereditasse il regno degli abissi profondi. Strega potente qual era avvolse i figliastri con una malia, mutò il loro aspetto cambiando in pinne le loro braccia, unendo in una coda le loro gambe. Fece bruna e soffice pelliccia della serica pelle delle fanciulle, diede zanne possenti ai maschi e, perché non potessero lagnarsi con il padre del torto subito, rese inarticolati lamenti le loro parole; solo gli occhi, quelli, li lasciò immutati: bruni e dolcissimi e dolenti. Li cacciò, poi dagli abissi verso la superficie, condannandoli a dover respirare l’aria degli umani per poter sopravvivere ed andò a dire al re del mare che i figli erano morti, così come la madre. Ancor oggi i figli del re del mare corrono fra le onde lottando per gioco e le sue figlie nuotano con impareggiabile grazia sui fondali e nelle notti di luna piena vengono sulla riva delle isole a nordovest e si spogliano della loro morbida, bruna pelle per danzare nella luce biancastra.