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Mani innocenti sporche di sangue: una realtà che pesa su tutto il mondo


E l'Onu denuncia: uno su tre bambini soldato è una femmina Oltre 300mila bambini e adolescenti sono coinvolti nei confrlitti in corso in varie
parti del mondo: uno su tre è una femmina. Questo è il dato più recente, emerso da un rapporto dell'Onu di cui si sta parlando in questi giorni a New York al Palazzo di vetro, dove è in corso la sessione della commissione dedicata alla situazione femminile. Le conclusioni saranno pubblicate entro giugno, ma l'Ansa ne ha già diffuse alcune anticipazioni, già riprese da alcuni giornali on line.Se è vero che questo dato inquieta e sconcerta, va detto - almeno io ne sono convinta - che l'aspetto più preoccupante e grave di questo fenomeno è che ogni giorno in migliaia rischiano di essere arruolati, quasi sempre con la forza, e molti - anche se la maggioranza ha tra i 15 e i 17 anni - hanno meno di dieci anni.Ma torniamo al dato che tanto inquieta e sconcerta oggi. E' vero quella delle bambine - soldato è una realtà poco conosciuta e forse per questo ancor più drammatica. Già nel 2006 un rapporto di 'Save The Children' denunciava che nel mondo vi sono oltre 120 mila bambine impiegate nei conflitti armati. Una cifra che corrisponde al 40% di tutti i minori (300 mila) arruolati negli eserciti regolari e non. I Paesi in cui questo
fenomeno è più rilevante sono lo Sri Lanka, la Repubblica Democratica del Congo e l'Uganda. Ma il problema riguarda anche la Colombia, le Filippine, il Pakistan, la Sierra Leone, Timor Est, l'Angola, il Burundi, la Liberia, l'India, il Mozambico, il Ruanda e altri Paesi.Sull'argomento ho letto un libro interessante di Giuseppe Carrisi, giornalista di Rai International che ha realizzato reportage da zone di guerra, come la Palestina, la Sierra Leone e l'Uganda.Una delle realtà descritte da Carrisi che più mi ha colpita è quella che quotidianamente si consuma nello Sri Lanka. Il giornalista racconta che le ragazzine, spesso orfane, vengono reclutate sistematicamente dalla guerriglia delle Tigri di Liberazione del Tamil Eelaam dalla metà degli anni Ottanta. Si calcola che circa il 50% delle truppe Tamil siano donne e bambine, a cui viene dato l'appellativo di 'Uccelli della libertà'. Ma di situazione simili ce ne sono a decine. Nel nordovest dello Stato di Manipur, in India - ad esempio - le ultime stime, ferme al 2000, parlano di quasi 1000 bambine in forza ai gruppi armati locali, circa il 6-7% del totale dei piccoli soldati presenti nell'area. In Mozambico, durante il conflitto che ha dilaniato il Paese per sedici anni, dal 1976 al 1992, le bambine hanno combattuto sia a fianco del Fronte di Liberazione del Mozambico, un movimento filogovernativo, sia con i guerriglieri della Resistenza Nazionale Mozambicana. Le bambine - sono sempre informazioni raccolte da Carrisi - oltre a partecipare alle
azioni di guerra, rispetto ai loro coetanei maschi, hanno anche altri compiti: si occupano della sussistenza dei militari, lavorano come portatrici, raccolgono informazioni, fanno da corrieri e, soprattutto, vengono usate come 'schiave sessuali' e date in mogli ai comandanti. Drammatico il destino che accomuna molte di queste bambine, le quali vengono stuprate e costrette a portare in grembo il frutto della violenza. Il che costituisce un impedimento al loro reinserimento nella famiglia e nella società. La comunità di appartenenza delle giovani, in molti casi, si rifiutano di accoglierle e di aiutarle a causa del figlio illegittimo; oltre a queste difficoltà, le ragazze si trovano a dover affrontare da sole tutta una serie di problemi che diventano insormontabili: dai traumi psicologici e fisici, alle malattie trasmesse per via sessuale, soprattutto l'Aids. Inoltre, la violenza provoca danni anche al corpo in crescita delle adolescenti. A questo propostito, esiste uno studio condotto dall'African Psycare Research Organization nell'ospedale ugandese di Kiokwo, da cui risulta che le giovani che avevano subito ripetuti abusi sessuali durante la guerra soffrivano di problemi all'apparato riproduttivo, deformazioni uterine, complicazioni al ciclo mestruale, infezioni, nascite premature, aborti spontanei, sterilità fino ad
arrivare, nei casi più gravi, alla morte.Per molto tempo, però, questa realtà é stata dimenticata, sottovalutata. Soltanto recentemente si è cominciato a porre maggiore attenzione alla condizione delle donne nei conflitti armati. La svolta è arrivata con l'istituzione del Tribunale ad hoc per l'ex Yugoslavia (ITCY), nel 1993, e il Ruanda, nel 1994. Lo Statuto dell'ICTY, all'articolo 5, comma g, menziona esplicitamente lo stupro tra i crimini contro l'umanità, mentre quello del Tribunale di Arusha sul Ruanda elenca tra gli atti che lo stesso tribunale ha competenza di giudicare 'stupro, prostituzione forzata e ogni forma di aggressione sessuale'. Su questa scia, anche la Corte Penale Internazionale, entrata in vigore il 1 luglio del 2002, all'articolo 7, ha incluso i reati di violenza sessuale, comprendendo in questa voce lo stupro, la schiavitù sessuale, la gravidanza forzata e l'induzione alla prostituzione, tra i crimini contro l'umanità. Nel gennaio del 2004 la Corte ha avviato la sua prima inchiesta sugli stupri, le violenze e le persecuzioni compiuti dai ribelli dell'Esercito di Resistenza del Signore in Uganda, ed ha emesso le autorizzazioni di arresto per cinque leadres del gruppo armato, tra cui il capo indiscusso, Joseph Kony. Ma, nonostante questi importanti passi in avanti dal punto di vista giuridico, la comunità internazionale non è riuscita ancora a mettere a punto delle politiche di sostegno a favore delle bambine-soldato.