Creato da NeverInMyName il 09/11/2005

NeverInMyName

Gli orrori della guerra, una macchia sull'umanità. Per non vanificare il sacrificio di tante vittime, per non assistere inermi a un altro Vietnam, per non giustificare un'altra invasione come quella in Iraq. Per dire mai più a un altro Darfur: stand up togheter!

 

 

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Nuova strage di civili in Afghanistan: ma andare via è la scelta giusta?

Post n°431 pubblicato il 05 Marzo 2007 da NeverInMyName
 

Sono angosciata, preoccupata e confusa: abbandonare Kabul potrebbe scatenare un altro Iraq 

Aggiornamento alle 16,30 del 6 marzo: rapito un giornalista di Repubblica

immagineI talebani hanno annunciato che il giornalista rapito insieme a due collaboratori afgani ieri sera è Daniele Mastrogiacomo e "stanno verificando che non si tratti di una spia".
L'inviato di Repubblica in Afghanistan, che da alcuni giorni non contatta il giornali, potrebbe dunque essere davvero stato rapito. Non si può altro che aspettare e sperare...

Nove civili, un intero nucleo familiare, tra cui cinque donne e immaginedue bambini, sono stati uccisi questa mattina in un attacco dei militari Nato, in risposta ad un attentato suicida contro un convoglio americano di stanza nell'Afghanistan orientale. Questa ennesima tragedia si è consumata nella provincia di Kapisa, a nord di Kabul. Durante la battaglia con la guerriglia, l'artiglieria e gli aerei dell'Alleanza atlantica hanno colpito una casa, spazzandola via in un sol colpo. Intanto oggi in Italia inizia alla Camera il dibattito sul rifinanziamento delle missioni italiane. Ancora una volta assisteremo all'ipocrisia di coloro i quali affermano che i nostri soldati sono impegnati in un'operazione di pace. Ma quale pace... La guerra in Afghanistan non solo c'e' e continua più immaginecruenta e imperterrita che mai ma, come tutti i conflitti, fa stragi di civili, donne e bambini.
Detto questo voglio, però, chiarire che l'Italia non partecipa alle azioni di guerra, ma all'Isaf, la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza. Proprio per questo io ritengo giusta una riformulazione del nostro supporto alla popolazione afgana, ma non il rientro immediato.
E' chiaro che i dubbi sono tanti e comprendo la grande indecisione di alcuni parlamentari sul comportamento da tenere in aula. Finora coloro che hanno annunciato di votare no alla proroga della missione, accogliendo, tra l'altro, l'appello promosso qualche settimana fa da personalità importanti del mondo della cultura e del giornalismo, tra i quali Teresa Mattei, Alex Zanotelli, Vauro, Gianni Mina', Giorgio Cremaschi e Marco Revelli, sono in minoranza. Io ritengo che sarebbe molto grave se in Parlamento il no alla guerra venisse confinato in un'area immaginemarginale e ridotta: sarebbe una ferita democratica perché questo paese nella sua maggioranza non vuole la guerra e non vuole le truppe in Afghanistan. Ma è anche vero che si può pensare a un'alternativa, magari mandando più civili che possano aiutare la popolazione e facendo pressioni sull'Onu per ottenere una immediata conferenza di pace.
Abbandonare a se stessi gli afgani in questo momento significherebbe consegnarli ai Talebani, determinando la stessa situazione che oggi insanguina l'Iraq peggio di prima. Bisogna riflettere.
Ammetto di essere confusa e per questo vorrei parlarne con voi e sapere cosa ne pensate.

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/03/07 alle 13:19 via WEB
Comprendo i tuoi dubbi. Sono sempre stato contrario a ogni forma di guerra, ma ora ho anch'io delle grandi perplessità. Sinceramente se la situazione sfuggisse dal controllo e i talebani riuscissero a rimettere le mani sul paese, non credo che per gli afgani sarebbe un ben. Anzi. Ma sinceramente non saprei qualche alternativa sarebbe puiù giusta. Resto perplesso e preoccupato e soprattutto inutile. Romeo
 
toffee23
toffee23 il 05/03/07 alle 14:09 via WEB
Secondo me è il principio che è sbagliato. Non si può partire dal presupposto che è una 'missione di pace'... si tratta pur sempre di guerra!! Non esistono missioni di pace così formulate. Sì, lasciarli nelle mani dei talebani forse non è giusto, ma non credo neppure che tutte le nazioni impegnate in Afganistan 'per la pace' poi non ne abbiano un loro tornaconto. Insomma, alla fine per questi poveretti si tratta solo da chi essere sfruttati meno. E questo non lo trovo in nessun modo giusto :/
 
aupaz
aupaz il 05/03/07 alle 14:43 via WEB
quello che è giusto fare laggiù solo dio lo sà... se non ci via "ti sbatti le palle", se ci vai sei il "popolo invasore!"... se alzi le mani sei un assassino, se non ti difendi uccidono te e sei un "pirla"... è un bel casino... Certo, se fossi sicuro che non avessero interessi, allora algi americani stenderei tappeti rossi... in fin dei conti, senza loro, qui ora ci sarebbe ancora il baffetto di Adolfo a comandare... in fin dei conti, gli americani in giro per il mondo hanno mandato il loro giovani, e alcuni non sono tornati, innome di pace o per fermare guerre... Qualche motivo per muoversi devono averlo, altrimenti starebbero tutti a casa e all'estero chissenefrega... Non li colpevolizzo in toto, per dare giudizi bisognerebbe essere là, e non li invidio. Autobombe come funghi, gente che si fà saltare per aria... non sai mai da chi ti devi guardaree cda chi tenere distanze... Dare giudizi da qui è troppo facile secondo me, e inoltre non ci si azzecca quasi mai...
 
 
NeverInMyName
NeverInMyName il 05/03/07 alle 15:09 via WEB
Sono convinta anch'io che sia troppo facile giudicare stando seduti davanti a una tv o a un computer. Io so solo che - grazie al mio lavoro - ho avuto la possibilità di andare in Libano e vedere cosa di buono sta facendo l'Unifil in quel paese. E ti posso garantire che la gente dei comuni del Libano medirionale è ben felice di sapere che ci siano i caschi blu a presidiare la zona e a dare una mano a migliorare le condizioni di vita delle realtà più disastrate. Per quanto riguarda l'Afghanistan posso solo dire che decidere oggi su cosa sia meglio è davvero difficile, è un'incognita... ma ricordo bene che cos'era quel Paese con i talebani e non credo che la popolazione locale sarebbe felice di ritrovarsi nuovamente sotto un rgime. Grazie per la tua riflessione, diretta e sincera.
 
   
marea14
marea14 il 05/03/07 alle 22:56 via WEB
Libano ed Afganistan non sono paragonabili neanche lontanamente … sono due situazioni completamente diverse …
 
CheRomanoScanzonato
CheRomanoScanzonato il 05/03/07 alle 20:08 via WEB
Sai come la penso. La guerra è guerra, ma stavolta ammetto di essere anch'io molto perplesso. Ma le azioni e l'oppressione degli americani no, proprio non le accetterò mai. Quei civili li hanno uccisi senza scrupoli. Non è stato un incidente. Hanno sparato e bombardato su tutto e tutti, senza distinzioni. Sono solo degli sporchi assassini.
 
marea14
marea14 il 05/03/07 alle 22:54 via WEB
Proprio oggi il “Times” ha riferito che la Gran Bretagna ha intenzione di dispiegare (entro giugno) nuove bombe intelligenti, le Guided Multiple Launch Rocket System, che riescono a sparare 12 razzi per volta colpendo un'area di due metri intorno all'obiettivo … ma le bombe intelligenti non sono quelle che, sistematicamente, mietono vittime civili?
Non riesco a capire come si fa a dire che in Afganistan non c’è la guerra. La rappresaglia in cui sono morti 16 civili e il raid di oggi a nord di Kabul con i suoi nove morti civili (fra cui cinque donne e due bambini) sono, forse, “effetti collaterali” di un’azione di pace?
La verità è che abbiamo mandato 220 uomini a fare la guerra. Perché in Afganistan c’è la guerra e perchè la guerra sta per arrivare anche nell’ovest.
La violenza genera violenza e non ci sarà da meravigliarsi se aumenteranno gli attentati, se si moltiplicheranno i kamikaze, se aumenterà la diffidenza e l’astio della popolazione.
Si è stati capaci di far sorgere ed attecchire in terrorismo in Iraq (dove prima non c’era) … e adesso stiamo spingendo la popolazione Afgana a schierarsi con i talebani per ribellarsi agli stranieri … perché è un dato incontestabile che l’opinione pubblica afgana sta diventando, di giorno in giorno, sempre più insofferente verso le truppe straniere.
In Afganistan non c’è (e non c’è mai stata) la pace: 1.500 morti nel 2002, 1.000 morti nel 2003, 700 morti nel 2004, 2.000 morti nel 2005, 6.000 morti nel 2006, 590 morti nei primi due mesi del 2007 … sono cifre che parlano da sole, senza bisogno di essere commentate …
La missione militare in Afganistan si è trasformata in uno stato permanente di guerra ed è fallita completamente. Bin Laden e il mullah Omar sono uccel di bosco … e sterili slogan sono rimasti i “propositi” di portare la democrazia e lo sviluppo economico, di tutelare i diritti umani, di debellare la produzione ed il commercio dell’oppio, di ricostruire il paese, di diffondere l’emancipazione ed il benessere … nulla di tutto ciò è stato realizzato.
Questa guerra ha portato un solo risultato: migliaia di morti … anzi no, non ci sono solo i morti: ci sono anche i feriti, i mutilati, gli sfigurati …
A Kabul e' cresciuta la delinquenza comune, la prostituzione, il consumo di droga, l'aids, l'inquinamento, i prezzi sono saliti alle stelle …
Alla luce dei risultati di questi cinque anni ed in considerazione dell’attuale situazione in Afganistan, continuo a chiedermi che senso abbia stare ancora in Afganistan (in termini di risultati concreti, credibili e perseguibili realmente, e non come slogan da sbandierare, come si è fatto fino ad oggi).
È dal 1979 che, tra una vicenda e l’altra, in Afganistan si vive ininterrottamente insieme alla guerra … ed è dal 1979 che il risultato è uno solo: morti … si parla di un milione e mezzo di morti di cui un milione sono civili … vogliamo contribuire ad aumentare questo risultato?
“Gli Stati Uniti hanno abbattuto un regime criminale solo per sostituirlo con un altro regime criminale” ha affermato pochi mesi fa la parlamentare afgana Malalai Joya “La comunità internazionale deve smetterla di sostenere quei signori della guerra che per vent'anni hanno bombardato le nostre case, ucciso la nostra gente, calpestato i nostri diritti e rovinato le nostre vite, e che ora siedono al Governo e in Parlamento”
Già … l’Afganistan è un altro esempio che dimostra che la democrazia e la pace non si possono imporre con le bombe e l’occupazione militare.
D’altra parte, come ha spiegato anche il generale Fabio Mini, l’attività relativa alla missione in Afganistan è cambiata, per gli alleati USA, rispetto agli accordi originari. Invece, cioè, di espandersi in zone che dovevano essere già state pacificate e “bonificate” dai soldati statunitensi, oggi si è impegnati, a fianco (e al posto) delle forze USA, nella “bonifica” di queste zone, ovvero nella guerra ai talebani.
Diciamo che vogliamo fare una conferenza internazionale di pace? E che cavolo: facciamola e concentriamo tutte le nostre forze lì, togliendole (magari gradatamente) dall’Afganistan.
La logica conseguenza di queste mie riflessioni è che mi sento moralmente responsabile delle stragi dei civili e moralmente responsabile di quello che potrà accadere ai nostri soldati.
E continuo a non capire il perché non ci ritiriamo dall’Afganistan …
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/03/07 alle 23:12 via WEB
diamo per scontato che siamo contro la guerra. La situazione in Afghanistan è diversa dall'Iraq e forse per alcuni versi più complicata. Non c' solo il problema dei talebani, ma anche quello delle moltissime tribù, rispuntate con la caduta del regime. le cause che hanno portato alla guerra qualche anno fa erano ben diverse dalla spinta umanitaria che oggi mi porta a dire, a malincuore, che forse è necessario rimanere all'interno della missione ONU. Abbandonare oggi significherebbe spingere l'Afghanistan in una situazione dalla quale difficilmente riemergerebbe. Il multilateralismo che per anni abbiamo invocato contro la guerra preventiva di Bush ha un suo prezzo che oggi dobbiamo pagare mantenendo l'impegno. La conferenza internazionale sarebbe la soluzione ideale, ma per convocare una conferenza è indispensabile avere una situazione diversa da quella attuale dal punti di vista politico e militare. Oltretutto dovrebbe vedere partecipare anche l'Iran che in questo momento non mi sembra la nazione più amata dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale tutta.
 
rigitans
rigitans il 06/03/07 alle 11:00 via WEB
andarsene via immediatamente dall afghanista non è cosa giusta. l'impegno c'è, non ci si può comportare come ci pare, purtroppo. certo è che sarebbe il caso di organizzare una exit strategy, per sapere come muoversi e quando muoversi. ad oggi non c è niente di tutto questo, potremmo rimanere anche altri 10 anni impantanati li con i soldati. e come minimo bisogna cambiare la missione da militare a civile con il supporto della sicurezza(magari onu). ti ho scritto un messaggio privato :)
 
 
NeverInMyName
NeverInMyName il 06/03/07 alle 12:16 via WEB
La penso esattamente come te. Bisogna andare via dall'Afghanistan, non abbandonarlo in fretta e furia. Per Marea14. So benissimo che Libano e Afghanistan non sono situazioni paragonabili. Il senso del mio precedente commento era un altro: non sempre la presenza dei militari porta morte e distruzione. Certo, questa missione nasce con un fine diverso, ma anche lì - nel momento in cui dovessero beccare Hezbollah a trafficare armi con la Siria - rischierebbero di essere vittime di attacchi. E allora dovrebbero difendersi.
 
   
marea14
marea14 il 06/03/07 alle 16:08 via WEB
Secondo me la differenza sostanziale è che in Libano c’è una vera missione di pace mentre in Afganistan c’è una missione di guerra che si vuole far passare per missione di pace.
Certamente non si pretende di andare via in fretta e furia, ma togliere le forze gradatamente significa andare via completamente entro pochi mesi e, di conseguenza, fare un preciso calendario del ritiro.
Ricordo benissimo che anche per l’Iraq, subito dopo i primi mesi di guerra (e quando ancora il terrorismo non era neanche esploso in tutta la sua drammaticità) si diceva che non si poteva abbandonare gli iracheni … il risultato è stato che la situazione non ha fatto altro che precipitare ed aggravarsi sempre di più, mese dopo mese, anno dopo anno … con una caterva di vittime innocenti …
No, questa è una scusa che non funziona più.
Sono gli stessi afgani che da alcuni mesi manifestano la loro insofferenza per le truppe di occupazione.
Ed anche oggi sono continuate le proteste: questa mattina gli studenti hanno partecipato ad una manifestazione di protesta per chiedere la partenza delle forze di occupazione.
Muslimhoddine, uno dei leader della manifestazione, ha dichiarato: "Le forze internazionali sono venute in Afghanistan per assicurare la sicurezza, ma ora uccidono i civili. Vogliamo che il nostro governo processi i soldati implicati nella morte dei civili"
Mi preoccupa molto il fatto che non sappiamo cosa inventarci prima per nascondere il fallimento completo di cinque anni di guerra e per far appare questa guerra “meno guerra”.
L’ultima invenzione è la proposta di acquistare l'oppio dai contadini afgani per rivenderlo alle industrie farmaceutiche che lo trasformerebbero in morfina. A parte il fatto che i signori della guerra ed i trafficanti internazionali non lo permetterebbero (come minimo alzerebbero immediatamente il prezzo offerto), è noto che già nel 2005 la produzione afgana di oppio era pari al fabbisogno mondiale di morfina per cinque anni … e nel 2005 la produzione era di gran lunga inferiore a quella odierna (nel 2006 è aumentata di circa il 60%). È, perciò, una proposta irrealizzabile: nessuna casa farmaceutica sarebbe disposta ad acquistare un così grande quantitativo di oppio. Tra l’altro è una proposta che era stata già esaminata e bocciata dall’ONU. Anche la guerra all’oppio (come gli obiettivi di catturare Bin Laden, di portare democrazia e sviluppo economico, di ricostruire il paese, di tutelare i diritti umani) si è rivelata del tutto fallimentare: ha avuto come risultato un enorme aumento della produzione e molti morti tra i contadini che lo coltivavano e che hanno cercato di opporsi alla distruzione delle loro colture (unico mezzo di sostentamento).
No, la democrazia non è esportabile e, soprattutto, non è esportabile con le bombe … perché la democrazia è un processo interno alle popolazioni interessate … troppo sangue stiamo versando in Afganistan …
E intanto è stato rapito il giornalista Daniele Mastrogiacomo … ed un altro soldato Isaf è morto …
Condivido quanto ha scritto oggi Sandro Ruotolo:
E che faranno i nostri soldati quando la guerra entrerà nell'Ovest del Paese dove la struttura Nato è sotto comando italiano e dove operano i nostri soldati? Davvero siamo convinti che la nostra linea, quella che aspira ad una soluzione politica, passi per la partecipazione alla guerra? E' rischiosa la carta della conferenza di pace. Americani e britannici sono i fautori della linea militare e, dunque, come nel caso iracheno, l'Italia dovrà decidere se restare con truppe ben armate e "combattenti" oppure scegliere di non partecipare alla guerra. La strategia di restare ma di non combattere non è convincente.
 
     
NeverInMyName
NeverInMyName il 06/03/07 alle 18:47 via WEB
So che la tua analisi è giusta. So che restare in queste condizioni è inutile... è per questo che spero tu abbia compreso che anch'io voglio che i nostri militari rientrino. Sono convintamente contro ogni guerra e ogni forma di violenza. Ma in questio momento non so se sarebbe un bene andare via e abbandonare l'Afghanistan a se stesso. Tutto qua. Sono contenta che tu abbia invece una convinzione così forte. Magari hai ragione te, ma io rimango perplessa. Intanto mi auguro che Mastrogiacomo non sia l'ennesima vittima di questo assurdo conflitto, Perché su questo sono d'accordo con te: in Afghanistan in questo momento è in corso una vera e propria guerra, anzi non è mai davvero finita!
 
cf0921
cf0921 il 06/03/07 alle 23:05 via WEB
Ciao cara, ti avevo mandato un messaggio ieri ma non lo vedo quindi lo riscrivo. Dovremmo imaprare le lezioni del passato, visto che la storia si ripete in continuazione. Il Regno Unito ci ha provato a controllare questo territorio ai tempi del colonialismo e i risultati sono stati catastrofici. Quando hanno finalmente deciso di ritirarsi e firmato un patto di non aggressione durante l'evaquazione del contingente militare con famiglie a seguito gli afganistani li hanno aspettati in una delle tante valli e sgozzati tutti... (http://en.wikipedia.org/wiki/The_Great_Game) Poi e' stata la volta della Russia e anche li sappiamo come e' andata. Quando ho vissuto a New York (1993-2003) c'erano tantissime organizzazioni che si battevano per sensibilizzare l'opinione pubblica verso la condizione della donna in Afganistan sotto il dominio dei Talebani, sono inoltre sicura che ti ricordi del fattaccio dei Budda nella roccia fatti esplodere sempre da questo regime intollerante. Niente, nessuno si muoveva. Ci e' voluto l'11 Settembre con le conseguenza che tutti conosciamo. Qui si dice "Damn if I do it, damn if i do not". Ciao
 
sakharov1
sakharov1 il 13/03/07 alle 18:02 via WEB
• Nell’aprile 1978 un gruppo di intellettuali guidati da Nur Muhammad Taraki s’impadronisce del potere in Afghanistan e tenta un colpo di stato comunista in cui viene ucciso il presidente Daoud. Nei mesi seguenti numerosi afghani fuggono in Pakistan e Iran. • Nell’aprile 1979 il Pakistan chiede ufficialmente assistenza all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Dopo aver raccolto 15 milioni di dollari per soccorrere i rifugiati afghani in Pakistan, l’Agenzia apre il suo primo ufficio nel paese. In settembre il presidente Taraki viene ucciso in un colpo di palazzo, gli succede Hafizullah Amin. • Nel dicembre 1979 le forze armate sovietiche invadono l’Afghanistan Amin viene giustiziato e viene nominato presidente Babrak Kemal. Inizia la resistenza armata delle forze islamiche (mujaheddin). Nel corso del decennio seguente la guerra civile si intensifica ed il numero di rifugiati aumenta drammaticamente: se nel 1980 i rifugiati erano già 600mila, nel 1988 raggiungono quasi i 6 milioni. L’Afghanistan diventa il teatro della più grave crisi di rifugiati a livello mondiale. • Nel 1987, Babrak Karmal viene sostituito nella carica di presidente dal capo della polizia segreta Najibullah. • Nel 1988 Gli accordi di Ginevra impongono la ritirata delle truppe sovietiche. Mentre molti afghani continuano ad abbandonare il loro paese, altri intraprendono il viaggio di ritorno. I mujaheddin continuano a combattere contro il regime di Najibullah. • Dopo la ritirata sovietica, conclusasi nel 1989, la guerra civile fra le varie fazioni continua ad imperversare. Il numero dei civili costretti a fuggire aumenta inesorabilmente, tanto che nel 1990 il numero di rifugiati in esilio raggiunge il picco di 6,3 milioni, dei quali circa 3,3 milioni si trovano in Pakistan, mentre 3 milioni si sono stabiliti in Iran. • L’UNHCR intensifica le attività di assistenza ai rifugiati per far fronte alla crisi. Mentre nel 1979 l’Agenzia aveva stanziato 4,4 milioni di dollari per finanziare le sue attività di assistenza in Pakistan, nel 1981 i fondi destinati al paese raggiungono i 109 milioni di dollari. All’Iran sono destinanti meno aiuti per ragioni di politica internazionale e a causa dell’iniziale riluttanza del governo di Teheran a richiedere assistenza. • Anche le condizioni di vita dei rifugiati variano sensibilmente nei due paesi. In Pakistan la maggior parte dei rifugiati – principalmente di etnia pashtun – risiede in più di 300 campi allestiti dall’UNHCR, mentre alcuni di loro si sono stabiliti nei centri urbani. In Iran, invece, i rifugiati decidono di convivere insieme alle comunità locali e di trovare un impiego in loco. In Pakistan l’UNHCR finanzia un imponente progetto di educazione per i rifugiati nei campi profughi, ma, nonostante questo, solo pochissime ragazze ricevono l’istruzione scolastica. In Iran, invece, i bambini rifugiati frequentano le scuole locali e le giovani rifugiate hanno un maggiore accesso all’istruzione. • Nell’aprile 1992 i mujaheddin prendono Kabul e fanno cadere il governo di Najibullah. Sibghatullah Mojadidi viene nominato presidente dello Stato Islamico dell’Afghanistan e viene presto rimpiazzato da Burhanuddin Rabbani. Un milione e 600mila rifugiati fanno ritorno nel paese. • Negli anni 1993-94 Kabul viene ridotta in macerie dai combattimenti fra le varie fazioni opposte. In Afghanistan si contano più di un milione di sfollati interni. Altri 1,3 milioni di rifugiati rientrano nelle aree dove non si combatte più. • Nel 1994, le forze della guerriglia dei talebani s’impadroniscono della città meridionale di Kandahar, nel 1995 i talebani s’impadroniscono di Herat e avanzano verso Kabul. Si arresta il flusso di rimpatrio dall’Iran. • Nel settembre 1996 i talebani conquistano Jalalabad e Kabul. Najibullah, che dal 1992 alloggiava nella sede delle Nazioni Unite, viene impiccato. Nell’Afghanistan occidentale e centrale si continua a combattere. Nel 1997 i talebani s’impadroniscono di Mazar-i-Sharif, ma dopo 4 giorni sono costretti ad abbandonarla. Continuano i combattimenti nell’ovest, nel centro e nel nord del paese, nelle aree meridionali ed orientali, invece, continuano a rientrare i rifugiati. • Nel corso degli anni ’80 e ’90 il conflitto civile sembra proseguire senza fine, i donatori danno segni di stanchezza e i finanziamenti precipitano. Ad ogni modo, prima dell’inizio della campagna militare degli Stati Uniti in Afghanistan, l’UNHCR ha speso almeno 1,2 miliardi di dollari per le operazioni di assistenza ai rifugiati in Pakistan, 352 milioni in Iran e 72 milioni all’interno dell’Afghanistan. • Mentre numerosi afghani continuano ad abbandonare il loro paese, con l’attenuarsi del conflitto molti rifugiati decidono di ritornare nelle regioni dove non si combatte più. Nel 1992 più di 1,2 milioni di afghani rimpatriano dal Pakistan. Nel periodo 1988-2001 complessivamente più di 4,6 milioni di civili tornano in Afghanistan. • Agli inizi del 2001, una delle più gravi carestie a memoria d’uomo colpisce milioni di persone che già vivevano al limite della sopravvivenza e aggrava ulteriormente la situazione in Afghanistan. • Dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001 e il conseguente intervento militare in Afghanistan, l’UNHCR richiede 271 milioni di dollari per finanziare un’operazione di assistenza per i rifugiati afghani della durata di 15 mesi. Più di 200mila nuovi rifugiati entrano in Pakistan, dove l’UNHCR allestisce 15 nuovi campi nella semidisabitata fascia di confine con l’Afghanistan. • In seguito alla caduta del regime dei talebani, nel dicembre 2001, mentre alcuni afghani continuano a fuggire a causa della persistente carestia, centinaia di migliaia di afghani intraprendono spontaneamente il viaggio di ritorno nelle proprie aree d’origine. • Nel marzo 2002, l’UNHCR, in collaborazione con le autorità afghane, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ed altre agenzie partner, avvia il programma di rimpatrio volontario attraverso il quale milioni di rifugiati vengono assistiti nel ritorno dal Pakistan e dall’Iran e centinaia di migliaia di sfollati interni a far ritorno nei loro villaggi. L’UNHCR fornisce loro aiuti d’emergenza e si occupa del trasporto. Nel corso dell’anno quasi 2 milioni di persone, fra rifugiati e sfollati, rientrano nei loro villaggi. In giugno la Loya Jirga, l’assemblea dei capi tribali e dei nobili afghani, nomina Hamid Karzai capo dello stato ad interim. Scontri armati e attentati continuano a provocare centinaia di vittime. • Nel gennaio 2004 la Loya Jirga approva una nuova costituzione. In luglio l’organizzazione non governativa Medici Senza Frontiere lascia l’Afghanistan in seguito all’uccisione di 5 suoi operatori. In ottobre hanno luogo le elezioni presidenziali e parlamentari. Hamid Karzai viene eletto presidente. • Il flusso di rientri è ingente: dal marzo 2002 alla fine del 2005 più 4,4 milioni di rifugiati afghani sono rientrati nelle comunità d’origine dall’Iran o dal Pakistan - 3,5 milioni dei quali con l’assistenza dell’UNHCR - e il numero di sfollati all’interno dell’Afghanistan è sceso a meno di 200mila. • La situazione in Afghanistan resta tuttavia critica. Alcune aree in particolare sono praticamente inaccessibili, tanto per la mancanza di sicurezza quanto per la presenza di mine e di altri ordigni inesplosi. A causa dei preesistenti effetti della carestia, inoltre, le condizioni di vita di molte comunità di agricoltori e di pastori sono ancora particolarmente difficili. Molti rifugiati, pur consapevoli delle difficoltà che li attendono e delle condizioni in cui vivono le comunità d’origine, decidono comunque di intraprendere il viaggio di ritorno. • Nonostante i milioni di rimpatri, alla fine del 2005 oltre 3 milioni di afghani si trovavano ancora in Pakistan ed Iran. Gli afghani rimangono, dopo i palestinesi, il più numeroso gruppo di rifugiati al mondo. Gennaio 2006 Ricerca avanzata
 
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