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Gli orrori della guerra, una macchia sull'umanità. Per non vanificare il sacrificio di tante vittime, per non assistere inermi a un altro Vietnam, per non giustificare un'altra invasione come quella in Iraq. Per dire mai più a un altro Darfur: stand up togheter!
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L' emergenza umanitaria in Darfur si aggrava Medici Senza Frontiere lancia l'allarme: è emergenza
Nonostante il governo sudanese abbia dato l’ok al dispiegamento di una forza ibrida tra Caschi blu e operatori dell’Unione Africana, la violenza in Darfur continua con razzie di villaggi, attacchi ai civili e sporadici scontri. Circa due milioni di sfollati cercano di sopravvivere in grandi e strapieni insediamenti e campi, completamente dipendenti dagli aiuti umanitari per la loro sopravvivenza. A riportare l'attenzione sulla pii grave crisi umanitaria dell'Africa è Medici senza frontiere (Msf), che nella regione sudanese è impegnata con il suo più grande intervento.
In un incontro con la stampa, alcuni operatori di Msf di ritorno dall'Africa hanno riferito che nelle zone rurali del Darfur centinaia di migliaia di persone sono intrappolate dal conflitto e hanno un accesso minimo, se non inesistente, all'assistenza umanitaria.
"Dopo oltre un anno dalla firma dell'accordo di pace" tra i principali gruppi ribelli e Khartum, hanno raccontato, "diverse fazioni armate, sia ribelli che governative, si sono divise e stanno combattendo le une contro le altre".
Medici Senza Frontiere fornisce assistenza umanitaria e medica a tutti i gruppi vittime della violenza: popolazione residente, sfollati e nomadi, anche se è stata costretta a ridurre temporaneamente alcuni progetti e a sospendere le cliniche mobili a causa della crescente situazione di insicurezza.
Msf ha ribadito che le organizzazioni umanitarie forniscono assistenza in Darfur "nell'assoluto rispetto dei principi di imparzialità, neutralità e indipendenza", e che questo status deve essere mantenuto. Se, come qualcuna ha proposto recentemente, i convogli umanitari dovessero essere scortati da una forza militare, gli operatori umanitari rischierebbero di essere associati con una delle parti in conflitto, diventando di conseguenza un potenziali bersagli.
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