All’iniziativa, promossa da Crisis Action e Italians for Darfur, hanno aderito scrittori e intellettuali quali Dario Fo, Franca Rame, Günter Grass, Rodd Doyle, Vaclav Havel, Wole Soyinka, Mia Couto, Goretti Kyomuhendo e Chimanda Ngozi Adichie.
Con la loro posizione importanti e conosciuti questi intellettuali di fama mondiale criticano i leader dei rispettivi paesi di appartenenza di non avere il coraggio di affrontare due delle peggiori crisi mondiali. Il summit Ue-Africa, che si terrà a Lisbona dall’8 al 9 dicembre prossimi, è il primo di questo genere dal 2000.
“Ci aspettiamo che i nostri leader guidino, e lo facciano con coraggio morale. Se dovessero venir meno a questo impegno, ci renderebbero tutti moralmente più poveri”, si legge nella lettera.
La lettera è stata inviata a tutti i capi di Stato che parteciperanno al Summit e sarò pubblicata domani 4 settembre sui principali giornali africani ed europei.
“Perché dovremmo dare ascolto ai potenti se i potenti sono sordi al grido degli afflitti? Milioni di africani e di europei si aspettano che lo Zimbabwe e il Darfur siano messi in cima all’agenda. Non è troppo tardi”, sottolinea il testo.
“Il summit Ue-Africa è un’occasione per affrontare le questioni principali che affliggono la nostra gente. Tuttavia, anteponendo ai propri principi il desiderio di evitare contrasti, i nostri leader stanno sprecando questa occasione”, ha dichiarato Wole Soyinka, l’autore nigeriano vincitore del Premio Nobel.
Nonostante le centinaia di migliaia di persone morte in Darfur e nella brutale repressione in Zimbabwe, non è stato previsto alcun punto nell’agenda su questi temi.
La lettera sostiene che è impossibile augurare una nuova epoca di amicizia tra l’Europa e l’Africa finché il Darfur e lo Zimbabwe saranno ignorati.
Intanto l’Italia in dicembre sarà alla presidenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Il movimento per i diritti umani ‘Italians for Darfur’ e altre Ong internazionali hanno già in programma delle iniziative per sollecitare il governo italiano a intraprendere un’azione forte affinché venga superata l’empasse che ha rallentato il dispiegamento della forza di pace autorizzata e fortemente voluta dalle Nazioni Unite lo scorso agosto e che entro fine anno avrebbe dovuto essere operativa. Cosa ad oggi impedita da ostruzionismi e atteggiamenti che hanno di fatto bloccato il processo di peacekeeping previsto nella regione sudanese da oltre quattro anni martoriata da un conflitto tribale.