Creato da NeverInMyName il 09/11/2005

NeverInMyName

Gli orrori della guerra, una macchia sull'umanità. Per non vanificare il sacrificio di tante vittime, per non assistere inermi a un altro Vietnam, per non giustificare un'altra invasione come quella in Iraq. Per dire mai più a un altro Darfur: stand up togheter!

 

 

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Le ipocrisie della politica...

Post n°114 pubblicato il 29 Marzo 2006 da NeverInMyName
 

AFGHANISTAN. BERLUSCONI: RAHNAN E' IN ITALIA, CONCESSO ASILO (ANSA)-ROMA - "E' gia' in Italia, ha chiesto asilo politico e  l'Italia lo ha concesso". Ad annunciare che il cittadino afghano Abdul RahMan convertitosi al cristianesimo è già sul suolo italiano è il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi durante  una conferenza stampa a palazzo Chigi in cui dice che in questo  momento è "sotto le cure del ministero dell'Interno, che mi ha  raccomandato il più assoluto riserbo".

(18,29 - 29-03-06)

SECONDO VOI, SE NON FOSSIMO IN CAMPAGNA ELETTORALE, SI PREOCCUPEREBBERO TANTO PER LA SORTE DI QUESTO POVERETTO???

Blog del giorno per la sesta volta e, nonostante non siano mancate le critiche, sono felice di aver dato il via a una discussione importante e che ha coinvolto tanti di voi.

 
Rispondi al commento:
NeverInMyName
NeverInMyName il 30/03/06 alle 13:10 via WEB
Non si tratta di lamentarsi "anche per le cose buone". Non si discute che la cosa più importante sia aver salvato la vita a un essere umano. E, ci tengo a precisarlo, non ho scritto quel post perché a fare propaganda su questa storia sia Stato Berlusconi e il centrodestra. Sarebbe stato lo stesso con un governo di centrosinistra. Ma forse con un governo di centrosinistra non si sarebbe posto il problema. Perché il problema non è l'asilo politico concesso a Rahman, ma tutti quelli che vengono negati!!! Non aggiungo dati perché lo ha fatto egregiamente Euvita, che ringrazione per il bellissimo messaggio. ma segnalo un monitoraggio effettuato da alcune associazioni che si occupano di immigrati. Leggetelo. STORIE DI DIRITTI NEGATI - MONITORAGGIO SULLA CONDIZIONE DEI RICHIEDENTI ASILO A ROMA Al momento dell’elaborazione del Progetto “Diritti umani e volontariato”, diversi furono i motivi che spinsero le Associazioni proponenti (Associazione Centro Astalli, Casa dei Diritti Sociali-Focus, Ronda della Solidarietà, Medici contro la tortura, Progetto Casa Verde) all’avvio di un’azione di monitoraggio. Tra questi, la mancanza assoluta di dati quantitativi sul fenomeno, ma anche l’assenza di analisi su bisogni e aspettative di persone costrette a lasciare improvvisamente la propria terra, spesso in conseguenza di persecuzioni o violenze. A distanza di due anni, le cose non sono migliorate, anzi. La situazione dei richiedenti asilo in Italia, già compromessa da diversi anni per la mancanza di una legge organica in materia, si è aggravata dopo l’approvazione della cosiddetta legge Bossi-Fini. In vista della piena efficacia degli articoli in materia di asilo è iniziato un periodo di attesa, in cui sono state sospese le già esigue misure di assistenza previste dalla normativa in vigore e la stessa procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato è divenuta nebulosa e ancora più incerta. I risultati del monitoraggio ribadiscono tutto questo. Viene confermata la vergognosa trafila che i richiedenti asilo deve sopportare: mancanza di informazioni sui propri diritti, notti all’aperto, file lunghissime davanti alla Questura, attesa di anni prima di essere convocati dalla Commissione che decide sulla loro domanda di asilo. Tutto questo, mentre non possono lavorare e non hanno alcuna certezza sul proprio futuro. Insomma, una lunga sequela di storie di diritti negati. Il rapporto suddivide la presentazione dei risultati in cinque sezioni. Il primo capitolo si sofferma sulle finalità del monitoraggio, i luoghi delle rilevazioni, le caratteristiche del campione individuato. L’attività di monitoraggio, durata 12 mesi a partire da giugno 2002, ha consentito di intervistare 250 persone, di cui oltre l’81% sono richiedenti asilo, poco meno del 15% ha già ottenuto lo status di rifugiato, mentre il rimanente 4% circa è in possesso di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Alcuni grafici sintetizzano la composizione del campione per area di provenienza, sesso, classe di età e legami attuali con la propria famiglia. Il capitolo due propone una descrizione sintetica dei risultati dell’intera indagine, che ha esaminato l’intero percorso che il richiedente asilo compie in Italia, dal momento del suo arrivo fino all’esito della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato. I primi giorni dall’arrivo in Italia rappresentano un forte momento di difficoltà. La media delle notti passate all’aperto per il totale degli intervistati (sia uomini che donne) è pari a 6. Molto difficile, per i richiedenti asilo, risulta pure accedere alle informazioni sulle forme di assistenza previste e sulla corretta procedura per la richiesta d’asilo. Spesso le ricevono dalla polizia, anche se frettolosamente e non sempre in presenza di interpreti e mediatori, da connazionali o altri stranieri. Solo un percentuale ridotta (circa il 10%) dichiara di aver ricevuto, nel primo periodo dall’arrivo in Italia, un corretto orientamento da parte di organismi di volontariato e del privato sociale. Eppure accedere a tali informazioni è vitale: sia per usufruire delle già esigue forme di assistenza previste, sia per affrontare l’audizione decisiva davanti alla Commissione Centrale necessariamente preparati. I tempi per la presentazione della richiesta d’asilo in Questura (nel luogo di arrivo o a Roma) variano complessivamente da 1 a 10 giorni nel 59,5% dei casi, fino ad un mese per il 19,8% dei casi e a tre mesi o più per il 15,2%. Presso alcune Questure, come per esempio quella di Roma, è necessario recarsi più volte (due o più) sia per la presentazione della richiesta, sia per assolvere gli obblighi previsti nelle varie fasi della procedura. L’attesa fuori dagli uffici supera spesso le 5 ore. In alcuni casi, la fila davanti la Questura inizia la notte precedente, perché l’accesso agli uffici è organizzato secondo un sistema di numerazione ad esaurimento. Chi arriva “tardi” è costretto ad una nuova attesa il giorno successivo. Al momento della rilevazione, il 55,7% degli intervistati, presenti in Italia da almeno 2 mesi, è ospitato presso un centro di accoglienza a Roma, il 22,6% presso privati (affittuari, ospitalità di amici, connazionali…) e il 17,6% è privo di alloggio (che quasi sempre significa dormire all’aperto). Il problema dell’alloggio resta uno dei nodi insoluti dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati ed i rischi per loro di restare senza una vera dimora sono, nei primi anni della loro permanenza in Italia, piuttosto alti. Per quanto riguarda l’accesso ai servizi sanitari, il 77,1% degli intervistati ha dichiarato di aver fatto una visita medica in Italia: più del 75% di questi ha usufruito dei servizi di un’associazione di volontariato, all’interno del centro di accoglienza o presso un ambulatorio, mentre il 17% circa si è recato presso un medico di base o il pronto soccorso di un ospedale. Il richiedente asilo che arriva in Italia può aver subito violenze e torture, può essere ammalato e debilitato per il viaggio, può egli stesso essere sopravvissuto ad un naufragio, può aver trascorso del tempo in un campo profughi, in un carcere, nascosto in una foresta, aver perduto i suoi cari. Necessita dunque di una particolare assistenza medica e psicologica, sia all’arrivo che nel tempo. Di tutto questo, al momento, si fanno carico, quasi esclusivamente le Associazioni di volontariato. Più della metà degli intervistati (61,1%) è ancora in attesa dell’intervista presso la Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato , mentre il 25,2% ha già sostenuto l’intervista. Di questi, solo il 40% è a conoscenza dell’esito della stessa. Il tempio medio di attesa dell’intervista è di 10 mesi dalla data della richiesta (con punte anche di 18 mesi). Ad esso va aggiunto il tempo necessario per essere informati sulla decisione della Commissione Centrale che, in assenza di sospensioni per ulteriori indagini e verifiche nel paese di origine del richiedente asilo, è mediamente due mesi. Il sentimento più diffuso riportato dal richiedente asilo al termine dell’intervista è di forte delusione per la sua brevità e di scarsa comprensione di quanto accaduto. Alla domanda “come provvedi alle tue spese personali”, il 36,6% degli intervistati dichiara di ricevere aiuti da familiari o Associazioni, il 39,7% preferisce non rispondere, il 22,1% dichiara di lavorare in nero. Senza un lavoro in nero o nonostante questo, il richiedente asilo, reso indigente, entra in un circuito di povertà ed emarginazione sociale che trasforma radicalmente il suo status e la percezione che ha di sé: da persona in cerca di protezione per un fondato timore di persecuzione, a ospite temporaneo di mense e dormitori di emergenza, a senza fissa dimora, oppure lavavetri, raccoglitore di pomodori, venditore di giornali ecc... Ciò costituisce l’ennesima, dolorosa negazione dei suoi diritti umani fondamentali, questa volta ad opera del Paese in cui, con fiducia e speranza, ha chiesto asilo. Nel capitolo tre sono presentati dieci casi studio, monitorati dal maggio 2002 a giugno 2003. Si tratta di richiedenti asilo e rifugiati scelti tra coloro che sono stati utenti dei servizi offerti da tre Associazioni proponenti il progetto: Associazione Centro Astalli, Casa dei Diritti Sociali-Focus, Progetto Casa Verde. Tali persone sono state accolte e seguite costantemente da queste Associazioni, ricevendo un aiuto decisivo per superare la fase dell’arrivo in Italia e dell’attesa della decisione della Commissione Centrale per il Riconoscimento dello Status. Attraverso la lettura delle loro storie, può essere approfondito il percorso che hanno compiuto in Italia, la precarietà della loro condizione, i bisogni, le speranze, le attese negate, ma anche le buone pratiche di orientamento e assistenza che si riescono a mettere in atto da parte sia di Istituzioni che di Associazioni del settore. Purtroppo ancora per troppe poche persone. Il capitolo quattro, a cura dell’Associazione Medici contro la tortura, propone una riflessione sugli effetti delle torture e su alcune misure necessarie per realizzare un efficace progetto terapeutico. Nel testo sono riportati anche i dati statistici per il 2002 sulle persone che l’Associazione ha avuto in cura: 255 persone. Nel 51% dei casi si è trattato di vittime provenienti dall’area medio-orientale, quasi esclusivamente dal Kurdistan (iracheno, iraniano e turco), nel 27% dei casi dall’Africa subequatoriale. Le persone sono prevalentemente giovani, di età compresa tra i 17 e i 53 anni; il 75% ha meno di 35 anni e solo il 3% supera i 45 anni. Numerose le tipologie di torture subite. Il capitolo 5 è invece dedicato ai “senza fissa dimora” di alcune zone di Roma, potenziali richiedenti asilo. Grazie ad una apposita ricerca, prevista dall’attività di monitoraggio, l’Associazione Ronda della Solidarietà propone una stima del fenomeno e una riflessione sui motivi per cui queste persone non hanno dimora: tra questi, la mancanza di informazioni e, soprattutto, le insufficienti misure di accoglienza previste in Italia, che spingono molti a cercare di raggiungere altri Paesi. Ad un primo sguardo d’insieme dei risultati del monitoraggio ciò che più colpisce è la mancanza di un organico “sistema pubblico” di accoglienza, orientamento e integrazione dei richiedenti asilo e rifugiati, capace di dare un supporto, seppur minimo, alle loro attese e ai loro bisogni. La mancanza di una legge specifica sull’asilo (l’Italia è l’unico Paese europeo a conservare questo triste primato) e l’insufficienza cronica di risorse finanziarie dedicate, non consentono alcuna programmazione e dunque l’adozione di piani o misure significative. Certo non mancano le buone pratiche, da parte sia di Istituzioni locali che di diverse Associazioni di volontariato, che cercano di accompagnare tali persone, con misure concrete, soprattutto nella fase della prima accoglienza e dell’attesa dell’esame in Commissione. Ma non bastano. Eppure la questione richiedenti asilo in Italia riguarda un numero limitato di persone, ben inferiore alla media europea, che certamente dovrebbe essere alla portata di uno dei Paesi più industrializzati al mondo. Basterebbe volerlo.
 
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