Creato da NeverInMyName il 09/11/2005

NeverInMyName

Gli orrori della guerra, una macchia sull'umanità. Per non vanificare il sacrificio di tante vittime, per non assistere inermi a un altro Vietnam, per non giustificare un'altra invasione come quella in Iraq. Per dire mai più a un altro Darfur: stand up togheter!

 

 

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Nuova strage di civili in Afghanistan: ma andare via è la scelta giusta?

Post n°431 pubblicato il 05 Marzo 2007 da NeverInMyName
 

Sono angosciata, preoccupata e confusa: abbandonare Kabul potrebbe scatenare un altro Iraq 

Aggiornamento alle 16,30 del 6 marzo: rapito un giornalista di Repubblica

immagineI talebani hanno annunciato che il giornalista rapito insieme a due collaboratori afgani ieri sera è Daniele Mastrogiacomo e "stanno verificando che non si tratti di una spia".
L'inviato di Repubblica in Afghanistan, che da alcuni giorni non contatta il giornali, potrebbe dunque essere davvero stato rapito. Non si può altro che aspettare e sperare...

Nove civili, un intero nucleo familiare, tra cui cinque donne e immaginedue bambini, sono stati uccisi questa mattina in un attacco dei militari Nato, in risposta ad un attentato suicida contro un convoglio americano di stanza nell'Afghanistan orientale. Questa ennesima tragedia si è consumata nella provincia di Kapisa, a nord di Kabul. Durante la battaglia con la guerriglia, l'artiglieria e gli aerei dell'Alleanza atlantica hanno colpito una casa, spazzandola via in un sol colpo. Intanto oggi in Italia inizia alla Camera il dibattito sul rifinanziamento delle missioni italiane. Ancora una volta assisteremo all'ipocrisia di coloro i quali affermano che i nostri soldati sono impegnati in un'operazione di pace. Ma quale pace... La guerra in Afghanistan non solo c'e' e continua più immaginecruenta e imperterrita che mai ma, come tutti i conflitti, fa stragi di civili, donne e bambini.
Detto questo voglio, però, chiarire che l'Italia non partecipa alle azioni di guerra, ma all'Isaf, la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza. Proprio per questo io ritengo giusta una riformulazione del nostro supporto alla popolazione afgana, ma non il rientro immediato.
E' chiaro che i dubbi sono tanti e comprendo la grande indecisione di alcuni parlamentari sul comportamento da tenere in aula. Finora coloro che hanno annunciato di votare no alla proroga della missione, accogliendo, tra l'altro, l'appello promosso qualche settimana fa da personalità importanti del mondo della cultura e del giornalismo, tra i quali Teresa Mattei, Alex Zanotelli, Vauro, Gianni Mina', Giorgio Cremaschi e Marco Revelli, sono in minoranza. Io ritengo che sarebbe molto grave se in Parlamento il no alla guerra venisse confinato in un'area immaginemarginale e ridotta: sarebbe una ferita democratica perché questo paese nella sua maggioranza non vuole la guerra e non vuole le truppe in Afghanistan. Ma è anche vero che si può pensare a un'alternativa, magari mandando più civili che possano aiutare la popolazione e facendo pressioni sull'Onu per ottenere una immediata conferenza di pace.
Abbandonare a se stessi gli afgani in questo momento significherebbe consegnarli ai Talebani, determinando la stessa situazione che oggi insanguina l'Iraq peggio di prima. Bisogna riflettere.
Ammetto di essere confusa e per questo vorrei parlarne con voi e sapere cosa ne pensate.

 
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sakharov1
sakharov1 il 13/03/07 alle 18:02 via WEB
• Nell’aprile 1978 un gruppo di intellettuali guidati da Nur Muhammad Taraki s’impadronisce del potere in Afghanistan e tenta un colpo di stato comunista in cui viene ucciso il presidente Daoud. Nei mesi seguenti numerosi afghani fuggono in Pakistan e Iran. • Nell’aprile 1979 il Pakistan chiede ufficialmente assistenza all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Dopo aver raccolto 15 milioni di dollari per soccorrere i rifugiati afghani in Pakistan, l’Agenzia apre il suo primo ufficio nel paese. In settembre il presidente Taraki viene ucciso in un colpo di palazzo, gli succede Hafizullah Amin. • Nel dicembre 1979 le forze armate sovietiche invadono l’Afghanistan Amin viene giustiziato e viene nominato presidente Babrak Kemal. Inizia la resistenza armata delle forze islamiche (mujaheddin). Nel corso del decennio seguente la guerra civile si intensifica ed il numero di rifugiati aumenta drammaticamente: se nel 1980 i rifugiati erano già 600mila, nel 1988 raggiungono quasi i 6 milioni. L’Afghanistan diventa il teatro della più grave crisi di rifugiati a livello mondiale. • Nel 1987, Babrak Karmal viene sostituito nella carica di presidente dal capo della polizia segreta Najibullah. • Nel 1988 Gli accordi di Ginevra impongono la ritirata delle truppe sovietiche. Mentre molti afghani continuano ad abbandonare il loro paese, altri intraprendono il viaggio di ritorno. I mujaheddin continuano a combattere contro il regime di Najibullah. • Dopo la ritirata sovietica, conclusasi nel 1989, la guerra civile fra le varie fazioni continua ad imperversare. Il numero dei civili costretti a fuggire aumenta inesorabilmente, tanto che nel 1990 il numero di rifugiati in esilio raggiunge il picco di 6,3 milioni, dei quali circa 3,3 milioni si trovano in Pakistan, mentre 3 milioni si sono stabiliti in Iran. • L’UNHCR intensifica le attività di assistenza ai rifugiati per far fronte alla crisi. Mentre nel 1979 l’Agenzia aveva stanziato 4,4 milioni di dollari per finanziare le sue attività di assistenza in Pakistan, nel 1981 i fondi destinati al paese raggiungono i 109 milioni di dollari. All’Iran sono destinanti meno aiuti per ragioni di politica internazionale e a causa dell’iniziale riluttanza del governo di Teheran a richiedere assistenza. • Anche le condizioni di vita dei rifugiati variano sensibilmente nei due paesi. In Pakistan la maggior parte dei rifugiati – principalmente di etnia pashtun – risiede in più di 300 campi allestiti dall’UNHCR, mentre alcuni di loro si sono stabiliti nei centri urbani. In Iran, invece, i rifugiati decidono di convivere insieme alle comunità locali e di trovare un impiego in loco. In Pakistan l’UNHCR finanzia un imponente progetto di educazione per i rifugiati nei campi profughi, ma, nonostante questo, solo pochissime ragazze ricevono l’istruzione scolastica. In Iran, invece, i bambini rifugiati frequentano le scuole locali e le giovani rifugiate hanno un maggiore accesso all’istruzione. • Nell’aprile 1992 i mujaheddin prendono Kabul e fanno cadere il governo di Najibullah. Sibghatullah Mojadidi viene nominato presidente dello Stato Islamico dell’Afghanistan e viene presto rimpiazzato da Burhanuddin Rabbani. Un milione e 600mila rifugiati fanno ritorno nel paese. • Negli anni 1993-94 Kabul viene ridotta in macerie dai combattimenti fra le varie fazioni opposte. In Afghanistan si contano più di un milione di sfollati interni. Altri 1,3 milioni di rifugiati rientrano nelle aree dove non si combatte più. • Nel 1994, le forze della guerriglia dei talebani s’impadroniscono della città meridionale di Kandahar, nel 1995 i talebani s’impadroniscono di Herat e avanzano verso Kabul. Si arresta il flusso di rimpatrio dall’Iran. • Nel settembre 1996 i talebani conquistano Jalalabad e Kabul. Najibullah, che dal 1992 alloggiava nella sede delle Nazioni Unite, viene impiccato. Nell’Afghanistan occidentale e centrale si continua a combattere. Nel 1997 i talebani s’impadroniscono di Mazar-i-Sharif, ma dopo 4 giorni sono costretti ad abbandonarla. Continuano i combattimenti nell’ovest, nel centro e nel nord del paese, nelle aree meridionali ed orientali, invece, continuano a rientrare i rifugiati. • Nel corso degli anni ’80 e ’90 il conflitto civile sembra proseguire senza fine, i donatori danno segni di stanchezza e i finanziamenti precipitano. Ad ogni modo, prima dell’inizio della campagna militare degli Stati Uniti in Afghanistan, l’UNHCR ha speso almeno 1,2 miliardi di dollari per le operazioni di assistenza ai rifugiati in Pakistan, 352 milioni in Iran e 72 milioni all’interno dell’Afghanistan. • Mentre numerosi afghani continuano ad abbandonare il loro paese, con l’attenuarsi del conflitto molti rifugiati decidono di ritornare nelle regioni dove non si combatte più. Nel 1992 più di 1,2 milioni di afghani rimpatriano dal Pakistan. Nel periodo 1988-2001 complessivamente più di 4,6 milioni di civili tornano in Afghanistan. • Agli inizi del 2001, una delle più gravi carestie a memoria d’uomo colpisce milioni di persone che già vivevano al limite della sopravvivenza e aggrava ulteriormente la situazione in Afghanistan. • Dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001 e il conseguente intervento militare in Afghanistan, l’UNHCR richiede 271 milioni di dollari per finanziare un’operazione di assistenza per i rifugiati afghani della durata di 15 mesi. Più di 200mila nuovi rifugiati entrano in Pakistan, dove l’UNHCR allestisce 15 nuovi campi nella semidisabitata fascia di confine con l’Afghanistan. • In seguito alla caduta del regime dei talebani, nel dicembre 2001, mentre alcuni afghani continuano a fuggire a causa della persistente carestia, centinaia di migliaia di afghani intraprendono spontaneamente il viaggio di ritorno nelle proprie aree d’origine. • Nel marzo 2002, l’UNHCR, in collaborazione con le autorità afghane, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ed altre agenzie partner, avvia il programma di rimpatrio volontario attraverso il quale milioni di rifugiati vengono assistiti nel ritorno dal Pakistan e dall’Iran e centinaia di migliaia di sfollati interni a far ritorno nei loro villaggi. L’UNHCR fornisce loro aiuti d’emergenza e si occupa del trasporto. Nel corso dell’anno quasi 2 milioni di persone, fra rifugiati e sfollati, rientrano nei loro villaggi. In giugno la Loya Jirga, l’assemblea dei capi tribali e dei nobili afghani, nomina Hamid Karzai capo dello stato ad interim. Scontri armati e attentati continuano a provocare centinaia di vittime. • Nel gennaio 2004 la Loya Jirga approva una nuova costituzione. In luglio l’organizzazione non governativa Medici Senza Frontiere lascia l’Afghanistan in seguito all’uccisione di 5 suoi operatori. In ottobre hanno luogo le elezioni presidenziali e parlamentari. Hamid Karzai viene eletto presidente. • Il flusso di rientri è ingente: dal marzo 2002 alla fine del 2005 più 4,4 milioni di rifugiati afghani sono rientrati nelle comunità d’origine dall’Iran o dal Pakistan - 3,5 milioni dei quali con l’assistenza dell’UNHCR - e il numero di sfollati all’interno dell’Afghanistan è sceso a meno di 200mila. • La situazione in Afghanistan resta tuttavia critica. Alcune aree in particolare sono praticamente inaccessibili, tanto per la mancanza di sicurezza quanto per la presenza di mine e di altri ordigni inesplosi. A causa dei preesistenti effetti della carestia, inoltre, le condizioni di vita di molte comunità di agricoltori e di pastori sono ancora particolarmente difficili. Molti rifugiati, pur consapevoli delle difficoltà che li attendono e delle condizioni in cui vivono le comunità d’origine, decidono comunque di intraprendere il viaggio di ritorno. • Nonostante i milioni di rimpatri, alla fine del 2005 oltre 3 milioni di afghani si trovavano ancora in Pakistan ed Iran. Gli afghani rimangono, dopo i palestinesi, il più numeroso gruppo di rifugiati al mondo. Gennaio 2006 Ricerca avanzata
 
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