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MUDOKWAN

Blog ufficiale del Mudokwan Tae Kwon Do-Korean Karate. Tradizione, filosofia e tecniche del Tae Kwon Do e del Karate Coreano

 

 

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Le Forme del Mudokwan (hyung)

Post n°179 pubblicato il 22 Ottobre 2011 da kyokushindave
 

Le forme rappresentano da sempre il cuore di un’Arte Marziale, quell’aspetto prettamente “marziale” che si contrappone a quello sportivo, del combattimento agonistico.

Ed infatti lo scopo della creazione delle forme era quello di allenarsi al combattimento in un periodo in cui l’Arte Marziale aveva come unico fine quello della difesa personale, laddove l’aspetto meramente agonistico era inesistente. Esse rappresentavano dei “contenitori” in cui si sono raccolte e codificate una infinita serie di tecniche di combattimento, a mani nude o con armi, comprendenti attacchi, difese, schivate, immobilizzazioni, leve articolari, etc.; tutte tecniche che non era possibile allenare e praticare con un compagno o in un combattimento reale senza provocare seri danni. Erano dei mezzi anche per lo studio dei punti vulnerabili del corpo umano, della respirazione, concentrazione e canalizzazione dell’energia interna.

Successivamente, con la globalizzazione e la commercializzazione delle Arti Marziali, l’aspetto ludico-sportivo, nonché quello educativo, presero il sopravvento su quello squisitamente pratico e marziale, volto alla sottomissione dell’avversario nel più breve tempo possibile : vennero così codificate delle regole, nacque il combattimento “sportivo” e vennero create delle forme che, più alla difesa personale, erano volte alla educazione del corpo (per quel che riguarda il Tae Kwon Do, le palgwe, i taegeuk poom se, etc.).

Le forme cd. “tradizionali” o “classiche” dunque, non vennero abbandonate, ma persero gradualmente la loro importanza e con essa il corretto modo di allenarle.

Ciò è ancora più vero nel Tae Kwon Do che, nato come vera e propria Arte Marziale (non dimentichiamoci che ancora durante tutta la guerra del Vietnam la quasi totalità dei soldati sud-coreani vennero scelti per essere degli esperti di Arti Marziali (tang soo do e kong soo do, e in questa qualità allenarono anche le truppe del Vietnam del sud) si è sin da subito distinto per la velocissima trasformazione in moderno sport da combattimento.

Ma cosa si intende per hyung tradizionali? Né i Palgwe Poom-sè, praticati prima della creazione dei Taegeuk Poom-se, né i Tul praticati in seno al Taekwon-do I.T.F. (impropriamente definito “Taekwon-do tradizionale”) e codificati verso la metà degli anni sessanta dal defunto Gen. Choi Hong Hi.

Per hyung tradizionali si intendono quelle forme in uso nei primi dojang coreani, degli anni ’40 e ’50 del novecento, quando era praticata quell’Arte Marziale che non era ancora conosciuta con l’attuale nome di Tae Kwon Do, ma con i più arcaici nomi di : Tang soo do e Kong soo do. Discipline, queste, ancora legate ai suoi “genitori” : il Karate okinawense e giapponese.

Quelle discipline, quindi, conservavano ancora tutti quegli aspetti più prettamente “marziali” che il moderno Tae Kwon Do (nelle sue due versioni : W.T.F. e I.T.F.) ha quasi perso del tutto, ovvero lo studio degli Hyung tradizionali, appunto, e al cuore marziale degli stessi : l’Ho Shin Sul, ovvero la difesa personale che nasce dalla pratica applicazione delle tecniche codificate in quelle forme.

Si tratta di forme che si definiscono “tradizionali” o”classiche”, perchè sono il frutto di secoli di stratificazione marziale e di applicazioni pratiche e che trovano origine negli stili nati dalla fusione del kempo cinese con quelli autoctoni delle isole Ryu Kyu (Okinawa in primis). Tali forme (in giapponese “kata”, in coreano “hyung”) sono poi state sviluppate nei tre stili principali sorti ad Okinawa (Shuri-te, Tomari-te e Naha-te) che diedero origine alle scuole di karate note come : Shorin Ryu e Shorei Ryu (distintisi poi in shotokan, goju ryu, uechi ryu, shorin ryu-matsubayashi ryu, etc).

Da queste forme, poi, verranno sviluppate quelle attuali, tuttora in uso in seno alla Internationale Taekwon-do Federation e alla World Taekwondo Federation.

Come già affermato, la forma era anticamente lo strumento che forniva agli adepti dell’arte del combattimento tutte quelle tecniche utili ai fini di uno scontro reale.

Il fondatore del Karate Goju Ryu, Chojun Miyagi, nella sua teoria del kata (Kata no genri), scriveva : “il kata è come un rebus, se non conoscete la chiave di interpretazione non ne ricaverete nulla”.

Si trattava, invero, di un atteggiamento normale nelle diverse scuole tradizionali : i loro adepti erano custodi di tutte quelle tecniche ricavate sperimentandole direttamente sul campo di battaglia, attraverso il reale confronto con la morte.

Il loro problema fu quello di trasmettere tali tecniche ai propri allievi senza il rischio che esse venissero carpite da scuole o clan rivali. Così la progressione dei movimenti venne alterata e qualche dettaglio tecnico omesso o intenzionalmente camuffato a tale scopo; i principi teorici che davano significato a tutto l’insieme degli elementi e che garantivano l’efficacia tattica di quella determinata forma ideata per essere applicata a quella particolare circostanza, erano svelati unicamente ai fedelissimi.

Il Bubishi è un antico manuale di kenpo cinese (chuan fa) : in questo antico testo segreto si trovano le mappe anatomiche indicanti i bersagli dove colpire l’avversario per procurarle la morte, anche con ritardo. In tali disegni vengono accuratamente descritte le ore del giorno più favorevoli per colpire ognuno dei punti vitali interessati.

In quel testo vengono spiegati, dunque, il dove e il quando colpire, senza menzionare però il fattore, forse più importante : il come colpire. Proprio per quel motivo di segretezza di cui sopra, viene attentamente taciuto con quale tecnica particolare portare l’attacco, se questa deve essere eseguita con il braccio o con la gamba, se con la punta delle dita o con il palmo della mano, se il colpo deve essere frustato o rotatorio, etc.

Erano conoscenze riservate dai Maestri a quegli allievi in possesso di particolari requisisti fisici e mentali che lo rendevano pronto a dedicare la sua intera vita al culto dello stile, inclusi i lunghi anni di servizio e apprendimento presso il suo Maestro.

Le forme tradizionali o “classiche”, pertanto, rappresentano, il vero mezzo di trasmissione dell’Arte Marziale.

Molti hyung praticati nel Mudokwan sono frutto della ricerca nell’area del Korean Karate (Kong soo do e Tang soo do) e del Karate Shotokan e Shorin ryu; altre provengono, particolare, dal Kyokushin Karate (Sanchin, Tensho, Seipai).

Caratteristica che più differenzia le forme hyung dai kata giapponesi omologhi è l'uso, in prevalenza delle tecniche di calcio in linea alta.

Vediamole più in dettaglio.

Taeguk (chodan, eedan, samdan)

Taegeuk” (dal giapponese “Taikyoku”, da non confondere con i Poom se Taeguk in uso nel taekwondo W.T.F.).

I fini pedagogici dei Taeguk sono di insegnare ai principianti a spiazzare e girare secondo un percorso prestabilito utilizzando parate di base (bassa e media) e le posizioni fondamentali (frontale e arretrata), in modo progressivo.

Molti osservano che il primo movimento di queste forme inizia sempre a sinistra (come anche nei successivi Pyung ahn) : questo è in relazione ad una convinzione esoterica orientale secondo la quale il lato sinistro del corpo umano apparterebbe alla parte interiore dell’uomo, alla sua natura inconscia.

L’esecuzione di queste forme segue uno schema che ricorda la lettera H rovesciata. Si tratta di forme perfettamente simmetriche.

L’origine di questi tre hyong si fa risalire alla scuole tradizionali di Okinawa. Altri ritengono siano una creazione di Yoshitaka Funakoshi, figlio di Gichin Funakoshi, padre del Karate Shotokan.

Nel karate hanno il nome di Taikyoku o Kihon Kata. Il termine “Taikyoku” (Taegeuk) viene tradotto letteralmente "grande ultimo" (in cinese il kanji con cui si scrive è pronunziato Tai Chi). La parola Taikyoku può anche avere il significato di guardare alle cose cogliendone l'unità, piuttosto che focalizzarsi sulle parti individuali e mantenere una mente aperta o una "mente da iniziando". La "mente dell'iniziando" è il fine che si cerca di raggiungere durante l'allenamento e nella vita. La mente dell'iniziando non può avere pregiudizi e non può rimanere aggrappata a una visione limitata. Essa è aperta a possibilità infinite.

Pyong ahn (chodan, eedan, samdan, sadan, ohdan)

Il significato di questa serie di forme è "Pace dello spirito".

Alcuni studiosi hanno avanzato da tempo la teoria che queste forme derivino dalla fusione di due forme cinesi più antiche, denominate “Channan”.

Si ipotizza che Bushi Matsumura maestro di Anko Itosu, colui che ha portato il Karate nell’era contemporanea, introducendolo nelle scuole di Okinawa, abbia tradotto i Channan nei primi tre Pyung ahn e tramandati allo stesso Itosu.

Successivamente il maestro Anko (Yasutsune) ltosu ha trasformato poi gli altri due arrivando agli attuali cinque Pyong ahn.

Presupposto ideale di questa serie è quello di sviluppare una mente calma, pacifica ed una armonia tra mente e corpo.

Sanchin

Mututato dalla corrente cd. “shorei”, il kata Sanchin è tutt’ora in uso nel Goju ryu, nell’Uechi ryu e nel Kyokushinkai ed è uno dei kata più antichi. Alcune leggende attribuiscono la creazione del Sanchin a Bodhidarma nel VI secolo.

Letteralmente significa "tre battaglie" o "tre conflitti.

Il Samchin cerca di sviluppare tre elementi nello stesso tempo:

1. la mente, il corpo, le tecniche;

2. gli organi interni, la circolazione ed il sistema nervoso;

3. i tre Ki, localizzati: nell'apice della testa (tento), nel diaframma (hara/dan jun) e nel basso addome (tanden).

Il Sanchin è una forma isometrica in cui ogni movimento è eseguito in uno stato di completa tensione, accompagnata da potenza, respirazione profonda (in giapponese “Ibuki”) che ha origine nel basso addome (tanden).

La pratica del Samchin non porta soltanto al rafforzamento del corpo, ma anche allo sviluppo della potenza interiore (ki) e alla coordinazione tra la mente e il corpo.

Tensho

Anche questo kata fa parte degli stili di area shorei.

Si traduce con "rotolare" o "mano fluida", letteralmente come "palmo rotante".

E’ una forma morbida e circolare (yin), e viene controbilanciata dal duro e lineare (Yang) Sanchin.

Da questa forma è possibile comprendere il legame che unisce il kenpo cinese agli stili coreani, okinawesi e giapponesi da esso derivati.

Palsek (Dae e So)/Bassai

Il nome di questa forma vuol significare "penetrare una fortezza" o "togliere un sasso dalla base".

Di dubbia origine la storia del kata, ma si tramanda che il Passai con altri kata fosse originario della Cina ed esportato alle Ryukyu nei primi anni del 1800.

Tutt’oggi esistono 12 versioni del kata tradotte da altrettanti maestri. E' uno dei kata più diffusi tra i vari stili.

Negli stili di karate coreano tradizionale è conosciuto anche con il nome di “Palchie”.

Il Palsek So pare sia stato codificato dal M° Anko Itosu.

Chulki (Chodan, Eedan, Samdan)

La traduzione originale okinawense è "combattere tenendo la postazione" mentre in lingua giapponese è "cavaliere di ferro" (Tekki).

Corrisponde al Tekki dello Shotokan (Nahihanchi).

La prima e seconda forma sono da attribuire a Bushi Matsumura, mentre il terzo al maestro Itosu.

La tradizione vuole che queste forme siano state composte dalle tecniche per combattere sulla diga di un campo di riso o con un muro alle spalle e con gli aggressori ai lati.

Kong Sang Kun (Dae e So) (Kanku/Kosokun)

Viene considerato la forma più completa in assoluto e per una perfetta esecuzione servono molti anni di apprendimento.

Il suo nome significa "osservare nel cielo...probabilmente il sole che sorge...".

La leggenda narra di un diplomatico cinese chiamato Kung Siang Chung che pare abbia portato questo kata dalla mitica città di Kushanku fino ad Okinawa.

Nel Karate è chiamato Kanku o Kosokun.

Jaon e Tjin

Jaon :Il suo significato è "il suono del Tempio", che la tradizione vuole gli sia stata dato in onore di un monaco cinese in visita a Okinawa.

Questo hyung, insieme al Tjin (versione del kata Jiin), è stato divulgato dal maestro Itosu al quale si attribuisce la forma attuale realizzata verso il 1870. Nel karate è chiamato Jion.

Wanshu

Il termine Wanshu deriva dal nome di un inviato militare cinese che, in visita a Okinawa, lo insegnò nel villaggio di Tomari intorno al 1683. Corrisponde al kata Enpi.

Questa forma fu praticata esclusivamente a Tomari sino al 1871. Poi iniziò ad essere praticato anche a Shuri e a Naha.

Il maestro Chotoku Kiyan apprese il kata da Maeda Pechin, specialista nell'eseguire questa forma.

Shipsoo

Il suo significato letterale è "dieci mani" e corrisponde al kata Jitte.

La sua storia è simile a quella del "Jaon", compresa la codifica del maestro Itosu avvenuta attorno al 1870.

Seishan

Trattasi di un antichissimo hyong di origine cinese ed il nome originale (Seishan) si traduce con "13".

La motivazione di questo nome deriva dal fatto che la forma per metà è conforme ai principi del karate di Naha e per metà a quello di Shuri.

Inoltre il modo di avanzare nella posizione classica richiama la forma della mezza luna : hangetsu; ed è così che è conosciuto nel karate shotokan; in molti stili coreani è conosciuto con il nome di Banwol.

Esistono stili molto diversi di questo kata, infatti la forma della scuola di Naha-te è di stile cinese, mentre la versione Shuri-te si è evoluta in un proprio stile.

La versione Shuri è attribuita a Matsumura. Si dice che Seishan sia il più antico kata della corrente Shuri-te.

Chinto

Il nom e di questo kata deriva dal nome di un marinaio cinese naufragato circa 200 anni fa e rimasto ad insegnare nelle isole Ryukyu.

Questo si può tradurre come "combattere all'est" oppure "combattere in città”;, trasformato poi nel giapponese Gankaku, “la gru sulla roccia” da Funakoshi.

E' una forma avanzata della scuola Shuri-te insieme al Kushanku e al Niseishi.

Si pensa che sia stato tramandato dal Bushi Matsumura che prese come base le tecniche cinesi integrandole con quelle dello stile della gru.

Rohai (Chodan, Eedan, Samdan)

Rohai significa "segno di un airone" caratteristica dalla posizione su di una sola gamba.

Si pensa che la sua apparizione sia da attribuire ad un visitatore di Okinawa di ritorno dalla Cina rimanendo comunque certa la sua nascita in Cina.

Attualmente vi sono diverse versioni di questa forma ma sono state tutte derivate da quella originale di Tomari-te dove venne insegnato fino al 1871.

In seguito questo kata insieme al Wanshu e al Wankan furono introdotti a Shuri e a Naha. Meikyo significa "specchio luminoso" oppure "guardare lo specchio".

Eeshipsabo

E’ la versione coreana del kata Niseishi, conosciuto anche con il nome Nijushiho.

Il termine originale corrisponde al numero “24”, nell’evoluzione giapponese significa “24 passi”.

Si danno origini cinesi a questo kata utilizzato dalla scuola del Naha-te e si ritiene che abbia avuto il suo sviluppo nello shorin ryu e la sua massima espressione oggi nel wado-ryu. Si pensa che il maestro Kamadeunchu Arakaki abbia importato il kata dalla Cina al termine di un suo viaggio in compagnia di Sochin e Unsu, ai primi del '900.

Sojin

E’ una forma classificata come appartenente alla scuola Naha-te. Come il kata Unsu, Sojin è utilizzato anche nello Shuri-te (dove è conosciuto come sochin) per i suoi contenuti tecnici.

Il duplice significato del kata è tradotto in "muovere in battaglia" oppure "conservare la pace" che anche se appaiono contraddittorie sono finalizzate allo stesso fine, ovvero muovere verso la battaglia per interromperla e ripristinare la pace. Altro significato, nella traduzione giapponese, che viene attribuito a questo ideogramma è "pesante-stabile".

Ohshipsabo (Dae-So)

Versione coreana del kata Useishi (Gojushiho).

Si tratta dell'ultimo kata dello Shuri-te ed il significato originale è “54” che è stato mantenuto in giapponese e coreano aggiungendo la parola "passi" (ho/bo).

Il kata evidenzia le tecniche a mano aperta nei diversi movimenti e in particolare a "becco di gru" detta shi-tsuki. Una caratteristica unica di questa forma è il barcollamento laterale che assomiglia ai movimenti di un ubriaco, tanto è vero che spesso si fa riferimento a questo kata come all'omonima forma cinese detta "dell'ubriaco" anche se questo movimento si trova ormai soltanto nella versione di Tomari e indica una tecnica di atterramento.

Si dice che il kata sia stato importato da Matsumura dalla Cina, inserendo elementi anche degli stili della Gru e della Tigre. Le prime notizie del kata si hanno intorno al 1600 nei testi Bubishi dove si fa riferimento a questi movimenti come a "i 54 passi della tigre nera e il pugno della gru bianca". Si ritiene che il Gojushiho sia il più antico tra i kata esistenti di Okinawa

M. Davide Sorrentino

 
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