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Dialogo sull'Invenzione di Alessandro Manzoni.


 Vi sarà certamente accaduto di sentir qualcuno dire: si diverta chi vuole a perdersi negli spazi immaginari della filosofia: per me non c'è altro di certo, se non quello che si vede e quello che si tocca. È, mi pare, una filosofia che ha il suo riverito nome. Un altro dirà invece: povera filosofia che si condanna a cercare quello che non si può trovare! Il dubbio è la sola scienza dell'uomo. Che non è un'altra filosofia anche questa, e abbastanza conosciuta? Un altro dirà all'opposto: l'uomo crede certe cose inevitabilmente, irrepugnabilmente: che serve cercarne le ragioni? Il buon senso m'insegna di restringere l'osservazione e il ragionamento alle cose pratiche, dove il risultato può essere un sì o un no. E non è anche questa l'applicazione di una filosofia o di due? Un altro dirà ch'è un'impresa pazza il cercare una ragione nelle cose, quando è chiaro che sono governate da una cieca fatalità. E anche questa, volendogli pur dare un nome, non si può chiamar altro che filosofia, giacché, quantunque, non sia altro che uno strascico di ragioni assurde, religione non lo è più e non par che lo possa ridiventare. Si bandisce la filosofia con dei decreti filosofici; si pretende d'esser padroni di sé, perché non si fa professione d'appartenere nominativamente ad una scola; e s'è... l'ho a dire?... - poiché siamo qui tra noi... - servitori senza livrea.― A. Manzoni, dal "Dialogo sull'invenzione"