«Quando a diciotto anni, da credente, da chi crede di credere, sono passato nella schiera di coloro che credono di non credere, Gesù non è sparito dalla mia vita, ha continuato a esistere come uomo davvero speciale; ha continuato a essere presente in me e a esercitare il suo fascino».
Vittorino Andreoli affronta una grandiosa esplorazione del mistero di Gesù – personaggio storico e della tradizione – alla scoperta della sua più profonda umanità. Un viaggio che non trascura di perlustrare l’immaginario collettivo e il bisogno del sacro, scandagliando le diverse percezioni che oltre due millenni di storia hanno avuto dell’uomo che si proclamò Dio.
Dopo aver esaminato Gesù come forma mentis e averne rilevato la presenza persino in religioni che hanno fondamento in personaggi “lontani” come nel buddismo e nell’induismo, lo psichiatra scava nel Gesù delle origini, senza disdegnare le fonti apocrife e le tesi dei più accreditati studiosi sui primi trent’anni nascosti, sulla morte e la presunta risurrezione.
Fondandosi sulle categorie della “psichiatria della storia”, Andreoli s’immerge poi nella parabola esistenziale del Cristo, fino a scomporre la maestosa pagina della Passione e i Septem verba in Cruce. L’analisi ardita giunge perfino a immaginare di mettere Gesù sul lettino dello psichiatra.
L’avventura di questa ricerca ci restituisce l’immagine di un uomo, la cui personalità complessa non fu mai afferrata neppure da chi gli fu più vicino, una figura solitaria, coerente fino al patibolo, un modello universale di umanità a cui la società del terzo millennio – credente, non credente, atea, agnostica – dovrebbe tornare a ispirarsi.
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