L'Angolo di Nimriel®

Ricordi?


Passi che risuonano sul selciato. Suono pieno, corposo, tacco spesso, falcata lunga.Firenze è bella di notte. Cammino nel buio, poco importa che dalle vie solitarie possa spuntare chissà cosa, chissà chi. Forse è proprio questo a darmi un lieve brivido su per la schiena.Alzo gli occhi al campanile, ammiro il cupolone accanto illuminato. E’ freddo. Ho freddo. L’aria si condensa in nuvolette al mio respiro. Sembro un drago. Vorrei esserlo se non fosse che poi spunterebbe di sicuro un cavaliere pronto ad abbattermi.Cammino senza meta. Le mie gambe sanno dove amo andare. Lascio che mi portino dove vogliono.Nel lungarno le luci dei lampioni si riflettono sulla superficie del fiume. Mi fermo a guardare giù. L’acqua scorre, qua placida, là un mulinello, là ancora un ramo.Ricordo la volta che vidi una nutria avvicinarsi a delle papere che becchettavano tranquille le piante acquatiche. Pensavo, ora le attacca, ora assisto ad una scena da Quark e invece niente, le papere indifferenti e la nutria pure. Appena tornai a casa corsi a vedere sull’enciclopedia la voce nutria e scoprii che sono una sorta di castorini, vegetariani. Le papere la sapevano lunga, loro, più di me.Staranno dormendo ora, le papere, che non ce n’è una.Proseguo per il lungarno. Il vento adesso si infila dentro i miei abiti, rabbrividisco ma continuo, voglio che questo gelo mi faccia tornare a casa felice di trovare le mie quattro fredde mura lì, ad aspettarmi.Attraverso il ponte Santa Trinita e mi fermo esattamente al centro.
Guardo oltre la ringhiera. A quest’ora, certo, non c’è nessuno seduto sul pilone del ponte. Non fosse così freddo mi ci metterei io. La luna mi saluta. Che strano, sembra quasi farmi occhiolino, da lassù. La guardo di rimando. La sa lunga anche lei, chissà quanti come me avrà osservato vagare di notte, di giorno, quante risate si sarà fatta, indifferente, sospesa, lontana, muta. Riprendo a camminare.Me ne vado. Firenze è bella, bella sì ma non sa più chi sono. E forse, nemmeno io.