In Apnea

Amarcord


Chiuse la porta alle nostre spalle, si sedette sul letto, giocava con quell’idea con crescente ostinazione; la lanciava in aria e la trasformava, lasciava che gli sfuggisse e poi la riprendeva, la rendeva iridescente con la fantasia e sconvolgente con l’audacia. L’apoteosi della follia, man mano che proseguiva diventò materia e seguendo la pazza musica del piacere, sembrava danzare ubriaco sulle colline della vita e deridere la sobrietà di chi stava fuori di lì. I gesti mi correvano davanti come animali della foresta in preda al panico, i piedi bianchi calpestavano le coltri come uva nei tini, finchè il succo ribollente non salì alle gambe nude con onde di bollicine purpuree e traboccò in una rossa schiuma lungo i fianchi gocciolanti dei tini. Fu un improvvisazione meravigliosa, sentivo i suoi occhi fissi su di me. Fu brillante, fantasioso irresponsabile, incantò. Non gli tolsi gli occhi di dosso nemmeno un attimo, immobile, come fossi preda di un incantesimo mentre sulle sua labbra i sorrisi si inseguivano l’un l’altro e nei miei occhi inebriati la meraviglia si faceva sempre più profonda.