Non Temerai Terrore

1.


L’ho conosciuta ch’era già andata via, da parecchi anni, mia cugina. Un gennaio di un anno qualsiasi, per qui tempi, torna. Faceva freddo, si stava fuori, attorno al fuoco, un fuoco alto due piani di casa, e largo una stanza. In mano un bicchiere di vino. M’ha visto, non so come, m’ha riconosciuto. Ha urlato e riso. È così, mia cugina, gioiosa. Non sapeva quanti anni avessi, ha capito che stavo per andarmene. Di lì a mesi. Vieni da me, ha detto, vieni a (X). È così, mia cugina, ospitale. Abbiamo parlato, bevuto, lei ha riso, io no, quel periodo non ridevo tanto. Il giorno dopo era già sparita, non l’ho più trovata. E son passati i mesi. Sette, per l’esattezza. Poi è arrivato il giorno, e me ne sono andata. Vieni da me, aveva detto, ma non l’avevo più cercata. Poi l’ha saputo, che partivo. E m’ha chiamata. No, non è così mia cugina. Non invadente. Parto. S’offre d’accompagnarmi un signore incravattato, conosce mia madre. Due valige. Sua figlia, una bambolina Barbie deliziosa. Una sua valigia è piena di trucchi. L’ho vista spesso, alle scuole, non ricordo d’averci mai davvero parlato. Quella notte è la prima in assoluto che la vedo lavata dal trucco. È perfino più bella. Ma questo non lo sa. Al momento di fare il biglietto, col tipo della cravatta ci litigo. Prosegue il viaggio, muto. La Barbie non chiede neppure cos’è successo. Che figlia perfetta, penso. Ore di poche parole. Mia cugina chiama “Va tutto bene?”. Va tutto bene. Piombo in casa sua alle nove del mattino, io, due valige, la cravatta attaccata ad un collo che ormai ignoro, e Barbie.  Loro ignorano l’odore di hashish sparso per la casa. Mia cugina ride. Caffè. Barbie sorride, tutto il tempo, fino a che ce ne sbarazziamo. No, non io. Lo fa mia cugina. Chiude la porta,per mano mi trascina in camera. Sono le dieci e mezzo del mattino, e la mia bocca sa di hashish.