Non Temerai Terrore

3.


Per festeggiarmi si fa una festa, per me, e per l’autunno. Io non devo far niente, o comunque non ricordo. La mattina esco, all’Università cominciano le lezioni. Torno in casa al pomeriggio. L’hashish ormai lo scambio per incenso. Si cucina, un tempo sentivo altri odori, e forse il cibo sapeva di buono. È la festa per conoscer gente, dice mia cugina. Così conosci gente. Descrive tutti prima che arrivino, in poche parole, non ce n’è uno che non sia originale, pare, e non mi stupisce.Suonano alla porta. Fabio e Marco, son fratelli. Ahahah, risate, lei è mia cugina. Ciao, io son sua cugina. Non ce la faccio, esco. Ancora un po’. Una scusa. Sigarette. Sto via a lungo. Quel pomeriggio incontro qualcuno. Incontro quello ch’era seduto davanti a me, al mattino, capello gonfio, occhialetto, naso storto, jeans strappato. Mi ricorda Gramsci. Non fosse per i jeans. Non fuma, dice. Di lì a poco comincerà a farlo. Si sta a parlare, in casa c’è la festa, penso, io non ce la faccio. M’intorta, Gramsci, a parlare di politica. Si fa tardi, relativamente, a parlar di Palestina. E Nanni Moretti. E Pasolini. Capito il tipo. Lui capisce che gli sto simpatica. Io non capisco un cazzo. Ventitré e trenta, torno a casa. Io non ho mangiato. Uso le chiavi, salgo. Ahahaha, musica, risate, urla. “Eccolaaaa! Mia cugina!” e poi da parte, sotto voce “ma dove cazzo eri?” e rispondo “Ho conosciuto uno, stamattina, e ora l’ho incontrato” sorriso, e dice “Ah! E ti piace?” io penso che pare che l’unica cosa che abbia in mente sia farmi ficcare, e rispondo “Ha parlato solo di Pasolini” zitta, poi dice “Dovevi portarlo qui. Vai in cucina, che ti fai due risate”.In realtà mi ci porta per un braccio, mi presente a dieci persone, una non s’accorge, perché urla. Si chiama Rita, scopro dopo, ha più o meno cinquant’anni, e la sento che mentre agita il dito fendendo l’aria poco più in alto della sua testa urla “Perché Pasolini…” e bla bla bla. Mia cugina ride. Me la presente. Non credo capisca come mi chiamo, ma dice “Mh, questi non capiscono un cazzo. Devo andare a prendere Mohamed, è un mio amico, stà qua dietro, deve portare il narghilè, vieni con me”. E mi prende per il braccio. Mia cugina ride, ancora, e dice che ci vediamo dopo. Usciamo. Saliamo in macchina. E parla, tutto il tempo. E dice che lo sa, che parla sempre di Pasolini. Che lo sanno tutti. Arriviamo, poco più in là, chiama Mohamed al cellulare. Lui esce. Porta il narghilè di famiglia, mi dice. Lei e Mohamed sono amici. Mohamed sale, si piazza dietro, si presenta. Lei inizia a far l’elenco di quel che ci sarà da mangiare, in casa. E dice d’aver fatto il maiale. E dice a Mohamed che non sa di cosa si priva, che lo dovrebbe assaggiare. Che non mangiarlo è farle un torto, che ci deve pensare. Mohamed tace. Avessi una scimitarra gliela metterei in mano. Viaggio imbarazzante. Io non mangio carne, poi. Nemmeno il maiale. Saliamo. E inizia la festa. Narghilè con mela, e qualche altre essenza. E poi, dicevo, la festa inizia. Dopo un ora e mezza ho vicino tre bicchieri pieni. Alcolico, superalcolico, analcolico. E capisco poco. Per non dire un cazzo. Gira tutto. E gira di tutto. M’alzo, cambio stanza, cerco di guadagnare il letto. Non ho sonno. Solo scrivo. Entra Fabio. Meglio lui, che degl’altri il nome non lo ricordo. Non parla, si ferma, guadagna il centro della stanza. Non parlo scrivo. Lo guardo. Scrivo.“Scusa, ti disturbo”.E se ne va.Io non scrivevo nulla. Soltanto rabbia.