Di certe notti si potrebbe farne a meno. Soprattutto, di quelle notti senza stelle, proiettate alla rinfusa dietro i profili opachi delle case, o di quelle in cui il tempo si dilata all'infinito lasciandosi dietro solo l'eco o la scia di un brevissimo respiro.Fuori piove e c'è caldo, nonostante che sia il Primo Maggio. In tv passano le ultime note del Concertone. Piove anche lì, a dirotto, come se non ci fossero in cielo che lacrime per questo amaro giorno.Ecco mio figlio. E' lì in terza fila, senza ombrello, senza riparo. Ride, saluta con la lingua dei segni, abbraccia una ragazza e lancia baci come a volere rassicurare, a distanza, sua madre.Ci fu un tempo in cui, avvicinandomi troppo a quello che credevo, rimasi impigliato nelle braccia di un dio che io stesso avevo costruito.Ci fu violenza, allora, e ci fu il peccato. Perduti gli amici, uno dopo l'altro, perduti i sogni e le speranze, lasciai che mi abbandonassero anche le parole che, sebbene precarie, mi sarebbero potuto servire come esseohesse o come salvagenti.Imparai, come una stella, a fingere la luce, ad essere presente nel silenzio, a cercare nell'oscurità un qualunque nascondiglio, quasi come un animale braccato e senza scampo, condannato a vagare in eterno.Adesso so che quelle luci crocifisse nel cielo sono tutti i miei giorni diventati all'improvviso notti.Guardo la folla di ragazzi che riempe Piazza San Giovanni e la vedo urlare contro come se volesse, per davvero, ucciderla la notte.Non sanno che lì dentro ci siamo noi, sepolti sotto cumuli di ricordi ormai morti.Piove, ed Arcas se ne sta in piedi sotto il palco.Da un tempo dimenticato Artemide lo spinge ad uccidere la bestia.Non importa se sia tutto frutto di un complotto, non importa se in quel corpo ci sia il cuore di chi lo ha messo al mondo.Si diventa uomini sfidando il destino o, magari, uccidendo amori ed affetti.Una maledizione è fiorita in cielo, tanto che le stelle dell'Orsa Minore sembrano non tramontare mai. Quasi come me, che sto sveglio ad aspettare, inutilmente, tue notizie.Hanno spento i riflettori e la musica non ha più volume.Leggo i titoli di coda per manifesta incapacità di alzarmi e raggiungere il telecomando che se ne sta sul tavolo, in bella vista.Intanto, fuori, una sirena si fa largo, con veemenza, lungo le strade bagnate e deserte della periferia.Cresce dentro una nuova tensione, come se dovesse da un momento all'altro finire tutto. La vita, questa luce antica, illumina oramai a malapena una striscia di cemento. C'è una strada nel cielo ed è senza transenne. Qui la gente si riconosce, nonostante la musica che evapora dalle loro piccolisime cuffie. Alcuni sono padri, altri sono figli, appartengono tutti alla stessa sorte, alla stessa costellazione. Brillano i destini degli uomini, finchè si sentono liberi.