Non era un sogno

... e mi manchi.


 
La mia patria è racchiusain un piccolo quadrato d'amoreche si chiama cuore. Carissima H.,la tua amicizia non finirà mai di stupirmi. Nata nel tumulto di una assemblea infuocata del '77 è stata per anni la bandiera del disordine più felice. Non credo che possa definirsi in altro modo quel nostro modo di stare nel mondo,  se non come  un vivere immerso nel disordine di una  felicità senza fine, trasgressiva,  a tratti scintillante e  feconda.Io, povero studente che scriveva sui muri  la sua rivolta,  mi ritrovai mano nella mano con la  tua smisurata rabbia. Che splendore quei giorni di imprevisti e di deviazioni, quei lunghi sguardi che ci legavano l'uno all'altra, nonostante la confusione di quel che succedeva intorno a noi. L'entusiasmo era la costante di quei giorni, entusiasmo nei confronti del  presente, entusiasmo incondizionato e fuori controllo, entusiasmo da ridere, da piangere, da sballo.Ricordo molte discussioni fra di noi: il tuo essere in equilibrio costante, in apparente autocontrollo, ereditato da una famiglia borghese e tradizionalista, si  scontrava spesso con la mia visione anarchica del mondo, ed erano conquiste quelle nostre interminabili notti di parole.Non ci sono passioni più vere di quelle che si accendono sui falò delle parole urlate, dette, buttate a piene mani. Perchè, con le passioni, le parole si sciolgono  e diventano benzina e il fuoco che alimenta tiene lontano la tristezza  e la malinconia.Ma è così che si ama, qualunque sia la forma d'amore che si da alla vita.Fra litigi e discussioni, baci e pugni alzati,  ci siamo scambiati  tutto quello che avevamo  dentro, senza pensare a quel che poteva riservarci il domani.Senza promesse, abbracciati ai nostri ventanni,  siamo cresciuti fino a diventare grandi.Poi, come succede ai reduci, dopo le disfatte, abbiamo cercato una strada di ritorno.Tu, avevi un sogno e hai continuato per la tua strada.Io, invece, sulla strada ci sono  rimasto  per anni con un secchio di vernice in mano.Eppure parafrasando le parole di qualcun altro non posso che immaginarti incasinata, bella come allora, madre più  a sinistra di qualunque figlia,  donna che  si ostina a lavorare imperterrita a scuola, in carcere, in ospedale, nonostante che non si senta affatto  medico,  insegnante o vate.Qualunque cosa adesso tu faccia sono sicuro che ci metti dentro l'ironia  e l'intelligenza che ti ha sempre contraddistinto, che ti ha reso così bella.Mi piace pensarti ancora mentre urli, immobile al centro della strada, reclamando un bacio, un'attenzione o una spiegazione per qualcosa che ti rimbalza dentro e che non riesci a raccogliere in parole.Si sa, siamo una generazione di talenti che hanno sprecato le loro occasioni.Potevamo essere altrove, sedere in posti di comando, migliorare il mondo ed invece eccoci qui tartassati dalle domande, in preda ai dubbi più atroci sul perchè degli umani ed incredibili sovvertimenti.Ma se ho imparato a fare domande, se ho conquistato il cuore e l'amore di altre donne, se ho scelto di essere quel che sono, padre di un sogno o di un abbraccio,  lo devo anche a te, a quella felicità che mi è rimasta dentro, attaccata come rampicante alle pareti  del cuore in cui spesso mi rifugio per sentire ancora battere l'amore, il disordine ed il caos.Ti scrivo adesso, solo dopo tanti anni, perchè volevo dirti che mi mancate  davvero tu e quegli anni.O, forse, ti scrivo  perchè sto invecchiando e ripenso alle persone più importanti che mi sono rimaste dentro.Dentro questo piccolo quadrato che difendo disperatamente  con tutte le mie forze dalle continue offese del  tempo.