Creato da Nues.s il 11/09/2009

N u a g e s

Vanno, vengono. Sostano lasciandoci il ricordo

 

 

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Post n°436 pubblicato il 05 Gennaio 2012 da Nues.s
 

 

 

 

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T      r      a      i      e      t      t      o      r      i      e

 

 

 

 

 

...perchè poi, la cornice in cui ci muoviamo, non è il museo delle cose acquistate o ereditate. C'è una viva presenza di persone, di movimenti e di azioni o di pensieri di chi 'si scrive'.

Così, si è nella realta'.

Nei muri, negli oggetti, sui mobili in cui i nostri occhi si fermano mille e mille volte al giorno. Come per le istantanee che scattiamo o per quelle che ci son rimaste dentro. Mute compagne da fissare nella memoria, trascrivendone emozioni anche nei colori che ti lasciano dentro.

La luminosita' che ti investe e ti impone un maggior sforzo a coglierci quella ...nota dominante. Quegli stimoli che danno certe traiettorie e che ci porteranno a parlare del luogo in cui nascemmo, crescemmo, divenimmo.

Ricostruire attraverso uno scatto di polaroid, le sensazioni e i sentimenti anche malvagi che ci hanno portato a parlarne.

Trascureremo quella certa 'tinteggiatura' alle pareti, se non assume un'importanza particolare per qualche eccentricita' o per un carattere che si imponga all'attenzione.

Ci soffermeremo subito sul dettaglio che salta all'occhio.

Come quel tessuto dove è poggiato lo scatto d'un istante.

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Ci sono linee che acquistano atmosfere allegre o tristi; severe, intime.

Precisano un quadro.

 Così come le macchie che lasciano gli oggetti dimenticati. 

 

Traiettorie nel tempo e che splendono,

piano.

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Rispondi al commento:
swala_simba
swala_simba il 05/01/12 alle 10:27 via WEB
traiettorie criptate da quelle lettere greche che le nobilitano o le oscurano?
memorie che accarezzano l’anima o la lacerano?

ti racconto una storia che ripesco nella memoria

da bambina, d’estate, quando si andava nelle terre dei nonni ricche di mandorli e ulivi, il nonno mi presentava e mi raccontava gli alberi, mi diceva – la vita dell’albero è misteriosa e ha voci che vengono da lontano. chi conosce il mistero della vita dell' albero, conosce il mistero della vita. e chi conosce il mistero, ha la felicità. -
e io immaginavo un albero capovolto con radici affondate nel cielo. virtualmente mi accoccolavo sotto quelle radici e cominciavo ad osservare le cose da un altro punto di vista per il bisogno di capirne il significato più profondo e nascosto e percepirne tutto il valore.
mi perdevo in quelle terre aspre, violentate dal sole, in cui gli alberi erano creature viventi che lottavano per ogni foglia, per ogni ramo, per ogni corteccia, per ogni radice..
mi piaceva costeggiare i muretti a secco – avevano un nome particolare, ma non lo ricordo più - eretti come confine tra una coltivazione e l’altra e che segnavano la via verso la fiumara. pensavo che nascessero dalla terra quelle pietre, spontaneamente come gli alberi. e c’era un angolo che amavo particolarmente: lo chiamavo la terra delle pietre.. mi sembrava raccontassero storie lontane, storie di uomini che hanno strappato alla terra avara il necessario per vivere e per sopravvivere...
e un giorno andai in africa e conobbi i suoi alberi e mi raccontarono che il cosmo africano è diviso in tre mondi collegati intimamente tra loro: la realtà tangibile e visibile, gli antenati, gli spiriti che sono presenti in ogni entità e in ogni cosa. l’albero è la fusione di questi mondi. sotto la sua ombra si raccoglie la comunità per raccontarsi le storie, scambiarsi le idee e prendere le decisioni. è la stanza comune in cui si mangia, si scherza, si fa amicizia, si canta, si danza, nasce l’amore.
io amo profondamente l’acacia, ma il baobab ha un fascino suo particolare sempre e soprattutto quando, nella stagione secca, perde tutte le foglie e assomiglia ad un vecchio e saggio elefante che, con i suoi rami – proboscide levati, pare innalzare una sorta di ponte tra la terra e il cielo, traendo la sua forza dal cosmo. è un albero simbolo di tutte le radici dell’identità africana. il suo spirito protegge i villaggi e viene talmente rispettato dagli abitanti che solo gli iniziati e i saggi hanno il permesso di arrampicarvisi sopra. in africa occidentale si usa persino "parlare" al baobab, per confidarsi, chiedere consigli, allontanare la malasorte. pare infatti che bisbigliando formule magiche e appoggiando la mani sul tronco della pianta, si ottenga una potente benedizione contro le avversità della vita…
e si stemperano quegli spiritelli dispettosi che ogni tanto ci estraniano e ci fanno divenire cacciatori di nuvole, alla ricerca di quegli ideali vaporosi, mutevoli che, come le nuvole, viaggiano rapidi...
e da qui si potrebbe partire a guardarsi intorno, alla ricerca di un ben-essere che quieti i pensieri..
strana la parola ben-essere. non si sente più nominare in questa accezione. se qualcuno ne parla è solo per sbaglio. e, quindi, si scusa e si corregge subito.
ma sotto l’ombra del baobab potrebbe avanzare il sospetto che la realtà sia diversa. e osservare che il ben - essere è lì in un cassetto socchiuso, in un volo di aquiloni, in una traiettoria cercata e voluta…

 
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