Nugae

Post N° 2


A prendere a morsi il tempo lo insegna la fretta. L'arte della fuga si impara strada facendo, con gli occhi incollati al quadrante e i passi cadenzati sul tic tac delle lancette. Gioco a nascondere, corsa allo sfinimento per non guardare dentro. Lontana dai giorni pesanti dietro la nuca. Manetta ad un solo polso, con l'orologio metto ordine fasullo tra la folla dei pensieri, il vociare dei ricordi e il trepestio dei passi altrui incrociati coi miei. Un refrain di volti trasparenti, trasparenti benché ascolti con gli occhi: perché i rumori del mondo e le vite degli altri mi arrivano per immagini. Lo scroscio della pioggia è vetro imperlato di gocce a rincorrersi; lo strombazzare dei clacson nel traffico sono punti rossi di luce a rubare metri d’asfalto in andatura da carovana. Un bottone penzolo, una scarpa, la fretta ansiosa di mani a frugare in borse griffate, lo scatto del polso che rigira capelli ribelli dietro l’orecchio,  raccontano la gente. Leggo le storie degli altri stampate nelle rughe tra le pieghe dei sorrisi e le increspature delle fronti. Ridisegnando le figure con lo sguardo dalla curva della schiena al vigore del passo. Leggo trame non scritte in istantanee scattate tra un battito e l’altro di ciglia. La voce arriva più tardi a conferma, in didascalia. Prima suono, timbro, colore. Solo dopo parole. Parole-coperte, parole-coltelli, parole-fuoco, parole-vento. Parole a dar contorno ad una trasparenza che non è mai vuoto.